Esercizi di penna e scalpello (dettagli)
Titolo: Esercizi di penna e scalpello
Descrizione:
Recensione dell’opera: Massimiliano Rossi, La poesia scolpita. Danese Cataneo nella Venezia del Cinquecento, Lucca, Maria Pacini Fazzi Editore, 1995. Presentando Cataneo, Castelnuovo si focalizza sul suo duplice ruolo di artista e di letterato, offrendone un ritratto all’interno del contesto erudito in cui operava.
Una copia dell’opera è presente nel fondo librario dell’autore, conservato dalla Biblioteca storica d'Ateneo "Arturo Graf".
Autore: Enrico Castelnuovo
Fonte: Il Sole 24 Ore, anno 132, n. 55, p. 35
Editore: Il Sole 24 Ore; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2024)
Data: 1996-02-25
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Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale
Relazione:
Formato: application/pdf
Identificatore: Sole_29
Testo:
«Il Sole 24 Ore» – Domenica 25 febbraio 1996, n. 55, p. 35
SCAFFALART
La singolare figura di Danese Cataneo, scultore e poeta del Cinquecento
Esercizi di penna e scalpello
di Enrico Castelnuovo
Un bel libro di Massimiliano Rossi, La poesia scolpita. Danese Cataneo nella Venezia del cinquecento, primo volume di una collana di studi e testi rinascimentali dal nome evocativo di Morgana, diretta da Lina Bolzoni per Maria Pacini Fazzi di Lucca, parla di un grande scultore del Cinquecento e di un problema vasto e affascinante, quello del rapporto tra poesia e arti figurative, dell’ut pictura poesis nel Cinquecento.
Danese Cataneo, nato a Colonnata di Carrara nel cuore delle Apuane nel 1509, fu, infatti, scultore e poeta. Come poeta ebbe, al suo tempo, rinomanza, fu letto, discusso, additato a esempio. Pubblicò ventiquattro canti di un poema epico, un campo di cui fu un riconosciuto innovatore, Dell’amor di Marfisa, e lasciò inedito un altro poema, La Teseide. Torquato Tasso, che per la concezione della Gerusalemme aveva molto appreso dalla Marfisa e che stette qualche tempo presso di lui a Venezia, ne parla nel 1562 nella prefazione al suo Rinaldo come di uno dei propri maestri, autore di un «poema a imitazione degli antichi e secondo la strada ch’insegna Aristotile, per la quale ancor me egli esortò a caminare» e vent’anni dopo la sua morte gli dedica un dialogo, Cataneo, overo de le Conclusioni Amorose. Come scultore fu compagno di Andrea Sansovino: con lui approdò a Venezia, lasciando Roma dopo il Sacco durante il quale subì, secondo il Vasari, molte traversie; con Sansovino collaborò alla Zecca e alla Loggetta. Si affermò poi a Padova nel 1548 con una commissione da tutti i punti di vista importantissima e innovatrice: l’epitaffio di Pietro Bembo al Santo. In questa opera fece piazza pulita del consueto repertorio iconografico che ingombrava le tombe dei dotti con quantità di attributi, libri, carte, penne, calamai, leggii, clessidre, tavolette e via dicendo. La soluzione che adottò fu semplicissima: un fulminante busto di marmo posto sopra una stringata epigrafe elogiativa redatta da Paolo Giovio, il tutto appoggiato a un pilastro e inquadrato da un’edicola all’antica, in cui due coppie di colonne scanalate sovrastate da capitelli corinzi reggono un frontone. Una soluzione classica per cui si è fatto il nome di Palladio, ma che ricorda anche contemporanei frontespizi librari. A Padova eseguì ancora al Santo il busto di Tommaso Contarini, per il suo monumento, a Verona la statua onoraria di Gerolamo Fracastoro che sovrasta l’Arco delle Fogge in Piazza delle Erbe e un monumento imponente dalla sottile iconografia, quello di Giano II Fregoso in Santa Anastasia e a Venezia, con l’allievo Girolamo Campagna, il monumento al doge Leonardo Loredan in San Zanipolo.
Di artisti letterati nel Cinquecento ce ne furono molti da Michelangelo a Bronzino, a Benvenuto Cellini, a Giorgio Vasari e a tanti altri ed è stata anche questa una delle strade percorse per giungere alla legittimazione e alla promozione sociale dell’artista. Spesso, però, l’attività letteraria fu limitata al campo della trattatistica, della storiografia, dell’autobiografia, oppure appare in seconda posizione rispetto a quella artistica. Quello del Cataneo è un caso-limite, in quanto egli oscilla veramente tra i due campi da cui è riconosciuto come un professionista e, anzi, un protagonista, tanto che finisce per chiedere consiglio all’Aretino. Questi, riconoscendone il gran talento letterario, lo fa cosciente delle difficoltà pratiche – nel senso più immediato, quello del sostentamento – che la professione di letterato può comportare e raccomandandogli «di essercitar la penna ne le carte se bene il pensier vostro è di porre lo scalpello nei marmi» lo esorta «Sì che ubidite a lo influsso ancor che il pane non lo consenta».
Di volta in volta Cataneo partecipa a tutti gli ambiti letterari dominanti in Veneto nel Cinquecento, da quello di Alvise Cornaro a quello di Sperone Speroni e, pur frequentando l’Aretino, a quello assai esclusivo di Trifon Gabriele e di Giangiorgio Trissino. Ciò gli valse grande considerazione nel campo dei letterati e lo pose in condizione privilegiata nel confronto con i committenti ai quali poteva addirittura modificare un programma iconografico, come accade per la statua progettata per il cortile della Zecca veneziana. I responsabili dell’impresa avrebbero voluto avervi una Giustizia, «ma – scrive il Vasari – il Danese considerò che in quel luogo il Sole è più a proposito». E manca poco che lo scultore-letterato non li persuadesse a erigere un complesso monumento al trimetallismo. Infatti – seguita il Vasari – «avrebbevi voluto fare il Danese due altre statue e quella della Luna per l’argento e quella del Sole per l’oro et un’altra per lo rame: ma bastò a que’ Signori che vi fusse quella dell’oro come del più perfetto di tutti gl’altri metalli».
Nel Cataneo non solo l’idea, il progetto intellettuale, ma la realizzazione è di altissima qualità, il ritratto del Bembo è uno dei grandi ritratti scolpiti del Cinquecento e finissimi sono i rilievi bronzei (Cataneo fu uno dei massimi bronzisti del secolo) e le figure allegoriche del monumento Loredan. Non solo, quelle innovazioni che il Danese si era studiato di portare in campo letterario, per esempio al poema epico, cercava d’introdurle nei programmi iconografici e nella concezione e nella fattura delle sue sculture. L’aver giocato su due tavoli non gli fu, però, favorevole e il giovane Alessandro Vittoria, lavoratore accanito, a tutto disposto, sempre presente e operoso, finì per avere più commissioni e più fama postuma di lui.
Massimiliano Rossi realizza, con questo libro, un’opera di frontiera – proprio come nei propositi della collana, di frontiera tra poesia e scultura, tra storia culturale e storia sociale, seguendo le amicizie, le strategie, le riflessioni, le perplessità del Danese, la sua posizione nei due campi, la sua mente e la sua mano. E, non ultima, la sua fortuna o la sua rivelatrice sfortuna. In un tempo in cui dopo gli entusiasmi interdisciplinari si torna con severa contrizione allo specifico e al suo splendente e un tantino soffocante hortus conclusus, questa è una lettura quanto meno stimolante.
M. Rossi, «La poesia scolpita. Danese Cataneo nella Venezia del ‘500», Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca 1995, pagg. 308, L. 40.000
Danese Cataneo, «Busto di Lazzaro Bonamico», Bassano, Museo Civico
NOMI CITATI
- Aretino, Pietro
- Aristoteles
- Bembo, Pietro
- Bolzoni, Lina
- Bonamico, Lazzaro
- Bronzino [Agnolo di Cosimo]
- Campagna, Girolamo
- Cataneo, Danese
- Cellini, Benvenuto
- Contarini, Tommaso
- Cornaro, Alvise
- Fracastoro, Girolamo
- Fregoso, Giano II, doge della Repubblica di Genova
- Giovio, Paolo
- Loredan, Leonardo, doge della Repubblica di Venezia
- Michelangelo
- Pacini Fazzi [Maria Pacini Fazzi Editore]
- Palladio, Andrea
- Rossi, Massimiliano
- Sansovino [Andrea Contucci]
- Speroni, Sperone
- Tasso, Torquato
- Trifone, Gabriele
- Trissino, Gian Giorgio
- Vasari, Giorgio
- Vittoria, Alessandro
LUOGHI E ISTITUZIONI CITATI
- Bassano del Grappa [Vicenza]
o Museo civico di Bassano del Grappa
- Colonnata [Carrara, Massa-Carrara]
- Padova
o Basilica di Sant’Antonio di Padova
- Roma
- Venezia
o Basilica Santi Giovanni e Paolo
o Loggetta del Sansovino
o Palazzo della Zecca
- Verona
o Basilica di Santa Anastasia
o Piazza delle Erbe
Collezione: Il Sole 24 Ore
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Citazione: Enrico Castelnuovo, “Esercizi di penna e scalpello,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/128.