Santi di Lucchesia belli, colorati e legnosi (dettagli)
Titolo: Santi di Lucchesia belli, colorati e legnosi
Descrizione:
Recensione della mostra: Scultura Lignea. Lucca 1200-1425 (Lucca, Palazzo Mansi, Villa Guinigi: 16 dicembre 1995-30 giugno 1996), catalogo SPES a c. di Clara Baracchini, 2 voll. Castelnuovo si sofferma, in particolare, su due questioni: la ricognizione capillare delle opere nel territorio della Lucchesia e il loro restauro, promossi dalla Soprintendenza di Pisa con a capo la stessa Baracchini; la fortuna critica della scultura dipinta, a partire dal pionieristico articolo di Pietro D’Achiardi (Alcune opere di scultura in legno dei secoli XIV e XV, «L’Arte», VIII, 4, 1904, pp. 356-376) e dalla Mostra dell’antica arte senese (Siena, Palazzo Pubblico: aprile-agosto 1904), dalla Mostra dell'antica scultura lignea senese (Siena, Palazzo Pubblico: luglio-settembre 1949, a c. di Enzo Carli) e dall’esposizione Scultura dipinta. Maestri di legname e pittori a Siena. 1250-1450 (Siena, Pinacoteca Nazionale: 16 luglio-31 dicembre 1987, a c. di Alessandro Bagnoli). Di quest’ultima aveva pubblicato una recensione su «La Stampa».
Una copia dei cataloghi di queste mostre (1904 / 1949 / 1987 / 1996) è presente nel fondo librario di Castelnuovo, conservato dalla Biblioteca storica d'Ateneo “Arturo Graf”.
Autore: Enrico Castelnuovo
Fonte: Il Sole 24 Ore, anno 131, n. 345, p. 32
Editore: Il Sole 24 Ore; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2024)
Data: 1995-12-24
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Relazione:
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Identificatore: Sole_26
Testo:
«Il Sole 24 Ore» – Domenica 24 Dicembre 1995, n. 345, p. 32
GRANDI MOSTRE
Santi di Lucchesia belli, colorati e legnosi
Eccezionale rassegna di sculture policrome dal 1200 al 1425 esposte a Lucca in Palazzo Mansi e a Villa Guinigi
di Enrico Castelnuovo
A Lucca! A Lucca! Con ogni mezzo, a piedi, a cavallo, in carrozza, approfittando di una vacanza, di un week-end o di qualsiasi altra occasione non si perda questa mostra straordinaria (aperta sino a giugno) che raccoglie in due sedi espositive (Palazzo Mansi e Villa Guinigi) sessantacinque sculture lignee dal Duecento al primo Quattrocento provenienti dalla diocesi di Lucca.
Non sono solo opere d’arte, sono immagini che sono state e spesso sono ancora veneratissime e cariche di storia. Un esempio tra i tanti lo offre lo splendido crocifisso, opera di un seguace di Giovanni Pisano: esso veniva portato dai Battuti Bianchi alla testa delle loro travolgenti peregrinazioni che, esortando alla concordia e alla mortificazione, mobilitarono tra Tre e Quattrocento le folle della Toscana. Vedendole nelle sale della mostra è difficile mettere tra parentesi il loro statuto attuale per restituire mentalmente i significati e i valori di cui furono portatrici, ma la loro forza comunicativa è tale da trasmettere ancora emozioni intense e profonde. Cosa insolita: nel catalogo, che in occasioni di questo genere è consacrato principalmente alle utili e necessarie tenzoni attribuzionistiche, è presente una riflessione sugli usi di queste immagini, dovuta a Michele Bacci.
Molte le opere eccezionali, molti e solenni i nomi degli artisti coinvolti o evocati: da Giovanni Pisano a Tino di Camaino a Agostino di Giovanni, da Andrea a Nino Pisani a Francesco di Valdambrino a Jacopo della Quercia, molti e rilevanti infine i problemi. La Lucchesia fu nel Medioevo una importantissima marca di frontiera, un’area cruciale di incroci, traversata da molte strade percorse da eserciti, da pellegrini, da mercanti, che a Lucca si incontravano discendendo dalla Garfagnana, provenendo, attraverso Pietrasanta e Camaiore, dalle coste tirreniche, montando verso l’appennino modenese e verso le terre di Matilde di Canossa, scorrendo verso Pisa o inoltrandosi verso Pistoia e Firenze. E al poliforme e tormentato quadro geografico se ne accompagna uno artistico non meno sfaccettato in cui agli artefici e ai modelli giunti dal Settentrione si accostano le presenze e le influenze dei grandi pisani e un privilegiato rapporto con Siena.
La mostra, patrocinata dalla Banca del Monte di Lucca, è il risultato di un lunghissimo lavoro di ricognizione, un lavoro durato anni, addirittura decenni, che ha permesso a Clara Baracchini e ai suoi colleghi della Soprintendenza di Pisa di esplorare pievi, chiese oratori della Lucchesia e di individuare, spesso sotto travestimenti e trasformazioni di ogni tipo, un numero rilevante di opere che pulitura, consolidamento e restauro hanno rivelato antiche, sovente splendide. Perché questa mostra nasce da una parte dall’impegno degli storici dell’arte a riconoscere i segni nascosti e spesso quasi irriconoscibili degli antichi maestri in sculture trasformate e modificate ripetutamente nel corso dei secoli, dall’altra dal lavoro di molti restauratori che hanno reso visibile ciò che era nascosto, sepolto da strati di gesso, di mastici, ottenebrato da pesanti e sovrapposti veli di vernici. I risultati di tanti impegni sono consegnati nel bel catalogo (edito dalla Spes) il cui secondo volume è interamente (e assai utilmente) dedicato a documentare e illustrare esaurientemente le operazioni di restauro.
Quasi un secolo fa, nel 1904, un articolo di Pietro d’Achiardi apparso su L’Arte, la rivista di Adolfo Venturi e dedicato appunto alla scultura lignea i cui prodotti erano allora in Italia – a differenza da quanto avveniva nei paesi vicini – ben poco studiati (ciò che portò all’esodo incontrollato di molte opere preziosissime che finirono a Londra, a Parigi, a Berlino, come si legge nel bel saggio di Ettore Spalletti in catalogo) lamentava come tante splendide opere giacessero «ancora ignorate in molte chiese di villaggi solitari rese non di rado irriconoscibili, anche all’occhio dell’esperto studioso, perché trasfigurate da malaugurati restauri, o ricoperte di ricchi paramenti e di doni votivi offerti dalla reverente pietà dei fedeli».
Era quello l’anno in cui la scultura lignea italiana veniva finalmente rivelata e celebrata a Siena in Palazzo Pubblico nella Mostra dell’antica arte senese. Ma la situazione nei tempi successivi non mutò di molto – anche se gli studi di Geza de Francovich illuminarono esemplarmente i momenti e i monumenti più antichi di questa vicenda – sì che qualche decennio dopo, nel 1949, Enzo Carli lamentava analoghe difficoltà e problemi nella prefazione del piccolo catalogo di quella splendida mostra sulla scultura lignea senese, madre e capostipite di tutte quelle che successivamente si tennero, che aveva organizzato e che si aprì ancora una volta in Palazzo Pubblico.
A quasi un secolo di distanza e dopo tante mostre, pubblicazioni e studi sulla scultura lignea le parole del d’Achiardi restano attuali e lo conferma il fatto che l’occhio degli storici dell’arte e gli interventi dei restauratori abbiano ancora potuto fare tante eccezionali scoperte in una terra percorsa da miriadi di «amatori e cultori». Un gruppo di dodici Madonne in trono con il Bambino, provenienti da diverse località della Lucchesia, che a furia di impiastrature e ridipinture sembravano essere poco più che dei rozzi fantocci senza tempo hanno rivelato la loro vera età e natura. Sono opere a cavallo tra il Due e il Trecento, talune di notevolissima qualità, sovente con forti accenti gotici transalpini (in particolare una proveniente da Gallicano in Garfagnana e una da un tabernacolo viario lucchese), che vengono a testimoniare di un clima culturale insospettato.
In più di un caso le opere presenti in questa mostra rimettono in causa sistemazioni tradizionali e obbligano a fare i conti per esempio con la presenza ab antiquo in Lucchesia dei due splendidi Crocifissi duecenteschi di Barga e di San Cristoforo a Lucca che accolgono il visitatore nella prima sala o con la arcana Annunciazione di San Cassiano di Controne un incontro emozionante, verificatosi attorno al 1320 o giù di lì, tra solenne classicità e leggerezza gotica. Che poi nella pieve di San Cassiano mirabilmente situata ma un poco appartata, si trovino l’una accanto all’altra opere stupefacenti come questa Annunciazione, un Sant’Ansano di Francesco di Valdambrino e lo splendido san Martino a cavallo di Jacopo della Quercia, da poco restaurato dall’Opificio delle Pietre Dure e mesi fa esposto al Bargello, pone il problema della committenza e della sorte di queste opere. Sono state fatte per la chiesa ove oggi si trovano o, considerate desuete e dal punto di vista formale e da quello religioso-cultuale, vi sono approdate più tardi da altre destinazioni più centrali in seguito a un processo di periferizzazione accentuatosi dopo il concilio Tridentino?
E veniamo al problema della policromia. Su questo terreno ogni recupero è particolarmente prezioso in quanto per la scultura lignea la decorazione pittorica era capitale (su questo aveva insistito la bella mostra Scultura Dipinta, tenutasi, ancora una volta, a Siena nel 1987), faceva parte dell’opera, aveva assunto il ruolo che nelle primitive statue, negli antichi simulacri-reliquiari offerti all’adorazione dei fedeli, avevano le lamine di metalli incrostate di pietre che le coprivano come una epidermide preziosa. I fumi e il calore di ceri e di candele, il tempo, le intemperie furono causa di un degrado costante, tanto più grave in quanto perdendo il suo smagliante manto pittorico l’immagine vedeva diminuire agli occhi dei contemporanei molto del proprio fascino. In un sermone del 1321 il predicatore Jacques de Lausanne si serviva come esempio proprio dell’usura cui era soggetta la scultura lignea quando a causa della pioggia smarriva a un tempo la bellezza e il colore: «...Ymago vero lignea cadente pluvia cito perdit pulchritudinem et colorem». Ora il deterioramento del manto policromo, e talora anche il variare del gusto furono altrettante occasioni di interventi di ridipintura sovente devastanti, dovuti alla necessità di presentare ai fedeli un’immagine cromaticamente eloquente, ancorché talora chiassosa e stonata. Quali finezze possano rivelare le policromie originali di queste sculture lo esemplificano in mostra il trono duecentesco della Madonna di Montefegatesi o il San Bartolomeo di Cune, il Crocifisso dei Bianchi di Lucca, la Madonna di Puglianella di Nino Pisano, il San Biagio di Jacopo della Quercia a Pietrasanta o il germanico e rutilante santo vescovo da San Paolino a Lucca. Talora l’intervento di manutenzione o l’adeguamento al gusto corrente furono affidati a operatori di eccezione, così il grande Francesco di Valdambrino rimodellò le teste dei bambini di due Madonne della fine del Duecento nel territorio di Capannori non diversamente da come un secolo prima pittori ducceschi avevano dipinto a Siena i volti ormai fuori moda di più antiche icone.
«Scultura lignea. Lucca 1200-1425», Lucca, Museo Nazionale di Palazzo Mansi e Villa Guinigi, fino al 30 giugno 1996.
Jacopo della Quercia (attribuito), «San Martino a cavallo», 1410 circa, San Cassiano di Controne, (Bagni di Lucca), chiesa di San Cassiano
In alto, Nino Pisano, «Madonna col Bambino, (particolare), legno policromo, 1370 circa, Puglianella, chiesa di Santa Maria Assunta. Sotto, Antonio Pardini (attribuito), «Sant’Antonio Abate», legno policromo, fine XIV secolo, Pietrasanta, chiesa di Sant’Antonio o della Misericordia
NOMI CITATI
- Agostino di Giovanni
- Andrea Pisano
- Bacci, Michele
- Banca del Monte di Lucca [BPER Banca]
- Baracchini, Clara
- Carli, Enzo
- Confraternita dei Bianchi [Lucca]
- D’Achiardi, Pietro
- De Francovich, Géza
- Francesco di Valdambrino
- Giovanni Pisano
- Jacopo della Quercia
- Jacques de Lausanne
- L’Arte
- Nino Pisano
- Opificio delle Pietre Dure [Firenze]
- Pardini, Antonio
- Soprintendenza di Pisa [Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Pisa e Livorno]
- Spalletti, Ettore
- SPES
- Tino di Camaino
- Venturi, Adolfo
LUOGHI E ISTITUZIONI CITATI
- Barga [Lucca]
o Chiesa di Sant'Elisabetta d'Ungheria
- Camaiore [Lucca]
- Capannori [Lucca]
- Cune [Borgo a Mozzano, Lucca]
o Chiesa di San Bartolomeo
- Firenze
o Museo Nazionale del Bargello
- Gallicano [Lucca]
- Garfagnana
- Lucca
o Basilica dei Santi Paolino e Donato
o Chiesa del Crocifisso dei Bianchi
o Chiesa di San Cristoforo
o Museo Nazionale di Palazzo Mansi
o Museo Nazionale di Villa Guinigi
- Lucchesia
- Montefegatesi [Bagni di Lucca, Lucca]
o Chiesa di San Frediano
- Pietrasanta [Lucca]
o Chiesa di Sant’Antonio dell’Arciconfraternita della Misericordia
- Pistoia
- Puglianella [Camporgiano, Lucca]
o Chiesa di Santa Maria Assunta
- San Cassiano di Controne [Bagni di Lucca, Lucca]
o Chiesa di San Cassiano
- Siena
o Palazzo Pubblico
Collezione: Il Sole 24 Ore
Etichette: _RECENSIONE (mostra), Arte XIII secolo, Arte XIV secolo, Scultura lignea, Toscana
Citazione: Enrico Castelnuovo, “Santi di Lucchesia belli, colorati e legnosi,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/125.