Pittori e araldi di Francia (dettagli)
Titolo: Pittori e araldi di Francia
Descrizione:
Recensione dell’opera: André Chastel, La Pala d’altare nel Rinascimento, Garzanti, Milano, 1993. L’articolo è pubblicato in occasione dell’edizione postuma dei primi due volumi della storia dell’arte francese di André Chastel (1912-1990): Introduction à l’histoire de l’art français e L’art français. Pre-moyen age, Moyen age (Parigi, Flammarion, 1993). Dal secondo volume è tratto lo stralcio sull’araldica nel basso medioevo che accompagna il contributo di Castelnuovo.
Una copia della pubblicazione recensita (ed. italiana; ed. francese) e dei volumi della storia dell’arte francese è presente nel fondo librario di Castelnuovo, conservato dalla Biblioteca storica d’Ateneo “Arturo Graf”.
Autore: Enrico Castelnuovo
Autore di contributo subordinato: Marco Carminati
Fonte: Il Sole 24 Ore, anno 129, n. 331, p. 33
Editore: Il Sole 24 Ore; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2024)
Data: 1993-12-05
Gestione dei diritti:
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale
Relazione: Inventario del fondo Enrico Castelnuovo, unità archivistica «Il Sole 24 Ore» (Archivio storico dell'Università di Torino)
Formato: application/pdf
Identificatore: Sole_11
Testo:
«Il Sole 24 Ore» – Domenica 5 dicembre 1993, n. 331, p. 33
GRANDI SINTESI
Quando la morte, tre anni orsono, colse André Chastel, lo studioso stava lavorando a un’opera di vasto respiro, una storia dell’arte francese dalle origini alla Restaurazione.
La casa editrice Flammarion ha ora dato alle stampe i primi due volumi di quest’opera incompiuta che va letta come una sorta di solenne testamento del grande storico dell’arte francese. Il primo tomo, intitolato Introduction à l’histoire de l’art français (Paris, 1993, pagg. 102 FF. 39) è un lungo preambolo teorico nel quale Chastel si sforza di definire non tanto le peculiarità dell’arte francese, quanto piuttosto di inserire la produzione artistica in Francia nell’«enorme officina occidentale» dell’Europa. Nel secondo tomo (Histoire de l’art français. Pré-Moyen Age et Moyen Age, Paris 1993, pagg. 336 FF 495) Chastel affronta cronologicamente il vastissimo argomento evitando però di cadere nella trappola da lui definita «darwiniana», secondo la quale l’arte carolingia sarebbe automaticamente derivata dall’arte romana, e dall’arte medievale da quella carolingia, e così via. Secondo Chastel le cose erano ben più complesse. Ogni epoca andava analizzata di per sé, ponendo l’attenzione di volta in volta sui tipi di manufatti prodotti (non solo pitture, sculture e architetture, ma anche oreficerie, vetrate, disegni, miniature, avori, eccetera) senza cercare regole di interpretazione troppo rigide e riduttive ma rilevando piuttosto la loro adesione a un modello culturale dominante, oppure la loro opposizione e le loro contraddizioni. Per Chastel era anche molto importante spiegare i manufatti mettendoli in relazione con il contesto sociale, la corte, la cattedrale, il monastero, la nobiltà, ecc. E da questo punto di vista si spiega, ad esempio, l’attenzione prestata al tema dell’araldica (al quale dedichiamo lo stralcio pubblicato), vista come elemento di decorazione di libri miniati e placche ma anche come codice simbolico privilegiato per l’autoaffermazione della classe nobiliare. (Marco Carminati)
Una vita a coltivare la passione dei polittici
Usciti i primi volumi della «Histoire de l’art français» di André Chastel, l’ultima vasta opera realizzata dallo storico dell’arte transalpino
di Enrico Castelnuovo
Dai cassetti dello scrittore di André Chastel, a tre anni dalla sua scomparsa, continuano ad uscire degli scritti che questo grande e infaticabile studioso aveva lasciato incompiuti e che possono oggi vedere la luce grazie alle cure e alla devozione di allievi e collaboratori. Come si dice nel neretto qui sopra, in questi giorni Flammarion ha pubblicato due suoi volumi, uno di grande formato e adeguatamente illustrato è il primo tomo di una storia dell’arte francese cui Chastel ha appassionatamente dedicato, sfidando con straordinaria forza d’animo la malattia, gli ultimi anni; l’altro, apparso dallo stesso editore in una collezione di tascabili, raccoglie gli elementi, gli appunti, le riflessioni che aveva accumulato per l’introduzione a quest’opera cui tanto teneva.
Da Garzanti esce ora, quasi contemporaneamente all’edizione francese edita da Liana Levi, un bel libro dedicato ad un tema che aveva sempre affascinato lo studioso francese, la storia del polittico, della pala d’altare.
Costruzioni complesse e sfolgoranti poste nel luogo più sacro delle chiese o troneggianti nelle cappelle, poli di attrazione su cui si appuntavano gli sguardi, nei cui registri e nei cui scomparti si svolgevano e si articolavano vasti programmi iconografici, polittici e pale si moltiplicarono, crescendo in complessità e in dimensione, sugli altari delle chiese italiane tra il finire del Duecento e i primi decenni del Cinquecento. La loro vicenda apre in molte direzioni, spazia in un terreno dove le storie dei pittori e dei committenti si incrociano con quelle dei teologi, dei carpentieri (la struttura lignea, le cornici, avevano nei polittici come nelle pale un ruolo fondamentale) e degli architetti.
Alcune di queste straordinarie costruzioni rimasero nei luoghi e negli spazi per cui erano state create, molte altre nel corso del tempo ne furono allontanate, e le loro parti, smontate, sezionate divise, vennero disperse in collezioni e raccolte. Gli sparsi frammenti – santi, sante, apostoli in piedi, figure a mezzo busto di profeti, scomparti con episodi della vita di Cristo o di Maria o con leggende agiografiche – che il visitatore trova oggi isolati sulle pareti dei musei avevano fatto parte in origine di strutture grandi e complesse, provenendo dai pilastrini, dalle cimase, dalle predelle di un polittico, di una pala d’altare, la cui funzione, il cui significato, la cui complessità sono andate perdute a vantaggio di un prevalente e quasi esclusivo interesse per le maniere e la grafia dei singoli artisti. Si finirà così, a causa di questo modo un poco parziale di guardare alla pittura antica, per intendere tante tavole e tanti frammenti del Tre o del Quattrocento quasi fossero pitture autonome, alla stessa stregua di un "tableau de chevalet", di una piccola tela dell’Ottocento.
Di questi oggetti monumentali, autentiche opere d’arte globali dove scultura, intaglio, e disegno architettonici, si integravano vicendevolmente, e che tanto avevano interessato il grande Jacob Burckhardt – il cui saggio Das Altarbild uscirà prossimamente da Marsilio a cura di Maurizio Ghelardi – André Chastel ha inteso restituire l’importanza, la complessità, il senso, la tipologia, l’evoluzione.
André Chastel, «La Pala d’altare nel Rinascimento», Garzanti, Milano 1993, pagg. 294, L. 150.000.
NOMI CITATI
- Burckhardt, Jacob
- Carminati, Marco
- Chastel, André
- Flammarion
- Garzanti
- Ghelardi, Maurizio
- Levi, Liana
- Marsilio Editore
Collezione: Il Sole 24 Ore
Citazione: Enrico Castelnuovo, “Pittori e araldi di Francia,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/106.