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Titolo: É l'Amico di Sandro o lo Schiavo di Feti?

Descrizione: Marco Carminati presenta La cattedrale tascabile. Scritti di storia dell'arte, la raccolta di saggi di Castelnuovo edita dall’editore Sillabe di Livorno nel 2000, offrendo uno stralcio del contributo intitolato L’attribuzione e i suoi fantasmi (pp. 85-91) sul fenomeno dei nomi di comodo creati per identificare gli artisti anonimi.
Una copia dell’opera è presente nel fondo librario di Castelnuovo, conservato nella Biblioteca Storica d’Ateneo “Arturo Graf”.

Autore: Enrico Castelnuovo, Marco Carminati

Fonte: Il Sole 24 Ore, 2000, n. 63, p. 39

Editore: Il Sole 24 Ore; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2025)

Data: 2000-03-05

Gestione dei diritti: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale

Relazione: Inventario del fondo Enrico Castelnuovo, unità archivistica «Il Sole 24 Ore» (Archivio storico dell'Università di Torino)

Formato: application/pdf

Identificatore: Sole_61

Testo: «Il Sole 24 Ore» – Domenica 5 marzo 2000, n. 63, p. 39



SAGGI & RICERCHE
La curiosa storia dei nomi fittizi dati ai pittori anonimi dagli storici dell’arte

É l’Amico di Sandro o lo Schiavo di Feti?



Sarà in libreria a metà marzo l’ultimo libro di Enrico Castelnuovo intitolato La cattedrale tascabile (edizioni Sillabe, Pisa 2000, pagg. 416, L. 70.000) nel quale sono raccolti i più importanti contributi (anche inediti) che nell’arco di trent’anni l’autore ha dedicato alla storia dell’arte e alla storiografia artistica. Opere d’arte, generi artistici, ma soprattutto i profili di illustri colleghi (Focillon, Longhi, Toesca, Zeri) sono tra gli argomenti più accattivanti di questo corposo volume, che si conclude con un saggio nel quale Castelnuovo spiega le tappe principali della sua ricerca, cui fa seguito l’ingentissima bibliografia dei suoi scritti.
Rigoroso nel lavoro, curioso, spesso interessato ad argomenti poco battuti, Enrico Castelnuovo sa intessere i suoi scritti di un garbato senso di humour. È il caso del saggio sull’attribuzionismo e i suoi fantasmi (qui sotto stralciato per gentile concessione dell’editore e dell’autore), nel quale l’autore tratteggia il singolare fenomeno dei battesimi con nomi fittizi dati dagli storici dell’arte a pittori rimasti anonimi. Un fenomeno nato dal desiderio positivista di codificare nuclei di opere uniformi per stile ma prive di patronimico e poi alimentato dalle necessità del mercato, che nel proporre in vendita un’opera d’arte ha sempre preferito alla dicitura «anonimo» un bel nome convenzionale. (M. Car.)

di Enrico Castelnuovo
«Non so quante volte m’è toccato di rilevare a che gran punto l’anonimia di cui si avvolgono molte opere d’arte antica [...] abbia collaborato e collabori ad abbassare anche il gusto corrente [...] privati anche dell’appiglio esterno, sia pure soltanto mnemonico, di un comprovato stato civile, è destino che i più ripaghino l’anonimia con l’indifferenza e la disattenzione».
Con queste parole Roberto Longhi apriva nel 1940 sulla rivista «La Critica d’Arte» quella che avrebbe dovuto essere una rubrica periodica dal titolo «Genio degli anonimi», che si proponeva di presentare «esempi di eccellenza vera, qualche volta fin di sublità figurativa, che, per la solita menda dell’anonimato, rimangono ostinatamente ignoti». Sappiamo quanto questa «menda dell’anonimato», che incide percentualmente in misura assai maggiore nella storia dell’arte di quanto non avvenga in altre discipline, abbia avuto un peso nel determinare la fisionomia della ricerca in questo campo, come abbia spinto all’esercizio e alla pratica dell’attribuzione, e come, per ovviarvi, gli storici dell’arte abbiano tra l’altro creato, moltiplicato e modellizzato quei personaggi fantasmatici, in qualche modo bidimensionali, che sono i «Maestri di…» i Meister mit Notnamen, i Maîtres aux Noms de Convention.
Cercando di stabilirne le origini, si può risalire alla fine del Seicento se si considera il caso degli incisori a proposito del quale l’abate Michel de Marolles rileva l’esistenza di molti maestri «che non sono conosciuti tanto per i loro nomi quanto per le cifre o le figure di cui hanno marcato le loro stampe, come il Maître à la Navette, à la Souricièr, au Caducée». Assai più tardi l’abate Zani, nel secondo discorso preliminare alla Enciclopedia metodica critico-ragionata delle Belle Arti (edita a Parma nel 1819), dedica un capitolo alla «Origine e alle diverse classi dei soprannomi», e in particolare un paragrafo ai «soprannomi battezzati e molte volte a capriccio, da diversi scrittori».
Chi introdusse i «Maestri di…» in Italia fu Bernard Berenson, che vide in quest’operazione il trionfo della filologia visiva di cui era paladino, e lo fece in un modo che non mancò di impressionare i lettori e di rendere molto più vive e presenti queste etichette provvisorie.
Nel 1899 Berenson pubblicò in due puntate sulla «Gazette des Beaux-Arts» il suo saggio sull’artista da lui battezzato l’Amico di Sandro, puntando alla ricostruzione di un anonimo maestro che, come specifica il nome, avrebbe seguito molto da vicino per un certo periodo lo svolgersi artistico di Sandro Botticelli.
«Considerando come il nostro anonimo seguisse da vicino Sandro, e in mancanza di un nome storico solidamente stabilito che gli possa convenire, faremo bene a chiamarlo amico di Sandro, perché quali che possano esser stati nella vita reale i suoi rapporti con Sandro - un imitatore non è sempre un amico - in quella dell’arte era il compagno di Sandro».
Finora i «Maestri di…» erano stati personaggi piuttosto bidimensionali, puri nomi di comodo esplicitamente provvisori. L’Amico di Sandro fu qualcosa di più: un tentativo di biografia artistica condotto esclusivamente sulle opere.
«Senza l’aiuto di singoli documenti o di spunti letterari - dice Berenson - ho provato a costruire una personalità artistica, a mostrare come si sia sviluppata, da chi sia stata influenzata e come a sua volta abbia influenzato altre personalità, e anche di stabilire con buona accuratezza il periodo in cui questa personalità doveva esser connessa con una persona reale».
Nel 1901 sarà la volta di Mary Costelloe Berenson, sotto il nome di Mary Logan, sempre sulla «Gazzette des Beaux-Arts», a suscitare l’ombra del Compagno di Pesellino, giustificandone il battesimo con la volontà di non insistere con l’abitudine tedesca dei nomi pesanti e bizzarri, tipo «der Meister der National Gallery Dreieinigkeit». Un’osservazione che, tra l’altro, ci fa pensare che Mary non dovesse essere stata estranea alla "Operazione Amico di Sandro". Quanto a Berenson, egli inaugurerà nel 1903 la nuova rivista inglese di storia dell’arte, il prestigiosissimo «Burlington Magazine», scrivendo in apertura del suo primo numero un saggio sull’Alunno di Domenico.
Questi amici, questi compagni (a ruota Oswald Sirén, nel 1904, battezza un Compagno di Bicci), questi alunni erano nomi più tangibili e concreti dei già sperimentati «Maestri» che ormai da quasi un secolo prendevano il loro nome dalla collocazione di un quadro, da un luogo, da una collezione (il Calvario Lyversberg), da un soggetto, da un tema o da una tipologia ripetuta (Maestro delle Mezze Figure Femminili). Queste etichette facevano di loro persone in carne e ossa, alter ego, discepoli, aiuti, collaboratori, prossimi di questo o quel pittore noto. Non solo: potevano stabilire delle graduatorie, delle gerarchie tra alunno, compagno, amico; gerarchie di cui ancora Roberto Longhi si servirà ironicamente anni dopo con gli estrosi Cugino dei Riminesi, Schiavo di Feti o Pensionante del Saraceni.
Nel frattempo anche i nomi tradizionali divenivano più spigliati, più spiritosi. Oswald Sirén crea nel 1904 il Maestro del Bambino Vispo, un anonimo che come noto avrà lunga vita. Anche Longhi, quando più tardi (1927) creerà il suo Maestro Esiguo, sarà perché, stanco dell’ormai abitudinario ricorso all’ennesimo Alunno di Benozzo, vorrà definire in maniera più incisiva e pregnante i modi di «poco meno che filiformi» e addirittura il carattere e gli atteggiamenti di «questo tenue maestro umbreggiante [...] nel modo di colorir tenuamente come a foglia [...] nel lumeggiare come se lumeggiava di biacca sui disegni in carta tinta ci riporta a momenti più antichi.
Anche i maestri hanno le loro stagioni. Dopo il periodo eroico, in cui sembra di scorgere come, al di là della necessità temporanea, quella che potremmo chiamare "Operazione battesimo" accenda attese e speranze di potenza se non addirittura di onnipotenza, il coniare nuovi nomi diviene un’operazione piuttosto di routine largamente e utilmente praticata, anche se qualche volta ridicolizzata dagli eccessi moltiplicatori (non però imputabili ai padri fondatori) di R. H. Wilenski, per cui Dirk Bouts diventa volta a volta lo «Young Man in High Cap Painter», il «London Virgin with Brocade Screen Painter» o il «Little Path to Paradise Painter», o di George Rowley che affetta il «corpus» di Ambrogio Lorenzetti in una miriade di «Petronilla Master», «Rofeno Master» o «Raccalbenga Master» dispersi addirittura nel corso di secoli. Fenomeni che il padre Zani aveva puntualmente previsto parlando di «soprannomi battezzati, e molte volte a capriccio, da diversi scrittori».

Bernard Berenson nel 1949 mentre esamina un dipinto

NOMI CITATI

- Alunno di Benozzo
- Alunno di Domenico
- Amico di Sandro
- Berenson Costelloe, Mary
- Berenson, Bernard
- Botticelli, Sandro
- Bouts, Dieric
- Burlington Magazine [The]
- Carminati, Marco
- Compagno di Bicci
- Compagno di Pesellino
- Critica d’Arte [La]
- Cugino dei Riminesi
- Focillon, Henri
- Gazette des beaux-arts
- Logan, Mary [Mary Berenson Costelloe]
- Longhi, Roberto
- Lorenzetti, Ambrogio
- Maestro del Bambino Vispo
- Maestro del Calvario Lyversberg
- Maestro delle Mezze figure femminili
- Maestro Esiguo
- Maître à la Navette
- Maître à la Souricièr
- Maître au Caducée [Jacopo de’ Barbari]
- Marolles, Michel de
- Meister der National Gallery Dreieinigkeit
- Pensionante del Saraceni
- Rowley, George
- Schiavo di Feti
- Sillabe
- Sirén, Oswald
- Toesca, Pietro
- Wilenski, Reginald Howard
- Zani, Pietro
- Zeri, Federico

Collezione: Il Sole 24 Ore

Citazione: Enrico Castelnuovo e Marco Carminati, “É l'Amico di Sandro o lo Schiavo di Feti?,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 07 maggio 2025, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/160.