Il rianimator di marmi (dettagli)
Titolo: Il rianimator di marmi
Descrizione:
Recensione della mostra I Marmi di Lasinio. La collezione di sculture medievali e moderne nel Camposanto di Pisa (Pisa, Museo Nazionale di San Matteo: 30 luglio-31 ottobre 1993), a c. di Clara Baracchini, catalogo SPES; l’articolo traccia un profilo di Carlo Lasinio (Treviso, 10 febbraio 1759-Pisa, 29 marzo 1838), focalizzato sulle iniziative di tutela e di valorizzazione del Camposanto di Pisa da lui promosse in quanto conservatore. In particolare, l’articolo si sofferma sul museo di scultura antica e medievale inaugurato da Lasinio nel Camposanto, dove aveva ordinato le opere già conservate all’interno e nuovi reperti raccolti nei dintorni della città. Castelnuovo era parte del comitato scientifico dell’esposizione, assieme a Paola Barocchi, Antonino Caleca e Roberto Paolo Ciardi.
Una copia del catalogo è presente nel suo fondo librario, conservato dalla Biblioteca storica d’Ateneo “Arturo Graf”.
Autore: Enrico Castelnuovo
Fonte: Il Sole 24 Ore, anno 129, n. 281, p. 31
Editore: Il Sole 24 Ore; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2023)
Data: 1993-10-17
Gestione dei diritti:
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale
Relazione: Inventario del fondo Enrico Castelnuovo, unità archivistica «Il Sole 24 Ore» (Archivio storico dell'Università di Torino)
Formato: application/pdf
Identificatore: Sole_10
Testo:
«Il Sole 24 Ore» – Domenica 17 ottobre 1993, n. 281, p. 31
GRANDI PIONIERI
Una mostra dedicata a Carlo Lasinio fondatore nel 1807 del museo del Camposanto di Pisa
Il rianimator di marmi
Il riordinamento lasiniano contribuì alla rinascita degli studi sui Primitivi
di Enrico Castelnuovo
«Memoria della Storia delle Belle Arti. Sua Maestà la Regina Reggente vuole che Carlo Lasinio maestro d’Intaglio della Regia Accademia delle Belle Arti passi conservatore del Camposanto di Pisa». Una lapide datata 10 Giugno 1807 ricorda solennemente l’incarico conferito da Maria Luisa regina d’Etruria all’incisore veneto Carlo Lasinio di sopraintendere a uno dei più suggestivi edifici di Pisa. In quel tempo il Lasinio era occupato in una gigantesca impresa promossa dall’erudito poligrafo ed editore pisano Giovanni Rosini, che avrebbe reso il Camposanto conosciuto e ammirato dovunque: la riproduzione a stampa di tutti gli affreschi che si susseguono sulle pareti delle sue gallerie. Grazie alla quantità, alle dimensioni e alla affascinante qualità delle riproduzioni degli affreschi trecenteschi e quattrocenteschi essa avrà un grandissimo peso nell’accrescere in tutt’Europa l’interesse per i Primitivi.
Come ricorda Lasinio l’idea era partita dal Rosini, «uomo energico e per le speculazioni pronto». Questi lo aveva invitato a Pisa e accompagnatolo in Camposanto gli aveva illustrato gli affreschi interrogandolo sui costi che avrebbe comportato la riproduzione su rame in tavole di un braccio di ciascuno di essi, poi, senza spaventarsi della spesa, aveva immediatamente tutto messo in opera per far trasferire il Lasinio a Pisa, dove resterà più di trent’anni e iniziare a tambur battente l’opera che: «si fece in sette anni e costò quindicimila scudi». Nei primi anni l’attività del nuovo conservatore consisté nel portare avanti la grande impresa calcografica, nel riordinare l’edificio e le opere che ospitava, nel far restaurare gli affreschi particolarmente pericolanti. Una volta arrivata a buon punto l’impresa di riproduzione Lasinio progettò di creare all’interno del monumento un museo dell’antica arte toscana. L’idea di fare del Camposanto un museo ove fossero riunite le vetuste spoglie della passata gloria pisana era molto anteriore alla sua nomina a conservatore e risale alla metà del Settecento, ma quello che per gli eruditi patrioti pisani era stato un sogno, un progetto più o meno vago diviene, con l’indemaniazione dei beni ecclesiastici nel 1810, una concreta possibilità per la cui realizzazione Lasinio spiega una straordinaria attività sforzandosi di raccogliere in Camposanto sculture provenienti per la massima parte da Pisa e dai suoi dintorni. Raccoglie così capitelli, basi, colonne, pilastrini, plutei, cornici, vere da pozzo, architravi, acquasantiere, fronti di altari, lastre di pulpiti, mensole scolpite, frammenti di monumenti funebri, statue e rilievi che si trovavano in chiese secolarizzate, che erano finite ad ornare giardini, che erano semisepolte nei depositi dell’Opera, negli orti dei conventi o nelle aie delle fattorie: «Non vi era giorno che non acquistassi frammenti bellissimi per la storia delle arti» annoterà più tardi ricordando quegli anni eroici. Saranno antichità romane da aggiungere alla cospicua raccolta di sarcofagi classici reimpiegati nel Medioevo a uso di sepolture dei personaggi e delle famiglie più illustri e che erano stati trasportati ab antiquo in Camposanto, saranno sculture medievali e rinascimentali e insigni tavole primitive che poi prenderanno altra strada. Il progetto Lasinio fu di creare una raccolta che fosse di grande suggestione e nello stesso tempo permettesse di seguire la storia della scultura, attraverso il decadimento e il rinascere, una frase incisa su marmo Ultimus morientis et primus risorgentis artis gradus posta tra due sculture del XII secolo precisava questo intento. Per ottenere effetti particolarmente pittoreschi i pezzi furono accumulati secondo criteri scenografici mescolando, quando era il caso, frammenti antichi, medievali e rinascimentali in elaboratissimi pastiches dove un’acquasantiera romanica poteva servire da base a un pilastrino cinquecentesco su cui posava un’urna funeraria romana a sua volta utilizzata come mensola per sostenere un capitello medievale. Un gusto che richiamava un po’ quello contemporaneo di Alexandre Lenoir e del suo celeberrimo Musée des Monuments Français dove Michelet ricorda di aver scoperto giovanissimo la propria vocazione di storico. La raccolta riunita dall’infaticabile Lasinio e bene illustrata dal figlio Giovan Paolo nella Raccolta di Sarcofagi, Urne e altri monumenti di Scultura del Campo Santo di Pisa, uscita a dispense tra il 1814 e il 1825, trovò sostenitori entusiasti e avversari risoluti. Carlo Lasinio passò gran parte della sua vita (morì quasi ottantenne nel 1838) in polemiche e urti con le autorità ecclesiastiche e con gli eruditi locali, ma realizzò tra mille difficoltà e molte forzate rinunce il suo progetto. Con il passare degli anni questa straordinaria raccolta finì per essere pressoché dimenticata. Alcuni dei pezzi più celebri come i frammenti del pulpito di Giovanni Pisano o la tomba di Arrigo VII di Tino di Camaino rientrarono in cattedrale, altri furono selezionati per figurare al Museo Civico o nel Museo dell’Opera del Duomo mentre quello che era stato il più celebre monumento del Medioevo italiano il Camposanto, violentemente ferito dalla guerra e abbandonato, dopo gli stacchi e le infinite traversie, dai suoi affreschi, perdeva le sue attrattive e la sua reputazione. La mostra, frutto di un lungo lavoro di équipe, che ha visto attorno a Clara Baracchini e Mariagiulia Burresi della Soprintendenza pisana e ad Antonino Caleca lavorare accanitamente e con ottimi frutti giovani come Claudio Casini, Antonio Milone, Roberto Paolo Novello, è accompagnata da un catalogo veramente esemplare (cui hanno dato contributi assai interessanti anche Barbara Cinelli e Fulvia Donati) che attraverso i saggi, le schede, il ricco materiale iconografico, i grafici, le tavole sinottiche ricostruisce seguendo l’arrivo delle opere, la loro provenienza, i loro spostamenti, la collezione un tempo tanto celebre.
Tra le opere esposte non pochi sono i capolavori, talora scarsamente visibili, come il busto di gentildonna attribuito a Matteo Civitali che nell’Ottocento godette di una fama straordinaria che ne fece uno tra i più celebri ritratti rinascimentali, talora mortificati e ottenebrati da strati di sporco che li avevano profondamente menomati e di cui oggi, dopo opportuni interventi di pulitura (che in certi casi hanno permesso di ritrovare i resti dell’originale policromia come nella Madonna del Sepolcro Gherardesca), traspare l’eccezionale qualità. Si vedano, ad esempio, il sorprendente capitello del XII secolo con San Cristoforo, i vari gruppi provenienti da pulpiti romanici pisani oggi perduti, lo splendido frammento di leggio di Giovanni Pisano o le emozionanti sculture trecentesche della Spina. La mostra illumina così un episodio importante della storia del collezionismo e del gusto dei Primitivi e nello stesso tempo presenta testi assai significativi, e spesso completamente dimenticati, della scultura medievale e rinascimentale toscana facendo un nuovo passo verso la restituzione della straordinaria storia dello sfortunatissimo Camposanto pisano, un tempo il più celebre monumento del Medioevo italiano.
«I Marmi di Lasinio. La collezione di sculture medievali e moderne nel Camposanto di Pisa», Pisa, Museo Nazionale di San Matteo, fino al 15 novembre. Catalogo Spes.
La Galleria nord del Camposanto di Pisa secondo l’ordinamento dato da Carlo Lasinio. A destra «Madonna col Bambino», scultore vicino a Giovanni Pisano, 1320 circa. In alto, capitello istoriato del XII secolo, prima metà.
NOMI CITATI
- Baracchini, Clara
- Burresi, Mariagiulia
- Caleca, Antonino
- Casini, Claudio
- Cinelli, Barbara
- Civitali, Matteo
- Donati, Fulvia
- Enrico VII di Lussemburgo, imperatore del Sacro Romano Impero
- Giovanni Pisano
- Lasinio, Carlo
- Lasinio, Giovan Paolo
- Lenoir, Alexandre
- Maria Luisa Borbone, regina d’Etruria
- Michelet, Jules
- Milone, Antonio
- Novello, Roberto Paolo
- Rosini, Giovanni
- Soprintendenza di Pisa [Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Pisa e Livorno]
- SPES
- Tino di Camaino
LUOGHI E ISTITUZIONI CITATI
- Parigi,
o Musée des Monuments Français
- Pisa
o Accademia di Belle Arti
o Camposanto
o Chiesa di Santa Maria della Spina
o Museo dell’Opera del Duomo
o Museo Nazionale di San Matteo
Collezione: Il Sole 24 Ore
Citazione: Enrico Castelnuovo, “Il rianimator di marmi,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/11.