L'Orsanmichele svelato (dettagli)
Titolo: L'Orsanmichele svelato
Descrizione:
Recensione dell’opera: Orsanmichele a Firenze, a c. di Diane Finiello Zervas, Modena, Franco Cosimo Panini, 1996, 2 voll. La presentazione dell’impresa editoriale, parte della collana Mirabilie Italiae, dà occasione a Castelnuovo di ripercorrere le principali tappe della storia del monumento, focalizzandosi sugli artisti, sui committenti e sulle opere più significative. Sulla collana si era già soffermato per l’uscita dei primi due volumi, La Galleria delle carte geografiche in Vaticano e Il Battistero di San Giovanni a Firenze (recensiti su «La Stampa») e di Il Duomo di Pisa (recensito su «Il Sole 24 Ore»).
Una copia dell’opera è presente nel fondo librario dell’autore, conservato dalla Biblioteca Storica d'Ateneo "Arturo Graf".
Autore: Enrico Castelnuovo
Fonte: Il Sole 24 Ore, anno 133, n. 39, p. 33
Editore: Il Sole 24 Ore; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2024)
Data: 1997-02-09
Gestione dei diritti:
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Relazione:
Formato: application/pdf
Identificatore: Sole_38
Testo:
«Il Sole 24 Ore» – Domenica 9 febbraio 1997, n. 39, p. 33
MIRABILIA ITALIAE
La ricognizione fotografica generale di tutti i particolari architettonici, scultorei e vetrari del monumento
L’Orsanmichele svelato
di Enrico Castelnuovo
«Appresso al Palazzo, e Piazza de’ Priori a passi cinquecento, o circa, è un oratorio di maravigliosa bellezza, lavorato tutto di pietra concia, e scarpellato posto insu pilastri volti in archi con maravigliosi intagli di pietra. Dalla parte di fuori de’ detti pilastri v’è dentro un Santo di marmo intagliato, e quale d’alabastro e quale è di bronzo di maravigliosa bellezza, e di sopra al detto Oratorio è tutto a beccatelli con archiccioli, ne’ quali in ciascuno è dipinto un Angiolino di differenziati colori; e dentro è tutto storiato di maravigliose figure con infiniti occhi, e finestre di vetri intagliati di diverse Storie, e maravigliose. Nel quale Oratorio v’è dentro una Cappella tutta lavorata di marmo nella quale è l’immagine di Nostra Donna nel quale il popolo à grandissimi divizione, che cercando tutto il Mondo non si troverebbe una pari a quella».
Così Goro Dati descrive nella sua Istoria di Firenze, cominciata nel 1409, l’Oratorio di Orsanmichele, uno dei più illustri monumenti della sua città. Ora Diane Zervas una studiosa del Quattrocento fiorentino che da più di vent’anni si occupa della costruzione e della decorazione di questa peculiarissima chiesa (ha appena pubblicato nella collana dell’Istituto di Studi Rinascimentali di Ferrara una corposa raccolta Orsanmichele: The Documents 1336-1452), la presenta e la illustra con vasta dottrina e con quell’eccezionale minuzia di particolari che distingue la collana Mirabilia Italiae di Franco Cosimo Panini.
Impresa ed emblema civico per eccellenza, espressione della città, del suo partito dominante, di quelle potenti organizzazioni di categoria che furono le Arti, mercato del grano, luogo di devozione, di carità e di misericordia dove la Compagnia di Orsanmichele svolse la sua attività assistenziale, spazio di operosità e di aggregazione di eccezionali talenti artistici, da Andrea Pisano a Bernardo Daddi ad Andrea Orcagna, da Niccolò di Pietro Lamberti a Nanni di Banco, da Donatello a Ghiberti, Orsanmichele è uno degli edifici di culto più singolari e ricchi d’arte e di storia che conti Firenze.
Perché Orsanmichele? Il nome deriva dall’orto di San Michele, una chiesa dipendente dai benedettini di Nonantola che andò distrutta verso il 1240. Lo spazio su cui essa sorgeva divenne una piazza comunale dove si svolgevano attività civiche ed economiche e fu presto associata con il partito guelfo, che dominava la vita della città. Era circondata da edifici utilizzati come sede del comune (prima della costruzione del palazzo detto del Bargello) e come tribunali e su di essa si stabilì il mercato comunale del grano e sorse una loggia. Nello stesso tempo era luogo di culto e di devozione. Per festeggiare la vittoria di Campaldino contro i ghibellini aretini ottenuta l’11 giugno del 1289, giorno di San Barnaba, vi fu eretta un’edicola dedicata al santo; su un pilastro della loggia era poi una immagine miracolosa della Vergine e in onore di questa per cantarne le laudi si costituì il 10 agosto 1291, giorno di San Lorenzo, patrono dei fornai fiorentini e quindi in diretto rapporto con la loggia del grano, una confraternita laica, destinata a un grande avvenire.
Entro questo spazio civico segnato dall’impronta della parte guelfa, caro alla devozione popolare e consacrato al commercio e alla attività caritatevole del comune, a onore e decoro e ornamento della città decise nel 1336 di erigere un nuovo palazzo. Erano anni gloriosi per la storia fiorentina, anni di grandi imprese costruttive e di eccezionali commissioni artistiche: le porte in bronzo di Andrea Pisano per il Battistero erano appena state inaugurate, cresceva la fabbrica del Duomo, si iniziava quella del Campanile; in pochi decenni la popolazione della città era raddoppiata. Il progettista del nuovo edificio fu verisimilmente Andrea Pisano che successe a Giotto come capomaestro dell’Opera del Duomo. Secondo la Cronica di Giovanni Villani sopra la loggia doveva sorgere «un magnifico e gran palagio con due volte, ove si governasse e guardasse la provvisione del grano per lo popolo». All’oratorio della Vergine cui accudiva la Compagnia di Orsanmichele venne riservato all’interno della loggia uno spazio adeguato. Via via il progetto divenne sempre più impegnativo: fu deciso infatti di collocare dei tabernacoli sui pilastri esterni con le immagini dei santi protettori della parte Guelfa e delle dodici arti principali (le cinque maggiori e le sette medie). Il mercato del grano diventava un visibile monumento delle corporazioni di cui manifestava la presenza proprio nel monumento in cui una riforma elettorale dava loro maggior peso nel reggimento della città. Tre potenti istituzioni, le Arti, il Comune e la Compagnia di Orsanmichele si affiancarono così nella costruzione e nella decorazione dell’edificio.
Si preparavano tempi duri per la città, crisi finanziarie agricole ed anche politiche. Il breve reggimento del Duca d’Atene ebbe precipitosa fine il giorno di Sant’Anna del 1343 e la loggia del grano divenne luogo di un nuovo culto, quello della santa eretta a patrona del Comune; qui doveva venire commemorata la libertà riacquistata nel giorno sacro alla madre della Vergine. La Compagnia ordinò in quegli anni a Bernardo Daddi una grande immagine della Madonna con il bambino in trono e otto angeli, per sostituire la precedente che a sua volta aveva rimpiazzato la miracolosa effigie distrutta in un incendio nel 1304. Nel 1348 scoppiò la terribile epidemia che dimezzò la popolazione della città e questo fatto causò un sensibile rallentamento nei lavori. In verità proprio a causa della peste la Compagnia di Orsanmichele ricevette in quel periodo numerosissimi lasciti da chi in punto di morte sperava di acquisire l’indulgenza per i propri peccati, ma la situazione l’obbligò a fare dei grossi prestiti al Comune. Terminata con un certo ritardo la copertura della loggia la Compagnia deliberò nel 1352 di commissionare ad Andrea Orcagna, artista polivalente, pittore, scultore, architetto il più celebre del tempo un grandioso tabernacolo-oratorio per accogliere la grande tavola del Daddi. I lavori durarono poco meno di una decina d’anni al termine dei quali l’Orcagna pose orgogliosamente la sua firma sull’opera: Andreas Cionis pictor florentinus Oratorii Archimagister extitit huius MCCCLIX. Per essa vennero profuse grandi somme di denaro – un cronista, Marchionne di Coppo Stefani, parla addirittura di 86.000 fiorini – e fu costruita e decorata con i materiali più sfarzosi e pregiati in una profusione di marmi, vetri, mosaici, bronzi. Ne nacque un esempio sommo di architettura scolpita e alta in colore, emblematico di un ornatissimo gotico italiano dove si incrociavano esperienze e proposte diverse, la smagliante policromia della tradizione romana, le guglie slanciate e spigolose irte di pinnacoli del design gotico e la cupola, un problema centrale nei progetti fiorentini di quel tempo. E su tutta la costruzione si dispiegò la decorazione scultorea che esaltava nelle sue immagini il culto mariano.
Lo splendido tabernacolo, ben poco conosciuto nella sua complessità e che in questo libro viene finalmente considerato non solo come un’opera di scultura, ma come una importante architettura con una spazialità e con soluzioni sue proprie, trova compiuta illustrazione nel rilievo che ne è stato fatto e nei saggi di Giuseppe Rocchi, Claudio Pisetta e Giulia Maria Vitali. L’erezione di un tale monumento, che quando la loggia era aperta doveva vedersi da lontano tutto rutilante di marmi e di colori, fu determinante per mutare la destinazione dell’edificio e fu proprio a causa della sua bellezza e della sua importanza che la Signoria decise di trasferire altrove il mercato del grano permettendo alla Compagnia di impadronirsi della loggia per farne il suo oratorio. L’intero spazio della loggia venne così ad essere sacralizzato e le Arti presero una serie di iniziative per onorare all’interno i propri santi protettori con tavole dipinte ed affreschi.
Fu l’inizio di un nuovo capitolo nella storia di Orsanmichele. Le arcate aperte verso l’esterno vennero chiuse e ornate di elaborati trafori progettati da Simone di Francesco Talenti, fu eseguito un nuovo e lussuoso pavimento in marmo nero rosso e bianco, si iniziò a invetriare la parte superiore degli archi verso l’esterno. Cresceva nel frattempo la sua vocazione di tempio civico: dopo quelle di San Barnaba e di Sant’Anna fu promulgata una festa in onore di San Giuliano per commemorare il giorno della sconfitta dei Ciompi e l’arte degli Albergatori di cui era patrono ne curò l’immagine e il culto. Via via le arti minori vennero autorizzate a celebrare con immagini all’interno dell’oratorio i loro santi patroni. In poco tempo l’interno della chiesa, le pareti e i pilastri vennero coperti di dipinti che rappresentavano le immagini e le azioni dei santi protettori delle arti. La documentazione che ne viene data nel volume è ricchissima e rappresenta una importante novità, trattandosi di opere poco studiate o addirittura inedite.
Anni cruciali per Orsanmichele furono quelli tra il 1382 e il 1434, dalla sconfitta dei Ciompi all’avvento dei Medici. Negli ultimi decenni del Trecento una parte importante nello stabilire e promuovere programmi iconografici ebbe un letterato estremamente attento ai problemi delle immagini e intendente di pittura, Franco Sacchetti che occupò ruoli importanti nella Compagnia di Orsanmichele di cui negli ultimi tredici anni della vita fu Operaio. Fu lui a stabilire il complesso programma della decorazione delle volte attuata (secondo Miklòs Boskovits) da Niccolò di Pietro Gerini, Spinello, Ambrogio di Baldese, Mariotto di Nardo. Venivano qui illustrate attraverso le immagini di singoli personaggi, quattro femminili e quattro maschili, posti entro le vele, i tre grandi periodi della storia dell’uomo: quello ante legem, prima della legge mosaica, quello sub lege e infine il più recente dopo la venuta di Cristo, quello sub gratia. Fu sempre il Sacchetti che elaborò il raro programma iconografico delle vetrate, dedicate ai miracoli della Vergine, che venne svolto nelle dodici lunette che illuminano la parte orientale dell’oratorio. Esse, realizzate su disegni dei migliori pittori operanti a Firenze sullo scorcio del secolo da Agnolo Gaddi a Niccolò di Pietro Gerini a Giovanni del Biondo danno prova di una vivacissima verve narrativa e di una alta e costante qualità dovuta alla grande competenza e capacità del maestro vetraio che le eseguì, Niccolò di Pietro Tedesco che aveva lavorato anche in Duomo.
La tappa successiva vide nascere le opere che hanno reso celebre dappertutto il nome di Orsanmichele. Si rinnovarono o si eseguirono ex novo sui pilastri all’esterno della chiesa i tabernacoli e le sculture che già la provvisione del 1337 aveva affidato alle Arti e alla Parte Guelfa. La sola sequenza dei tabernacoli fatti per ospitare le statue sviluppa per exempla una storia del disegno architettonico dal Tre al Quattrocento, dai tabernacoli per le Arti della Seta e della Lana progettati da Andrea Pisano a quello per l’Arte dei Medici e Speziali, a quelli di Niccolò di Pietro Lamberti, di Lorenzo Ghiberti, di Nanni di Banco a quello di Donatello per il San Luigi di Tolosa eseguito per la Parte Guelfa. Entro i tabernacoli furono sistemate le immagini dei santi patroni delle Arti: un popolo di eroi, di oratori, di atleti in marmo e in bronzo venne così a vegliare sulle mura della chiesa. Ai tabernacoli e alle statue, cui aveva dato inizio Andrea Pisano, lavorarono Niccolò di Pietro Lamberti, Ghiberti, Brunelleschi, Bernardo Ciuffagni, Nanni di Banco, Donatello, realizzando in differenti modi alcune delle più straordinarie reazioni della scultura del Quattrocento nate quando Firenze era ancora una libera repubblica.
Gli apporti successivi da quello del Verrocchio con il gruppo dell’Incredulità di San Tommaso alle sculture di Baccio di Montelupo, di Francesco di Giuliano da San Gallo o di Giambologna sono volta a volta esaminati in quest’opera che con i contributi di Paola Grifoni e Francesca Mannelli si spinge ad illustrare le vicende dell’edificio e del suo patrimonio fino ai nostri giorni. L’impegno dell’autrice di ricostruire l’intricato intreccio artistico, storico, religioso ed economico che si è concretizzato e ha dato forma a questo edificio unico è pienamente riuscito nel corposo saggio dove si fondono bene le varie storie particolari e le differenti letture storiche e formali. Le oltre mille immagini e le schede lo mostrano, lo documentano, lo rendono leggibile con minuzia e puntualità esemplari rilevandone i più nascosti dettagli.
«Orsanmichele a Firenze» a cura di Diane Zervas, Franco Cosimo Panini, Modena 1996, 2 voll. di pagg. 1196 complessive, L. 900.000.
Alcuni particolari della ricca decorazione dell’Orsanmichele a Firenze: a sinistra particolare del Tabernacolo della Vergine di Andrea Orcagna; a destra, lunetta con decorazione scultorea del tardo Trecento e vetrate dei tre Miracoli della Vergine
NOMI CITATI
- Ambrogio di Baldese
- Andrea Pisano
- Arte degli Albergatori [Firenze]
- Arte dei Medici e Speziali [Firenze]
- Arte della Lana [Firenze]
- Arte di Por Santa Maria [Arte della Seta, Firenze]
- Baccio da Montelupo [Bartolomeo di Giovanni d'Astore Sinibaldi]
- Boskovits, Miklós
- Brunelleschi, Filippo
- Ciuffagni, Bernardo
- Compagnia della Beata Vergine pura Madonna Santa Maria di San Michele in Orto [Firenze]
- Comune di Firenze
- Daddi, Bernardo
- Dati, Gregorio
- Donatello
- Finiello Zervas, Diane
- Gaddi, Agnolo
- Gerini, Niccolò di Pietro
- Ghiberti, Lorenzo
- Giambologna [Jean de Boulogne]
- Giotto
- Giovanni del Biondo
- Grifoni, Paola
- Gualtieri di Brienne, duca di Atene
- Istituto di Studi Rinascimentali di Ferrara
- Lamberti, Niccolò di Pietro
- Mannelli, Francesca
- Marchionne di Coppo Stefani [Baldassarre Buonaiuti]
- Mariotto di Nardo
- Medici [famiglia]
- Nanni di Banco
- Niccolò di Pietro Tedesco
- Opera di Santa Maria del Fiore [Firenze]
- Orcagna [Andrea di Cione]
- Panini [Franco Cosimo Panini Editore]
- Pisetta, Claudio
- Rocchi, Giuseppe
- Sacchetti, Franco
- Sangallo, Francesco da [Francesco Giamberti]
- Spinello Aretino
- Talenti, Simone di Francesco
- Verrocchio, Andrea del [Andrea di Michele]
- Villani, Giovanni
- Vitali, Giulia Maria
LUOGHI E ISTITUZIONI CITATI
- Firenze
○ Battistero di San Giovanni Battista
○ Chiesa di San Michele in Orto
○ Duomo [Cattedrale di Santa Maria del Fiore], Campanile di Giotto
○ Orsanmichele
○ Palazzo del Bargello [Museo Nazionale del Bargello]
○ Palazzo Vecchio
○ Piazza della Signoria
- Nonantola [Modena]
○ Abbazia di Nonantola
Collezione: Il Sole 24 Ore
Etichette: _RECENSIONE (pubblicazione), Arte XV secolo, Arte XVI secolo, Toscana
Citazione: Enrico Castelnuovo, “L'Orsanmichele svelato,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/137.