I capolavori assediati nella Firenze dell'Elba che non trova pace (dettagli)
Titolo: I capolavori assediati nella Firenze dell'Elba che non trova pace
Descrizione: Mario Baudino intervista Enrico Castelnuovo in occasione dell’alluvione dell’Elba, focalizzando il dialogo sulle catastrofi che hanno colpito il patrimonio artistico di Dresda dal XVIII secolo sino a oggi.
Autore: Enrico Castelnuovo, Mario Baudino
Fonte: La Stampa, anno 136, n. 222, p. 5
Editore: La Stampa; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2023)
Data: 2002-08-15
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Relazione: Inventario del fondo Enrico Castelnuovo, unità archivistica «La Stampa» (Archivio storico dell'Università di Torino)
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Identificatore: Stampa_86
Testo:
«La Stampa» – Anno 136, n. 222 – Giovedì 15 agosto 2002, p. 5
I capolavori assediati nella Firenze dell’Elba che non trova pace
Lo storico Castelnuovo: Dresda soffre di un passato maledetto, dall’assedio prussiano del 1760 alle bombe incendiarie alleate, fino all’Armata Rossa
Il giovane Goethe era studente quando visitò Dresda e salì sulla Frauenkirche, la grande chiesa barocca simbolo della città. Vide «misere rovine disseminate in mezzo al bell’ordine cittadino», come avrebbe poi scritto. E il sacrestano gli elogiò «l’arte dell’architetto, che aveva edificato chiese e cupole, fin d’allora, per un caso così indesiderato». Erano passati pochi anni dall’assedio prussiano del 1760, che aveva seminato morte e distruzione e incendiato la già famosissima galleria d’arte. Molti dei dipinti erano stati portati in salvo, ma alcuni, in particolare un bel «Battesimo di Cristo» di Giacomo Raibolini detto il Francia, pittore bolognese cinquecentesco, furono danneggiati.
La capitale della Sassonia sembrava ferita a morte. Ora, a 67 anni dal terribile bombardamento anglo-americano che, nella notte fra 13 e il 14 febbraio 1945, la trasformò in un immenso braciere facendo più vittime della bomba di Hiroshima, è la volta dell’acqua. Che non provoca carneficine come gli spezzoni incendiari, ma uccide, danneggia, distrugge e soprattutto arresta come in una sospensione senza tempo la lenta rinascita della città, ancora intenta nel lungo lavoro di rimarginare le ferite causate dalla guerra. Prendiamo la Frauenkirche, allora, mi dice il professor Enrico Castelnuovo: i restauri dovevano terminare l’anno prossimo, al più tardi nel 2004.
La chiesa da cui il giovane Goethe contemplò altre rovine era sul punto di tornare allo splendore originale, dopo tanto tempo. Ora chissà. E intanto i capolavori della Gemäldegalerie Alte Meister, una delle pinacoteche più importanti del mondo, vanno nei magazzini, se l’acqua che è già salita verso il primo piano non ha fatto in tempo a rovinarne una parte. Per un bel po’ non vedremo la «Madonna Sistina» di Raffaello, o la «Donna col ventaglio di piume» del Tiziano, la «Cena in Emmaus» di Paolo Veronese, i ritratti di Agostino Carracci, i maestri ferraresi, i Rubens, i Raffaello e in generale le tante tele del nostro Rinascimento che gli Elettori di Sassonia, e cioè i sovrani che vollero Dresda per capitale, comperavano dagli eredi più o meno rovinati delle signorie italiane.
Capolavori a rischio perenne: in quella tormentata area d’Europa non furono solo le truppe di Federico il Grande a minacciarli. Scamparono al napalm dei bombardamenti, ma non all’Armata Rossa, che dopo aver occupato la città li requisì in blocco. Dopo la nascita della Ddr, l’Urss li restituì allo Stato «fratello» e soggiogato, ma poco alla volta, con mille difficoltà. Tutto è stato difficile, nel lungo dopoguerra. «L’alluvione per Dresda è veramente catastrofica, dati i disastri subiti durante il conflitto e i restauri relativamente recenti, portati avanti solo ora», commenta il grande storico dell’arte, in viaggio verso l’Italia dall’Austria con sotto gli occhi una situazione disastrosa: a Linz si stava tenendo un’importante mostra sul gotico, diffusa sul territorio in piccole sezioni regionali, di cui al momento non si sa nulla. Dessau, la «Venezia bavarese», è inondata. E Dresda, la «Firenze dell’Elba», diventa il simbolo di una catastrofe, speculare a Praga.
«Il paragone tra le due città è difficile. Praga ha in sé una lunga stratificazione storica, che parte dagli edifici medioevali. Dresda, invece, è nata in modo unitario, potremmo dire tutta insieme, come capitale barocca, come nuova capitale». Un grande pittore italiano, Bernardo Bellotto, nipote del Canaletto, ce ne ha dato la prima immagine, indimenticata, nelle sue vedute, dove c’è tutto lo splendore del Settecento. È una Dresda che non c’è più, che aleggia come un mito od un ricordo. «Bellotto è stato il pittore delle nuove capitali europee, tanto che i suoi dipinti sono serviti a ricostruire Varsavia dopo le distruzioni della guerra. E probabilmente almeno in parte è successo anche per Dresda. La sua capacità di dare l’impressione del vero essenziale, di tradurre la luce della città, di trovare i punti di vista, ad esempio in rapporto al fiume, è straordinaria. Certo la Dresda che vediamo non è più quella».
Anche il fiume che vediamo è diventato un’altra cosa, un’entità ben più terribile e minacciosa contro quel «tesoro in un guscio di noce», secondo una definizione che ne dette Fiodr Dostoevskij. Era un tesoro compatto e forse precario, nato da un grande sogno. I principi elettori avevano le idee chiare, al proposito. Una capitale dev’essere innanzi tutto un’opera d’arte, provocare meraviglia e rispetto. Così vollero innanzi tutto una pinacoteca d’importanza mondiale, e parallelamente «investirono nella pietra», facendo lavorare gli architetti. Qualcosa di simile sarebbe accaduto nella Berlino neoclassica disegnata da Schinkel, ma certo Dresda è la prima in Germania a sbocciare come un complesso unico e compatto, pensato dal punto di vista sinuoso e scenografico del barocco.
Fu un enorme «investimento simbolico», come dice Castelnuovo, dove i sovrani si impegnarono su tutti i fronti, ivi compreso quello delle arti applicate: stucchi, legni, il grande artigianato, e non senza una vena di follia. A Dresda, infatti, cercavano l’oro. Volevano costruirlo in laboratorio, proprio come tentò di fare, un secolo prima, Rodolfo d’Asburgo nella sua Praga. Non ci riuscirono, ma trovarono un tesoro nella tecnica. Accadde con il sovrano Augusto il Forte, libertino e sperperatore: non sapendo come tappare i buchi del bilancio statale prese per buone le promesse del farmacista-alchimista Friederich Bottger, che sosteneva di poter trovare la formula per produrre il prezioso metallo in laboratorio.
Il 28 Marzo 1709, quando nell’impresa erano stati profusi gli ultimi spiccioli del regno, Boettger scrisse al re di essere in grado di produrre non l’oro, ma «una bella porcellana bianca, pari a quella dei cinesi, se non migliore». Salvò sia la propria testa (ormai pericolante) sia le finanze della Sassonia, e dette vita alle manifatture di Meissen, dove la formula restò per molto tempo un ben custodito segreto di Stato e nacquero le celebri porcellane, collezionate in tutto il mondo, che hanno per marchio due spade azzurre incrociate.
Sopra: Il cuore di Dresda sommerso dalla piena. Nell’immagine il palazzo di corte Zwinger in stile tardo-barocco. Ospita un museo che accoglie capolavori di Rubens, Raffaello e Tiziano. A fianco lo storico dell’arte Enrico Castelnuovo
NOMI CITATI
- Armata rossa
- Augusto II, re di Polonia
- Baudino, Mario
- Bellotto, Bernardo
- Böttger, Johann Friedrich
- Canaletto [Giovanni Antonio Canal]
- Carracci, Agostino
- Dostoevskij, Fëdor Michajlovič
- Federico II di Hohenzollern, re di Prussia
- Francia, Francesco [F. Raibolini]
- Goethe, Johann Wolfgang von
- Raffaello
- Rodolfo II d’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero
- Rubens, Peter Paul
- Schinkel, Karl Friedrich
- Tiziano
- Veronese, Paolo
LUOGHI E ISTITUZIONI CITATI
- Berlino [Germania]
- Dessau [Germania]
- Dresda [Germania]
o Frauenkirche
o Gemäldegalerie Alte Meister
o Zwinger [Gemäldegalerie Alte Meister]
- Elba
- Hiroshima [Giappone]
- Linz [Austria]
- Meissen [Germania]
- Praga [Repubblica Ceca]
- Varsavia [Polonia]
Collezione: La Stampa
Etichette: _INTERVISTA, Tutela del patrimonio culturale
Citazione: Enrico Castelnuovo e Mario Baudino, “I capolavori assediati nella Firenze dell'Elba che non trova pace,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/102.