Clesio, committente un po’ impiccione (dettagli)
Titolo: Clesio, committente un po’ impiccione
Descrizione:
Stralci dal capitolo Antico già, hor tutto rinnovato, di Enrico Castelnuovo e Michela di Macco, sulle committenze del cardinale Bernardo di Clesio al Castello del Buonconsiglio di Trento (tratto da: Percorso nel Magno Palazzo, a c. di Enrico Castelnuovo, parte di Il Castello del Buonconsiglio, Trento, TEMI, 1995, vol. 1). L’articolo è pubblicato in occasione della presentazione del volume.
Una copia del volume è presente nel fondo librario dell’autore, conservato dalla Biblioteca storica d’Ateneo “Arturo Graf”.
Autore: Enrico Castelnuovo
Fonte: Il Sole 24 Ore, anno 131, n. 70, p. 33
Editore: Il Sole 24 Ore; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2024)
Data: 1995-03-12
Gestione dei diritti:
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale
Relazione: Inventario del fondo Enrico Castelnuovo, unità archivistica «Il Sole 24 Ore» (Archivio storico dell'Università di Torino)
Formato: application/pdf
Identificatore: Sole_16
Testo:
«Il Sole 24 Ore» – Domenica 12 marzo 1995, n. 70, p. 33
TRENTO
Un monumentale studio sul Palazzo Magno, l’ala rinascimentale del Castello del Buonconsiglio
Clesio, committente un po’ impiccione
Domani alle ore 18,00 nel Castello del Buonconsiglio di Trento verrà presentato il volume «Il Castello del Buonconsiglio» edito dalla Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto e curato da un pool di studiosi coordinati da Enrico Castelnuovo.
Con il volume sul castello del Buonconsiglio la prestigiosa collana bancaria giunge al suo decimo titolo, essendo cominciata nel 1986 con il tomo sugli affreschi della Torre Aquila dello stesso castello tridentino ed essendo poi proseguita con preziosi volumi sul Castello di Avio, sulle sculture lignee del Trentino, sugli arazzi del cardinal Clesio, e da ultimo con la serie dei volumi sul Duomo tridentino preso in considerazione nella sua veste architettonica, pittorica, scultorea e dell’arredo sacro.
Questo primo tomo sul Castello del Buonconsiglio (ne è previsto un secondo dove si tratterà in dettaglio il patrimonio pittorico e scultoreo del maniero) è dedicato per buona parte al vescovo Bernardo Clesio che volle trasformare il castello medievale in una sontuosa dimora rinascimentale facendovi aggiungere il cosiddetto Palazzo Magno. Dal capitolo sul committente del Palazzo Magno, redatto a quattro mani da Michela Di Macco ed Enrico Castelnuovo, traiamo uno stralcio che documenta la grande partecipazione del prelato a tutte le fasi di progettazione della sua dimora.
di Enrico Castelnuovo
Il nuovo palazzo Magno del vescovo tridentino Bernardo Clesio (1514-1539; cardinale dal 1530) doveva essere uno strumento del suo potere, un’arma della sua diplomazia, doveva proporre un’immagine della sua grandezza e del suo gusto.
Preso dai suoi pressanti e numerosissimi impegni politici e diplomatici Clesio diviene un attivissimo committente per corrispondenza. Volta a volta si indirizza ai sopraintendenti alla fabbrica, vuole controllare ogni spesa, ogni decisione, seguire, incoraggiare e se possibile accelerare con lettere personali il lavoro dei pittori, dei tagliapietra, dei muratori, dei carpentieri. Da Innsbruck o da Ratisbona, da Spira o da Linz, da Augusta, da Vienna o da Praga tempesta di lettere in italiano, in tedesco, in latino i sopraintendenti alla fabbrica, discute con Dosso, con il Romanino, con Marcello Fogolino, rimprovera della loro lentezza Alessio Longhi o Zaccaria Zacchi, si informa dei prezzi dei panni preziosi da Francesco ricamatore, richiede con insistenza consigli per la biblioteca a Erasmo e ad altri umanisti, si preoccupa che nel giardino non vengano coltivate «cose commune ... come biede, verze et lactuce», ma solamente «cose elette e rare» e ordina al giardiniere «...che a spese nostre vadi circum 30 et 40 milia investigando tutti gli giardini famosi».
Il cardinale ha fretta che la fabbrica venga finita, questo è un motivo dominante delle sue lettere, si preoccupa se i lavori languono, se le maestranze impiegate diminuiscono invece di crescere, si angoscia se non è possibile un’attendibile previsione di spesa: «la fabrica nostra meritamente si pol aecquiparare a l’hydra, perché non li possemo fare tante bone provisione che anchora de giorno in giorno non ne risulta novi articuli et bisogni» scrive il 2 gennaio del 1532. Discute con i pittori dei soggetti da dipingere, ma da buon diplomatico si inquieta che quelli proposti possano offender qualcuno: il Dosso «scrive che l’animo suo saria de depingere in quella bella camera una presa di Roma, del re di Franza ecc., como vedereti nui siemo de parer contrario per dui rispetti, l’uno per esser opera di grande tempo et spesa, l’altro per esser cosa molto odiosa saltem per rispetto di Roma: et poderia accadere che’l venisse (il papa) i suoi legati, nuncii, oratori, re di Francia, et vedendo loro quelle figure, pareria le fusseno fatte in dipresio».
Con previdenza, Clesio si assicura che il Palazzo possa godere di buoni apprezzamenti in qualunque stagione politica; l’iconografia specifica, di gradimento univoco, la riserva perciò per i doni privati.
In altri casi il cardinale rileva come certi soggetti non siano adatti per le funzioni di una sala e così, a proposito dei disegni che Dosso ha proposto per ornare la «Stuva granda», annota: «unde vedendonui ditti dissegni più presto esser cosa di giesia che convenirsi a un loco simile, più presto si conteneressimo de qualche pittura del testo vechio over qualche fabula de Ovidio, over de altra, secondo che vi paresse esser più al proposito».
In realtà il cardinale non è particolarmente interessato da cicli elaborati o da programmi complessi che possano occupare le pareti «voi sapeti che la mente nostra non è di far troppo figure nel vacuo del muro di sotto da li frisi» scrive ai soprintendenti. Di rado o quasi mai è questione di soggetti, ciò che gli importa è l’eleganza, la magnificenza e la ricchezza delle soluzioni, perciò scrive ad Andrea Crivello, suo uomo di fiducia «considerando la beleza, grandezza et altri adornamenti di essa sala, tu poi imaginarti di che sorte debba esser questo friso con ciò sia che molto desidereremo che’l sia vago, grande, riccho di oro».
Dalla sua corrispondenza emerge che il messaggio principale affidato alla pittura e alla scultura è quello di decorare sontuosamente le stanze. Quanto ai soggetti che il Dosso frequentemente gli prospetta, lo interessano poco; è pronto, e lo si è visto, a rifiutare temi troppo elaborati o troppo severi e chiesastici o ancora tali da offendere un augusto visitatore, meglio soggetti semplici e divertenti che l’artista proporrà lui stesso: «...circa le stancie le quali voressemo fusseno depinte di venatione et historie». Non si rivolge a consiglieri eruditi, volta per volta discute i programmi proposti dagli artisti, ne avanza altri e accetta che all’artista sia accordata una certa libertà, anche nella scelta dei soggetti. Il 4 settembre 1533 scrive ai soprintendenti alla fabbrica: «Havemo inteso per una di Zacharia Volaterano alchune cose che lui dise haver fatto ne la fabrica, et che inoltre il desiderava di haver il libero arbitrio de nui di adornare la fabrica in diversi lochi, secondo che li parerà il bisogno. Et perché el ne promette cose grande, volemo per qualche giorni in qualche cosa habia tal libertade».
«Vaghezza et sumptuositade», «perfetione et ornamento» sono i valori da tener presente. E attenzione particolare deve essere riservata ai «logi pubblici, come seria la stuva granda, la loza etc» alla loggia particolarmente «la qual sempre havemo desiderato si dovesse expedire, per essere una de le principal parte atte a rendere grandissimo ornamento a tutta essa fabrica». In questi «logi pubblici» devono essere evitate le ragioni di scandalo o di critica: «Havemo anchora inteso farsi a presente alchune figure, le quale non hanno quella venustade et proportione che doveriano; et in specie ni é stato referto de una Lucretia, la qual è in fronte de la scala che vien dal giardino: al che tanto più cura se li doveria havere, quanto il loco è più publico et in prospetto di tutti».
La sua attenzione si appunta in modo particolare sui camini, un elemento quanti altri mai caratterizzante, di cui uno spazio pubblico non poteva fare a meno: «... el ni pare di advisarvi del volto del torrion da basso, nel quale desidereremo li sia fatta una caminata (...) perché certo ditto volto non steria bene senza el suo camino». Attraverso sigle, blasoni, imprese, riferimenti classici, il camino esibisce gli aspetti aristocratici, la cultura del committente ed è tale da ritenere l’attenzione, conferisce alla sala un significato particolare. Sono anni in cui viene creato lo spettacoloso camino di Carlo V nella sala degli Scabini del Palazzo di Giustizia di Bruges (1529-1533), un incontro impressionante tra gotico flamboyant e manierismo, con rilievi in marmo nero e sculture in legno. Al Clesio vengono sottoposti progetti e disegni ed egli esprime le sue preferenze su quanto gli viene proposto: «De tutti li dessegni di camini, havemo elletto quelli de m. Dosso. El ne par che quelli de m. Dosso sia più laudabili».
Castello del Buonconsiglio di Trento, particolare dello stemma di Bernardo Clesio, volta della Sala d’ingresso al Magno Palazzo
NOMI CITATI
- Carlo V d’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero
- Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto [Fondazione CARITRO]
- Clesio, Bernardo
- Crivello, Andrea
- Di Macco, Michela
- Dosso Dossi [Giovanni Francesco di Niccolò Luteri]
- Erasmo da Rotterdam
- Fogolino, Marcello
- Francesco [ricamatore]
- Longhi, Alessio
- Ovidio Nasone, Publio
- Romanino [Girolamo Romani]
- Zacchi, Zaccaria
LUOGHI E ISTITUZIONI CITATI
- Augusta [Germania]
- Avio [Trento]
o Castello di Avio
- Bruges [Belgio]
o Palazzo di Giustizia
Sala degli Scabini
- Innsbruck [Austria]
- Linz [Austria]
- Praga [Repubblica Ceca]
- Ratisbona [Germania]
- Roma
- Spira [Germania]
- Trentino
- Trento
o Castello del Buonconsiglio
Magno Palazzo
Torre Aquila
o Cattedrale di San Vigilio [Duomo]
- Vienna [Austria]
Collezione: Il Sole 24 Ore
Citazione: Enrico Castelnuovo, “Clesio, committente un po’ impiccione,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/111.