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Titolo: Pittori senesi alla corte dei papi

Descrizione: Recensione della mostra: L'art Gothique Siennois. Enluminure, peinture, orfevrerie, sculpture (Avignone, Musée du Petit Palais: 26 giugno-2 ottobre 1983), catalogo edito da Centro Di. Introducendo il Musée du Petit Palais e la sua collezione di primitivi italiani riorganizzata da Michel Laclotte, l’intervento offre una panoramica sull’arte gotica senese del XIV secolo secolo, focalizzandosi sui rapporti tra Siena e Avignone; Castelnuovo riconosce nella città dei papi un centro internazionale, privo di una propria tradizione artistica: per questa ragione e per la presenza di una committenza diffusa, i pittori senesi hanno avuto la possibilità di esprimere più liberamente la loro arte, elaborando così un linguaggio nuovo che si diffuse in tutta Europa, divenendo “internazionale”. 
L’esposizione si configura come una seconda edizione della rassegna sull’arte senese curata da Giovanni Previtali, inaugurata l’anno precedente: Il gotico a Siena. Miniature, pitture, orificerie, oggetti d’arte (Siena, Palazzo Pubblico, 24 luglio-30 ottobre 1982); anche questa è stata recensita da Castelnuovo su «La Stampa».
L’articolo è riedito nella raccolta di saggi La cattedrale tascabile. Scritti di storia dell'arte (Sillabe, 2000). Una copia del catalogo è presente nel suo fondo librario, conservato dalla Biblioteca storica d’Ateneo “Arturo Graf”.

Autore: Enrico Castelnuovo

Fonte: La Stampa, anno 117, n. 201, p. 3

Editore: La Stampa; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2023)

Data: 1983-08-23

Gestione dei diritti: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale

Relazione: Inventario del fondo Enrico Castelnuovo, unità archivistica «La Stampa» (Archivio storico dell'Università di Torino)

Formato: application/pdf

Identificatore: Stampa_25

Testo: «La Stampa» – Anno 117, n. 201, Venerdì 23 agosto 1983, p. 3



Avignone, la Mostra del Gotico in nuova edizione al Petit Palais.

Pittori senesi alla corte dei papi

L’evoluzione dei pittori toscani nell’atmosfera cosmopolita della città pontificia nel Trecento - Simone Martini e i primi ritratti «privati» - Per rispondere alle domande di una società diversa, gli artisti inventarono un linguaggio originale, moderno e nostalgico al tempo stesso - Rapido come un’epidemia si diffuse in tutto l’Occidente



AVIGNONE — Avignone era una splendida città. Nel Trecento, quando vi abitavano i papi, divenne una capitale dell’Europa, chiusa da un’ampia cinta di mura, fitta di torri, di castelli, di residenze cardinalizie, di chiese, di monasteri, ricchissima di pitture, di sculture, di oreficerie. Poi rimasero a governarla legati e vicelegati, ma anche nella crescente sonnolenza provinciale nacquero architetture barocche di gran livello, oratori, collegi, hôtel particuliers trovarono un buon affiatamento con le costruzioni più antiche.
A quel tempo ci viene ancora descritta rigurgitante di opere d’arte trecentesche che furono in seguito disperse e per la massima parte distrutte dall’incuria crescente, quindi dalla rivoluzione e dalla secolarizzazione dei beni ecclesiastici. Nell’Ottocento venne letteralmente dilaniata: l’apertura di un grande asse centrale, la Rue de la République, spaccò in due come una mela il tessuto urbano e ne annientò una parte cospicua, il palazzo dei Papi diventò una caserma, straordinarie chiese tardo-gotiche furono mutilate e utilizzate come magazzini.
Si poteva sperare che ai nostri giorni, in cui si parla tanto di patrimonio e di eredità culturale, ci si sarebbe sforzati di salvare il salvabile, invece nuovi disastri sono venuti ad aggiungersi a quelli provocati dagli allineamenti hausmanniani della borghesia ottocentesca. Anni fa, con un colpo d’ala degno del Pére Ubu, è stato raso al suolo l’antico quartiere della Balance, delabré e malandato, ma pur recuperabile, per costruire al suo posto una mostruosità architettonica ed urbanistica. Tutto questo sotto la direzione degli architetti dei «Monuments Historiques», di quella che fu un tempo una grande istituzione illustrata da Prosper Mérimée e da Viollet-le-Duc.
E tuttavia qualcosa di importante e di estremamente positivo è stato fatto: la creazione del Musée del Petit-Palais per esempio, che riunisce una splendida collezione di primitivi italiani acquistata da Napoleone III al marchese Campana, un banchiere pontificio raccoglitore appassionato, incappato in un clamoroso crack più di un secolo fa. Queste tavole, spesso di altissimo livello, hanno conosciuto una singolare sfortuna: dopo essere state destinate al nuovo museo che l’imperatore voleva costituire per emulare il leggendario Musée Napoléon che aveva riunito a Parigi le meraviglie d’Europa, esse vennero – per l’ostilità dei conservatori del Louvre – mandate in esilio nei più disparati istituti di provincia.
Si giunse fino a disperdere in musei diversi parti smembrate provenienti dallo stesso complesso, dal medesimo polittico. Oggi grazie a Michel Laclotte, conservatore capo delle pitture al Louvre e animatore dell’impresa, queste ed altre opere, che una saggia politica di acquisti ha condotto ad Avignone (ultimamente, per esempio, sono entrate in museo quattro testine di Profeti di Simone Martini), hanno ritrovato un nuovo contesto nella bella costruzione quattrocentesca che chiude la piazza del Palazzo dei Papi: un buon risarcimento per le tante perdite che la città ha subito.
È nel Petit-Palais che ha aperto i suoi battenti (fino al 2 ottobre) un’esposizione dedicata a «L’Art Gothique à Sienne», nuova edizione o piuttosto seconda puntata di quella che l’estate scorsa si era tenuta a Siena in Palazzo Pubblico e di cui si era a suo tempo parlato. Gli spostamenti dall’Italia sono stati consentiti solo per opere il cui trasporto non presentasse troppi rischi, ma proprio il fatto che la mostra non potesse essere trasferita tal quale ha offerto agli organizzatori la possibilità di reinventarla, supplendo alle mancanze grazie ai prestiti di collezioni francesi ed europee, dall’Olanda all’Inghilterra, dalla Svizzera alla Cecoslovacchia, e presentando l’arte senese puntando spesso su opere diverse da quelle esposte l’anno passato a Siena, anche se si ritrovano al Petit-Palais molti dei pezzi forti (in particolare oreficerie e codici miniati) che erano esposti in Palazzo Pubblico.
Così le opere che non hanno potuto lasciare l’Italia sono state sostituite da altre puntando sempre sull’alta qualità e sulle dimensioni ridotte, il che dà modo di incontrare pezzi eccezionali come il piccolo trittico di Digione di Pietro Lorenzetti, una Crocifissione assai prossima a Simone (Olanda collezione privata), il dittico con l’Adorazione dei Magi di Naddo Ceccarelli (Tours), La Madonna col Bambino di Matteo Giovannetti (Parigi coll. privata), lo stupendo Cristo in bronzo dorato a mezza strada tra Lorenzo Maitani e Andrea Pisano (Louvre), le tavolette donate da Roberto d’Angiò re di Napoli a un convento di Aix, la Bibbia angioina della Bibliothèque Nationale, un’incantata miniatura di Sassetta (Cambridge) opere di Giovanni di Paolo (Tours e Avignone), del Maestro dell’Osservanza e così via.
Ma accanto a questa nuova antologia dell’arte senese è stata l’occasione per illustrare e sviluppare quei nessi che tra Siena e Avignone si erano stretti nel Trecento e per restituire il particolare clima della città papale. Tanto poco si è salvato dal naufragio di quella grande civiltà artistica che occorrerà completare ciò che è presente in mostra con quanto ancora si vede sulle pareti del Palazzo dei Papi, di qualche dimora cardinalizia, di qualche chiesa e della Certosa di Villeneuve al di là del Rodano, integrare l’esposizione con le sinopie di Simone Martini per gli affreschi del portale della cattedrale, con i cicli stupefacentemente moderni di Matteo Giovannetti, viterbese ma senese di adozione, pittore dei papi, vero factotum e dittatore artistico della città per una ventina d’anni, e con i frammenti di affreschi riemersi qua e là.
Si avvertiranno così le molte componenti che entrano nella cultura di Avignone, l’eleganza cortese introdotta da Simone Martini e largamente divulgata dal suo clan (ad Avignone avevano lavorato o mandato opere il fratello di Simone, Donato, il cognato Lippo Memmi e il fratello di questi, Tederico) che trovò stimolo nella presenza di artisti e di opere del Nord e, nello sfarzo della curia e delle famiglie cardinalizie, un terreno estremamente ricettivo, l’attenzione verso certi aspetti del paesaggio e della natura, contemporanea a quella che si manifesta nelle lettere del Petrarca, e un atteggiamento disinvolto, umoroso sino alla caricatura, libero e sperimentale che fu quello di Matteo Giovannetti.
Si scoprono così le radici di quel linguaggio bifronte, naturalistico e fiabesco, raffinatamente aristocratico e carico di espressività, nostalgico e moderno che, segnando al tempo stesso un tramonto e un’alba, si diffuse in Occidente, rapido come un’epidemia, tra la fine del Tre e gli inizi del Quattrocento portando a un’unificazione generalizzata dei linguaggi figurativi particolari, tanto da poter essere chiamato per eccellenza lo stile internazionale. Che, molti decenni prima della sua esplosione europea, nacque appunto ad Avignone grazie alla particolare situazione di quel crogiuolo multiculturale che offriva vaste possibilità alle capacità dei pittori senesi e permetteva loro degli exploits che a Siena non sarebbero stati possibili.
Fu ad Avignone che Simone Martini inventò il ritratto individuale, non quello celebrativo alla Guidoriccio o quello commemorativo/funebre che già esistevano, ma il semplice ritratto privato, un genere che avrà di fronte a sé un grande avvenire. Petrarca infatti ci scrive che egli dipinse qui (le opere sono perdute) il ritratto di Laura e quello del vecchio cardinale Napoleone Orsini. Perché qui e non a Siena? Quali erano le regole che a Siena si dovevano rispettare e ad Avignone si potevano trasgredire? Il fatto è che Avignone era una città priva di una forte e continuata tradizione artistica e che di conseguenza gli artisti si trovavano di fronte a una realtà diversa da quella di Siena o di Firenze.
La presenza di un gruppo di committenti e di un pubblico eterogenei, dalle abitudini e dalle attese estetiche diverse da quelle che si potevano incontrare in Toscana, l’assenza di regole e consuetudini generalmente accettate, modificò il comportamento degli artisti e le loro risposte e proposte di fronte a richieste nuove e inabituali.
Si aggiunga che la pittura ad Avignone era estremamente ricercata e largamente diffusa come si avverte non solo dal numero delle commissioni papali e cardinalizie, ma anche da testamenti di personaggi meno appariscenti in cui si esprime la volontà di decorare una tomba di pitture o dalle lettere del mercante di Prato Francesco Datini che richiede ai suoi corrispondenti italiani piccoli dipinti di devozione di cui ad Avignone c’era gran richiesta, documentando così la precoce esistenza di un mercato della pittura nella città provenzale.
Il ritorno sulle rive del Rodano di tante opere senesi per cui sei secoli fa papi e cardinali, banchieri e mercanti avevano mostrato un così grande entusiasmo carica cosi questa mostra intelligente quanto raffinata di un significato particolare evocando quel rapporto privilegiato tra le due città che marcò le forme e la storia della pittura occidentale e che fece di Avignone il luogo strategico da cui la pittura senese, significativamente trasformata dall’atmosfera cosmopolita della corte pontificia, ebbe modo di irraggiarsi in Europa.
Enrico Castelnuovo

Avignone. Chiesa di Notre-Dame-des-Doms: particolare del Redentore e Angeli (sinopia) 
NOMI CITATI

- Andrea Pisano
- Campana, Giampietro, marchese di Cavelli
- Ceccarelli, Naddo
- Datini, Francesco
- Giovannetti, Matteo
- Giovanni di Paolo
- Laclotte, Michel
- Lorenzetti, Pietro
- Maestro dell'Osservanza
- Maitani, Lorenzo
- Martini, Donato
- Martini, Simone
- Memmi, Lippo
- Memmi, Tederico
- Mérimée, Prosper
- Napoleone III, imperatore
- Orsini, Napoleone
- Petrarca, Francesco
- Roberto d’Angiò, re di Napoli
- Sassetta
- Viollet-le-Duc, Eugène-Emmanuel


LUOGHI E ISTITUZIONI CITATI
- Aix-en-Provence [Francia]
o Convento di Santa Chiara [Musée Granet]
- Avignone [Francia]
o Cattedrale di Notre-Dame des Doms
o Musée du Petit Palais
o Palazzo dei Papi
o quartiere della Balance
o Rue de la République
- Cambridge [Regno Unito]
o Fitzwilliam Museum
- Digione [Francia]
o Musée des Beaux-Arts de Dijon
- Parigi [Francia]
o Bibliothèque Nationale de France
o Musée du Louvre
- Prato
- Rodano
- Siena
o Palazzo Pubblico
- Tours [Francia]
o Musée des Beaux-Arts de Tours
- Villeneuve-lès-Avignon [Francia]
o Certosa di Notre-Dame-du-val-de-Bénédiction

Collezione: La Stampa

Citazione: Enrico Castelnuovo, “Pittori senesi alla corte dei papi,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/38.