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Titolo: Torna Giotto con la forza degli azzurri

Descrizione: Recensione dell’opera: Francesca Flores d’Arcais, Giotto, Milano, Federico Motta, 1995. 

Autore: Enrico Castelnuovo

Fonte: Il Sole 24 Ore, anno 131, n. 338, p. 32

Editore: Il Sole 24 Ore; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2024)

Data: 1995-12-17

Gestione dei diritti: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale

Relazione: Inventario del fondo Enrico Castelnuovo, unità archivistica «Il Sole 24 Ore» (Archivio storico dell'Università di Torino)

Formato: application/pdf

Identificatore: Sole_25

Testo: «Il Sole 24 Ore» – Domenica 17 dicembre 1995, n. 338, p. 32



SCAFFALART

Torna Giotto con la forza degli azzurri



di Enrico Castelnuovo
Un azzurro intenso con qualche smagliatura da cui traspare una superficie ruvida, colora l’astuccio di un grosso volume pubblicato dall’editore Federico Motta. Lo stesso intenso azzurro è ripreso all’interno nelle pagine che dividono i capitoli e riappare all’esterno nella sovracoperta, ma questa volta una colomba bianca e il tronco di un albero mostrano di cosa si tratti: è lo sfondo della Predica agli uccelli del ciclo francescano di Assisi e quelle che sembravano smagliature altro non erano che le granulosità dell’intonaco che appaiono sotto le cadute del colore. Il grosso volume (circa 400 pagine con uno smagliante corredo illustrativo) è quello che Francesca Flores d’Arcais dedica a Giotto. L’autrice, buona conoscitrice della pittura trecentesca, cui si deve, tra l’altro, una classica monografia su Guariento, non è nuova a tanto argomento per avere identificato anni fa la mano di Giotto in alcuni resti pittorici del sottarco d’ingresso di una cappella del Santo di Padova. Oggi, in questo libro arditamente, affronta l’intero percorso di colui che con le parole del Cennini «rimutò l’arte del greco in latino e la ridusse al moderno».
Negli ultimi decenni la bibliografia su Giotto si è estremamente ampliata – e basti confrontare la prima con la terza edizione della classica monografia su Giotto e la sua bottega di Giovanni Previtali per rendersene conto – e anche negli ultimissimi anni i temi giotteschi sono stati molto frequentati come attesta, tra l’altro, il recente libro di Sven G. Mieth su un soggetto estremamente interessante, nientemeno che il programma mnemotecnico della Cappella dell’Arena o, ancora, la proposta attributiva avanzata da Filippo Todini. D’altra parte, sempre negli ultimi decenni, puliture e restauri hanno letteralmente cambiato l’immagine di Giotto da quando furono asportate le ridipinture ottocentesche nelle cappelle Bardi e Peruzzi alla resurrezione del polittico di Badia ai tanti interventi assisiati. Anche i restauri si sono fatti sempre più frequenti e sono stati spesso illustrati in apposite pubblicazioni, tra gli ultimi si ricordino quelli del polittico di Santa Reparata, della Maestà di Ognissanti, del Crocifisso di Padova – illustrato anch’esso dall’editore Federico Motta – e di quello della chiesa di San Felice a Firenze. Tutti – e aggiungerò il restauro della cappella del Bargello e l’ultima ispezione sulla cappella degli Scrovegni che ci ha fruttato l’ottima monografia del Basile – hanno permesso di chiarire molti problemi e di introdurne molti altri.
Di tutto questo – e anche del restauro ancora in corso sulla croce di Santa Maria Novella – tiene conto Francesca d’Arcais in questo suntuoso volume che non intende sostituire o contrapporsi al testo del Previtali, di cui riprende, anzi, molte conclusioni e particolarmente quelle sul rapporto tra l’artista e la sua bottega (interessante l’identificazione di un nuovo collaboratore di Giotto, che la d’Arcais battezza con il nome di «Maestro del Capitolo» per averne riconosciuto la mano negli affreschi della sala capitolare del Santo), ma ripercorrere come oggi si può fare in una narrazione continua, senza note o schede, il percorso, le tappe e le svolte di un pittore che mutò il corso dell’arte europea.

Un punto su cui l’autrice insiste particolarmente è quello del colore di Giotto, un’immagine vuole correggere e integrare quella esclusiva dell’araldo dei “tactile values”, della “tactile imagination” e della “tactile consciousness” introdotta da Bernard Berenson ora è un secolo (la prima edizione di The Florentine Painters of the Renaissance è del 1896) che si è mantenuta fino a oggi. In quello che fu, purtroppo, il suo ultimo saggio, suggestivo quanto stimolante Il lungo percorso del “dipingere dolcissimo e tanto unito” Carlo Volpe riprendeva e portava avanti modificandola non poco la via percorsa dal Longhi nel suo Stefano Fiorentino alla ricerca del colore e dei coloristi nella pittura fiorentina del Trecento, Francesca d’Arcais riconosce a Giotto in questo campo un ruolo di primissimo piano e l’accurata scelta dei dettagli, la qualità delle tavole a colori appoggia con forza il suo discorso che trova un ampio svolgimento a proposito della cappella della Maddalena nella chiesa inferiore di San Francesco ad Assisi, presentata con un corredo di immagini dovuto a Elio Ciol, veramente eccezionale quale mai si era visto sinora. Non meno sorprendente, anche se già nota, una foto in bianco e nero presa a luce radente del volto di uno degli angeli seduti sul sepolcro aperto nella scena del Noli me tangere che mette in evidenza quella sorte di scultura dipinta o di pittura scolpita cui Giotto arrivava attraverso l’uso dello stucco colorato e dorato. Altro punto sottolineato dalla d’Arcais e supportato dalle immagini è quello della scelta da parte di Giotto di un particolare punto di vista da cui la sua opera domanda di essere guardata. La cosa già evidente nella Madonna di Ognissanti che, originariamente, doveva essere sistemata sulla destra sopra un tramezzo, una sorte di iconostasi, come quella che si vede nell’affresco assisiate con l’accertamento delle Stigmate, appare con molta evidenza nella decorazione della Cappella Peruzzi. Inutile sottolineare quanto questa preoccupazione sia rivelatrice di un atteggiamento moderno che innova profondamente sulla concezione stessa della pittura.
Tra i tanti problemi ancora aperti è quello della pittura profana di Giotto, interamente sommersa e certo quando si leggono riportare in questo libro le parole con cui verso il 1340-50 il notaio padovano Giovanni da Nono nella sua Visio Aegidi regis Patavi evoca i dodici segni celesti e dei sette pianeti che con le loro proprietà rifulgevano nella copertura del grande salone padovano a Zotho summo pictore mirifice laborata e delle altre immagini che rifulgevano all’interno viene da augurarsi che Francesca d’Arcais, padovana e assai onorevolmente diplomatasi in “giottologia” voglia affrontare, nel futuro, questo problema cruciale per la pittura italiana e per quella europea.

Francesca Flores d’Arcais, «Giotto», Motta Editore, Milano 1995, pagg. 384, L. 240.000. 
NOMI CITATI

- Basile, Giuseppe
- Berenson, Bernard
- Cennini, Cennino
- Ciol, Elio
- Flores d’Arcais, Francesca
- Giotto
- Giovanni da Nono
- Guariento
- Longhi, Roberto
- Maestro del Capitolo
- Mieth, Sven Georg
- Motta [Federico Motta Editore]
- Previtali, Giovanni
- Todini, Filippo
- Volpe, Carlo


LUOGHI E ISTITUZIONI CITATI
- Assisi [Perugia]
o Basilica inferiore di San Francesco d’Assisi
 Cappella della Maddalena
o Basilica superiore di San Francesco d’Assisi
- Firenze
o Basilica di Santa Croce
 Cappella Bardi
 Cappella Peruzzi
o Basilica di Santa Maria Novella
o Chiesa di San Felice in Piazza
o Duomo [Cattedrale di Santa Maria del Fiore]
o Galleria degli Uffizi [Gallerie degli Uffizi]
o Museo Nazionale del Bargello
 Cappella del Podestà
- Padova
o Basilica di Sant’Antonio di Padova
o Cappella degli Scrovegni [Cappella dell’Arena]
o Museo Eremitani

Collezione: Il Sole 24 Ore

Citazione: Enrico Castelnuovo, “Torna Giotto con la forza degli azzurri,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/124.