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Titolo: La cattedrale tascabile di Pisa

Descrizione: Castelnuovo propone una panoramica sulla Chiesa di Santa Maria della Spina a Pisa, in occasione della pubblicazione della monografia di Mariagiulia Burresi (Santa Maria della Spina in Pisa, fotografie di Aurelio Amendola, 1990) e dell’esposizione fotografica dedicata al monumento (aperta per tutta l’estate presso la chiesa); volume e mostra patrocinati dalla Cassa di Risparmio.
L’articolo prende avvio dalle testimonianze di John Ruskin e Alessandro da Morrona, che dalla chiesa erano stati estasiati, soffermandosi poi sulle attuali problematiche conservative. Comparando le fotografie scattate in questa occasione con quelle della Mostra della scultura pisana del Trecento (Pisa, Museo Nazionale di San Matteo: luglio 1946-ottobre 1947), Castelnuovo rileva il progressivo degrado degli apparati scultorei e si interroga su come salvaguardare, in tutta la sua complessità, il monumento.
Una copia dell’opera recensita è presente nel fondo librario di Castelnuovo, conservato dalla Biblioteca storica d'Ateneo “Arturo Graf”.

Autore: Enrico Castelnuovo

Fonte: La Stampa, anno 124, n. 170, p. 15

Editore: La Stampa; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2023)

Data: 1990-07-25

Gestione dei diritti: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale

Relazione: Inventario del fondo Enrico Castelnuovo, unità archivistica «La Stampa» (Archivio storico dell'Università di Torino)

Formato: application/pdf

Identificatore: Stampa_71

Testo: «La Stampa» – Anno 124, n. 170 – Martedì 24 luglio 1990, p. 15
(pagina Cultura e società)



Una mostra e un libro su un capolavoro dell’architettura medievale

La cattedrale tascabile di Pisa

I problemi di Santa Maria della Spina



La chiesetta stregò il giovane Ruskin. Lo scrittore ebbe una crisi di rabbia vedendola demolita e poi spostata quando nel 1872 si rifecero i lungarni.



PISA. Sui lungarni meridionali di Pisa, prossimo al luogo dove, un tempo, il Ponte Nuovo traversava l’Arno, sorge l’oratorio di Santa Maria della Spina che prese il suo nome da una reliquia della corona di spine qui pervenuta intorno al 1333. Un suntuosissimo paramento di marmi policromi riveste tutto il monumento, un loggiato si apre sul fianco meridionale per ospitare le statue dei dodici apostoli attorno al Cristo, tre aeree guglie sormontate da sculture si ergono sulla parte orientale, tre acuti timpani si alzano sulla facciata occidentale, e una quantità di pinnacoli, tabernacoli, statue, statuette e doccioni sparsi un po’ dovunque animano questo edificio singolarissimo e infinitamente suggestivo.
Nel 1840 il giovane Ruskin nel corso del suo primo viaggio in Italia arrivava a Pisa; più tardi, in quella straordinaria autobiografia scritta tra il 1885 e il 1889 che è Praeterita, ricorderà con riprovazione che proprio mentre stavano passando davanti alla chiesetta della Spina il padre l’aveva improvvisamente apostrofato per chiedergli: «John, quanto devo dare al cocchiere?» Invece di rispondere aveva reagito con impazienza rimproverando e lamentando la durezza di cuore del padre che sceglieva un momento come quello per pensare ad affari sublunari. «Da allora – conclude – la spettrale cappella della Spina mi è rimasta nel cuore».
Qualche anno dopo, nel 1845, John Ruskin finiva le sue giornate, iniziate nel chiostro del Camposanto, appollaiato sul tetto della Spina: «Sedendo nella luce del sole che si infondeva nel marmo caldo dei suoi pinnacoli, fino a che l’ultima luce si spegnesse sotto gli archi del Ponte a Mare, tacessero nelle strade i radi passi e le voci del tramonto e la città con le sue montagne stesse muta come un sogno al di là del soffice turbinare dell’Arno». Un’ultima volta, nell’estate del 1872, Ruskin torna alla Spina e la trova in pieno smontaggio o, più radicalmente, in demolizione. Tremante di rabbia, con il pugno alzato apostrofa gli operai: «Che cosa intendete fare rovinando questo bellissimo posto? Sapete ciò che state facendo? Non siete consapevoli che gli austriaci non hanno mai fatto tanti danni all’Italia di quanto stiate facendo ora voialtri con i vostri scalpelli e mazzuoli?».
La chiesetta della Spina era stata per Ruskin uno dei punti di riferimento dell’architettura medioevale italiana, uno dei suoi luoghi sacri, dei suoi monumenti sublimi ed esemplari. In un’altra occasione aveva manifestato la sua gioia per avere acquistato un piccolo libro d’ore miniato. «In verità – aveva scritto – un messale ben miniato è una meravigliosa cattedrale tutta piena di vetrate e rilegata per poter essere messa in tasca tutta piena di musica e di preghiere». Forse proprio per la sua perfetta piccolezza la chiesetta della Spina gli era sembrata un prodigio del disegno gotico, una summa, un compendio di tutta l’architettura medioevale, una sorta di micro-monumento con i suoi pinnacoli, le sue guglie, i suoi archi acuti, i suoi doccioni, le sue mensole, i suoi peducci, le sue statue, una cattedrale tascabile insomma, come il libro d’ore con i suoi ornamenti e le sue figure.
Era questo un carattere della chiesa che aveva colpito già sul finire del Settecento Alessandro da Morrona, il grande erudito pisano che fu uno dei protagonisti della riscoperta dei Primitivi. «Ella è per certo la fabbrica di cui si parla – scrive il Da Morrona nel suo Pisa illustrata nelle arti del disegno – il più bel monumento in piccolo che a dì nostri di tal genere di architettura in Italia si conservi. Questa, spiegata in grande, si ammira nel nobile esemplare del magnifico Duomo di Milano... E per quanto essa ecceda in delicatezza, e per quanto nella stravaganza degli ornati deviar si veggia del carattere dell’elegante architettura, egli è per altro innegabile che non si ammiri in essa un lavoro leggero, immenso, difficultoso, e capace di sorprendere e anche di dilettare nel suo genere; salvo il purgato sguardo di uno smorfioso osservatore. Guglie, balaustre, campaniletti, tabernacoli un sopra dell’altro, corniciami e modanature sottilmente intagliate, rosoni, statue ed altri lavori tutti di fino e levigato marmo, e profusi con liberalità e capriccio compongono le facciate dell’edificio».
Per tutto l’Ottocento la chiesetta della Spina fu considerata uno dei monumenti più splendidi ed esemplari del Medioevo italiano. Poi, per quanto continui a ornare la copertina del volume sull’Italia gotica della popolare Pelican History of Art (John White, Art and Architetture in Italy 1240-1400), venne pressoché dimenticata. Oggi quest’opera cruciale viene sottilmente analizzata da Mariagiulia Burresi che ne propone un’attenta e acuta disamina delle vicende costruttive e decorative in un bel libro, Santa Maria della Spina in Pisa, testé pubblicato da Amilcare Pizzi e splendidamente illustrato da Aurelio Amendola. Nello stesso tempo essa è esplorata e rivelata da una mostra fotografica che rimarrà aperta all’interno della chiesa per tutta l’estate. Ambedue le occasioni, patrocinate dalla Cassa di Risparmio di Pisa, ripropongono infine questo magico edificio, con tutti i suoi problemi e le sue inappellabili urgenze.
La chiesa fu smontata, spostata di qualche metro e totalmente ricostruita utilizzando gran parte del materiale originario, tra il 1871 e il 1884, in occasione della rettifica dei Lungarni e della costruzione dei muraglioni che indicarono il corso del fiume, suscitando, lo si è visto, i giustificati furori del Ruskin. Una parte dei materiali e delle sculture sostituite si trova oggi variamente sparsa nel Museo nazionale di San Matteo, in attesa che si possa realizzare una sala dedicata all’oratorio.
Il primo problema che il monumento pone è quindi quello di vagliare attentamente in tutte le sue parti il parametro lapideo, le modanature e tutti gli elementi architettonici e le sculture per verificarne l’appartenenza al monumento originario o il loro rifacimento. Un’altra serie di problemi riguarda le fasi di edificazione e di decorazione dell’edificio originario. Un documento del 1322 attesta che a quella data si delibera un ampliamento e una trasformazione dell’oratorio esistente, un contratto firmato nel 1376 nella sagrestia della chiesa testimonia che a quel tempo i lavori dovevano essere finiti.
A questo punto le domande sono: come si presentava l’edificio anteriormente al 1322? E cosa eventualmente appartiene a questa fase e ne testimonia? E quindi come si scalano tra il 1322 e il 1376 le vicende costruttive e le sculture? Non sono domande da poco quelle che si pone Mariagiulia Burresi perché alcune delle statue sono assai prossime ai modi di Giovanni Pisano di cui riprendono da vicino i modelli, altre appartengono a Giovanni di Balduccio, altre ancora infine ad Andrea e Nino Pisano di cui all’interno è un capolavoro, la Madonna della Rosa. L’oratorio viene così ad essere, attraverso la presenza di alcuni dei suoi massimi protagonisti, un autentico tempio del gotico pisano, un capitolo essenziale della scultura europea del Trecento.
Terzo ordine di problemi infine, e di insopprimibile urgenza. Che cosa fare per proteggere dalla corrosione e dal degrado le splendide sculture poste all’esterno del monumento? Il Lungarno su cui si trova la chiesetta è incessantemente percorso da un fitto traffico automobilistico e un confronto tra le fotografie fatte alle sculture nel 1946 quando vennero esposte alla mostra della scultura medievale pisana e quelle odierne di Aurelio Amendola mostra i segni inconfutabili di un rapido degrado. Qui è un naso smozzicato, là scompare lo zigomo di un volto, la fronte di un altro è percorsa da un reticolato di crepe e di fessure, si sfarina la piega di un panneggio, opache, oscure macchie deturpano la chiarezza del marmo, rendono illeggibili i rilievi. È urgente che le sculture vengano sottoposte a interventi di pulitura e di consolidamento. Ma poi? metterle al riparo al museo – o all’interno dell’oratorio – e sostituirle con copie? Non sarebbe questo l’ultima depredazione della sventurata chiesa? Ruskin sosteneva il diritto a morire del monumento come dell’uomo, ma nel caso della Spina non di morte naturale si tratta e non possiamo non sentirci colpevoli di averne affrettato oltre ogni misura la fine. Qualcosa si dovrà pur fare. Ce lo ricordano questo libro e questa mostra.
Enrico Castelnuovo

A sinistra: la facciata di Santa Maria della Spina. Un monumento di enorme fascino anche per la sua posizione su un lungarno di Pisa. Sotto, nella foto piccola: un doccione con la forma di un bue. Sotto, nella foto grande: particolare del San Matteo, nel prospetto Sud. Urgono, in particolare per le sculture, operazioni di pulitura e di consolidamento. 
NOMI CITATI
- Amendola, Aurelio
- Amilcare Pizzi
- Andrea Pisano
- Burresi, Mariagiulia
- Cassa di Risparmio di Pisa [Banco BPM]
- Giovanni di Balduccio
- Giovanni Pisano
- Morrona, Alessandro da
- Nino Pisano
- Ruskin, John
- White, John


LUOGHI E ISTITUZIONI CITATI
- Arno
- Milano
o Duomo [Cattedrale della Natività della Beata Vergine Maria]
- Pisa
o Camposanto
o Chiesa di Santa Maria della Spina
o Museo Nazionale di San Matteo
o Ponte a Mare
o Ponte nuovo

Collezione: La Stampa

Citazione: Enrico Castelnuovo, “La cattedrale tascabile di Pisa,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/85.