Castelnuovo presenta le collezioni d’arte delle famiglie ebree Camondo ed Ephrussi, le cui opere figurano oggi nei principali musei di Parigi. Le loro vicende, radicate nella capitale in rue de Monceau sin dal XX secolo, divengono testimonianze di una storia di mecenatismo, che si chiude con il tragico epilogo dei campi di concentramento. L’articolo accompagna la recensione di Andrea Casalegno (Resurrezione di un mondo) del volume di Edmund de Waal sul collezionismo di netsuke – sculture giapponesi – da parte della famiglia Ephrussi: Un’eredità di oro e ambra (I ed. The Hare with Amber Eyes: a Hidden Inheritance, Chatto & Windus, 2010; I ed. italiana Bollati Boringhieri, 2011).
Presentazione del Musée d'art et d'histoire du Judaïsme di Parigi, inaugurato il 30 novembre 1998. Una rassegna delle principali opere offre l’occasione per definire le caratteristiche che accomunano i musei dedicati alla storia e alla cultura ebraica e cosa si debba intendere per arte ebraica. Secondo Castelnuovo, non a tutta la produzione artistica riconducibile ad artigiani o committenti ebrei è applicabile quest’etichetta, ma solamente a quegli oggetti destinati al culto e alle feste rituali. L’emancipazione è identificata come punto di rottura, che ha comportato il progressivo attenuarsi della specifica identità ebraica a favore di nuove pratiche artistiche, in tutto accostabili alle tendenze dell’arte contemporanea. Sulla questione si era già soffermato in occasione del Festival di cultura ebraica (Venezia, 19-26 novembre 1995): Sopravvissuta a iconoclastia e a calamità.
Castelnuovo propone obiettivi e metodologie per tracciare una storia dell’arte ebraica: l’intervento è tratto dalla relazione inaugurale tenuta al Festival di cultura ebraica (Venezia, 19-26 novembre 1995), intitolata Presenza ebraica nel campo artistico: qualche osservazione e molti problemi. Castelnuovo torna sul tema nel 1998, in occasione dell’inaugurazione del Musée d’art et d’histoire du Judaisme di Parigi.