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Titolo: Pittori primitivi in Piemonte

Descrizione: Recensione dell’opera: Primitivi piemontesi nei Musei di Torino, a c. di Giovanni Romano, Torino, Fondazione CRT e Cassa di Risparmio di Torino (Arte in Piemonte, 10), 1996. Castelnuovo offre un bilancio degli studi sulla pittura piemontese nel XIV e XV secolo da cui ne è partita la riscoperta, ripercorrendo alcune tra le mostre fondamentali:

  • Gotico e Rinascimento in Piemonte (Torino, Palazzo Carignano, 1938-1939), a c. Vittorio Viale;
  • Valle di Susa. Arte e storia dall'XI al XVIII secolo (Torino, Galleria civica di arte moderna, 12 marzo-8 maggio 1977), a c. di Giovanni Romano;
  • Giacomo Jaquerio e il gotico internazionale (Torino, Palazzo Madama, aprile-giugno 1979), a c. di Enrico Castelnuovo e Giovanni Romano;
  • Il tesoro della città. Opere d’arte e oggetti preziosi da Palazzo Madama (Stupinigi [Torino], Palazzina di caccia, 31 marzo-8 settembre 1996), a c. di Silvana Pettenati e Giovanni Romano.
Non manca di ricordare il giudizio di Luigi Lanzi sul Piemonte, descritto come terra di confine colpita da guerre e pertanto priva di una scuola pittorica antica, parere questo che ha pesato a lungo sulla fortuna critica della pittura di questa regione (tratto dalla prima edizione della Storia pittorica della Italia, tomo secondo, parte seconda, p. 348).

Autore: Enrico Castelnuovo

Fonte: Il Sole 24 Ore, anno 133, n. 11, p. 33

Editore: Il Sole 24 Ore; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2024)

Data: 1997-01-12

Gestione dei diritti: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale

Relazione: Inventario del fondo Enrico Castelnuovo, unità archivistica «Il Sole 24 Ore» (Archivio storico dell'Università di Torino)

Formato: application/pdf

Identificatore: Sole_35

Testo: «Il Sole 24 Ore» – Domenica 12 gennaio 1997, n. 11, p. 33



ITALIA PICTA

Pittori primitivi in Piemonte

Ricostruita la civiltà figurativa della Regione dal Gotico al Rinascimento attraverso una capillare ricognizione in musei e biblioteche torinesi



di Enrico Castelnuovo
Negli ultimi decenni la conoscenza della pittura piemontese del Tre e del Quattrocento è grandemente aumentata, si sono tenute importanti mostre (quella sulla Val di Susa del 1977, quella di Jaquerio nel 1979), sono state scoperte tavole firmate, sono stati resi leggibili tramite puliture e restauri cicli e opere mortificati da imbratti e da ridipinture, sono state fatte sortire dal limbo dell’anonimato opere significative, sono state accertate date, sono stati ricomposti polittici, sono stati scritti libri e saggi. In una parola è stata risarcita in molti suoi snodi, restituita in molti suoi protagonisti, una cultura figurativa che era stata appassionatamente indagata da Alessandro Baudi di Vesme, da Anna Maria Brizio, da Noemi Gabrielli e da Vittorio Viale, che l’aveva presentata con eclat nella mostra torinese del 1939 Gotico e Rinascimento in Piemonte (un esemplare del cui catalogo – apprendiamo – è nella biblioteca di Roberto Longhi fittamente e cripticamente annotato in attesa di decifrazione), ma che fuori dalle frontiere della regione era rimasta generalmente trascurata, forse per una perdurante vischiosità che faceva volentieri accogliere il celebre giudizio dell’abate Lanzi: «Il Piemonte per la sua situazione è Paese guerriero; e se ha il merito di avere al resto d’Italia protetto l’ozio necessario per le belle arti, ha lo svantaggio di non averlo mai potuto proteggere durevolmente a se stesso».
Oggi non è più così. Si direbbe anzi che proprio le eccentricità, le ibridazioni, le diversità di questa cultura abbiano attirato l’interesse degli storici dell’arte. Un fatto cruciale è poi che alcuni dei dispersi testi della pittura piemontese, amorosamente inseguiti e stanati, siano stati acquistati dai musei torinesi o a essi donati come ha mostrato ad abundantiam la bella mostra tenutasi l’estate scorsa nel castello di Stupinigi e intitolata Il Tesoro della Città, dove accanto a una selezione dei pezzi e delle serie più significative del Museo Civico di arte antica di Torino sono stati presentati gli acquisti degli ultimi decenni. Acquisti – e doni – tempestivi e mirati, attenti ad assicurare ai musei cittadini opere significative, e per la loro qualità, e perché, firmate e talvolta datate, potevano costituire dei punti di riferimento sicuri per ricostruire la vicenda delle arti in Piemonte. A titolo di esempio varrà la pena di ricordare tra i tanti casi quello del singolare altarolo firmato da Pietro d’Alba, pittore langarolo documentato a Genova tra 1385 e 1401, segnalato quando era in collezione privata da Federico Zeri e acquistato nel 1995, o il trittico (o piuttosto frammento di un polittico di cui alcune parti del registro superiore si trovano oggi alla Spezia nel museo Lia) firmato e datato Anno M.o CCCCXXXV Guillelmus pinxit in Cherio, pubblicato da Mauro Natale e immediatamente acquistato, nel 1983, dai Musei torinesi. Il corpus di questo pittore chierese, di cognome Fantini, era stato già precedentemente adunato e ricomposto sotto il nome di Maestro di Pecetto nella mostra torinese tenutasi nel 1979 a Palazzo Madama su Giacomo Jaquerio e l’arte del Ducato di Amedeo VIII, che fu una tappa significativa nella ricostruzione di questa cultura.
Oggi la Cassa di Risparmio di Torino dedica il decimo volume della sua collana Arte in Piemonte, curata da Giovanni Romano, ai Primitivi piemontesi nei musei di Torino e oggi, grazie agli studi infittitisi, alle ricognizioni, alle maggiori conoscenze accumulatesi, alla politica di acquisti dei musei torinesi, all’attiva presenza della Crt non solo nel promuovere le opere di questa collana, ma anche nell’intervenire a favore dei musei e delle loro collezioni, un’opera simile è possibile. Ed è possibile grazie alla lunga fedeltà con cui Giovanni Romano, prima nella Soprintendenza alle Gallerie, poi nell’Università di Torino, ha portato avanti una rete di ricerche che ha in più di un caso mutato le nostre conoscenze. Una scorsa alla bibliografia (che comprende anche le recenti tesi condotte all’Università di Torino sotto la sua direzione) ce ne renderà edotti.
Il saggio di Romano in questo volume riprende e illumina, con nuove proposte, nuove letture d’archivio, nuove opere, un periodo cruciale della pittura subalpina, quello che va Da Giacomo Pitterio ad Antoine de Lonhy, come appunto suona il suo titolo, e che comprende in pratica tutto il Quattrocento, o almeno la massima parte di esso, nel Piemonte occidentale. Giacomo Pitterio è un pallido pittore alessandrino di cultura lombarda cui venne affidato, agli inizi del Quattrocento, il polittico per l’altar maggiore della chiesa dell’Abbazia di San Michele della Chiusa (conservato in parte alla Pinacoteca sabauda); Antoine de Lonhy, uno dei protagonisti di questo volume, è un grande artista cosmopolita, pittore, miniatore, maestro vetrario, originario di Tolosa, operoso, tra il 1446 e il 1462, a Barcellona, in Borgogna e in Piemonte alla corte dei Savoia in Avigliana. Fu resuscitato qualche anno fa da François Avril che ne ricostruì l’attività di miniatore e da Giovanni Romano che gli restituì il capolavoro della pittura piemontese del Quattrocento, la Trinità di Torino.
La presenza in Piemonte di questo artista tolosano, attivo in Catalogna e in Borgogna, è emblematica e rivelatrice di quella cultura di frontiera che il Piemonte occidentale dovette alla sua situazione geografica e alla frequente presenza di una corte che era di casa sui due versanti delle Alpi. In qualche modo – e con diversa cultura – fu l’erede di Giacomo Jaquerio, che nella prima metà del secolo era stato sempre in moto tra Torino, Pinerolo, Chieri, Ginevra, Thonon con punte sino ad Avignone. La ricostruzione di Lonhy è in progress, in questo volume viene segnalata l’antica presenza in Piemonte di sette se non otto suoi polittici testimoniata dall’esistenza di tavole o di frammenti che dovettero farne parte, oltre agli affreschi scoperti alla Novalesa e a un altro, staccato, oggi nei Musei civici torinesi. Le notizie documentarie su questo pittore si arrestano al 1462 (ma un codice a lui riferito è del 1475), ora con le attribuzioni proposte si arriva facilmente alla soglia del Cinquecento. Ci si può domandare se questo nome non venga a indicare una tendenza, una tradizione, un indirizzo.
La geografia artistica del Piemonte quattrocentesco è variegata: accanto all’area occidentale, all’ombra della corte, esiste un’area meridionale a cavallo delle Alpi Marittime con una sua cultura, dove gli apporti mediterranei e quelli alpini si intrecciano e si fondono; un territorio esplorato in due saggi molto ramificati e stimolanti di Elena Rossetti Brezzi (che segue una traccia che porta da Barnaba da Modena a Pietro d’Alba ad Andrea de Aste, ad Antonio Monregalese) e Vittorio Natale che per colli e per strade indaga sugli artisti itineranti tra il cuneese e il nizzardo. Esistono centri come Asti, come Alba con pittori di notevole personalità quali Gandolfino di Roreto qui indagato con intelligenza da Simone Baiocco che ne studia la complessa cultura e la singolare predilezione per il tema germanico della Heilige Sippe – la Santa Parentela di Maria – o il romanista Macrino d’Alba, caro nella primissima gioventù all’albese Roberto Longhi, di cui bene si occupa Edoardo Villata. Attraverso le collezioni dei musei di Torino una nuova storia dei primitivi piemontesi prende forma.
«Primitivi Piemontesi nei Musei di Torino», a cura di Gianni Romano, Cassa di Risparmio di Torino, Torino 1996, pagg. 364, s.i.p.

Macrino d’Alba, «Stimmate di San Francesco e ritratto del donatore Enrico Balistero», (particolare), Torino, Galleria Sabauda; Pietro Vaser, «Fuga in Egitto», (particolare di vetrata), Torino, Museo Civico d’Arte Antica 
NOMI CITATI

- Andrea d’Asti
- Antoine de Lonhy
- Antonio da Monteregale
- Avril, François
- Baiocco, Simone
- Balistero, Enrico
- Barnaba da Modena
- Baudi di Vesme, Alessandro
- Brezzi Rossetti, Elena
- Brizio, Anna Maria
- Cassa di Risparmio di Torino [Fondazione CRT]
- Fantini, Guglielmo
- Francesco d'Assisi, san
- Gabrielli, Noemi
- Gandolfino di Roreto [Gandolfino d’Asti]
- Jaquerio, Giacomo
- Lanzi, Luigi Antonio
- Longhi, Roberto
- Macrino d’Alba
- Maestro di Pecetto [vedi Guglielmo Fantini]
- Natale, Mauro
- Natale, Vittorio
- Pietro d’Alba
- Pitterio, Giacomo
- Romano, Giovanni
- Savoia [famiglia]
- Soprintendenza alle Gallerie di Torino [Soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Torino]
- Vaser, Pietro
- Viale, Vittorio
- Villata, Edoardo
- Zeri, Federico


LUOGHI E ISTITUZIONI CITATI
- Alba [Cuneo]
- Alpi marittime
- Asti
- Avigliana [Torino]
- Avignone [Francia]
- Barcellona [Spagna]
- Borgogna [Francia]
- Catalogna [Spagna]
- Chieri [Torino]
- Genova
- Ginevra [Svizzera]
- La Spezia
○ Museo Civico Amedeo Lia
- Novalesa [Torino]
○ Abbazia dei Santi Pietro e Andrea
- Piemonte
- Pinerolo [Torino]
- Sant’Ambrogio di Torino [Torino]
○ Sacra di San Michele [Abbazia di San Michele della Chiusa]
- Stupinigi [Torino]
○ Palazzina di caccia
- Thonon-les-Bains [Francia]
- Tolosa [Francia]
- Torino
○ Galleria Sabauda [Musei Reali Torino]
○ Museo Civico [Palazzo Madama]
○ Università degli Studi di Torino
- Val di Susa [Piemonte]

Collezione: Il Sole 24 Ore

Citazione: Enrico Castelnuovo, “Pittori primitivi in Piemonte,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/134.