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Titolo: Ori e reliquie dai forzieri di Bisanzio

Descrizione: Recensione della mostra: L’Oro di Siena. Il tesoro di Santa Maria della Scala (Siena, Complesso di Santa Maria della Scala, dicembre 1996-febbraio 1997), catalogo Skira Editore, a c. di Luciano Bellosi. Nel presentare alcune delle principali opere, Castelnuovo si focalizza sulle vicende collezionistiche e sul valore simbolico del tesoro di reliquiari acquisiti dal Comune di Siena per l’Ospedale di Santa Maria della Scala alla metà del XIV, evidenziando come questo straordinario nucleo manufatti e legature, per lo più provenienti dalla corte imperiale di Costantinopoli, abbia influenzato la produzione degli artisti senesi.
Una copia del catalogo è presente nel fondo librario dell’autore, conservato dalla Biblioteca Storica d'Ateneo "Arturo Graf".

Autore: Enrico Castelnuovo

Fonte: Il Sole 24 Ore, anno 133, n. 53, p. 34

Editore: Il Sole 24 Ore; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2024)

Data: 1997-02-23

Gestione dei diritti: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale

Relazione: Inventario del fondo Enrico Castelnuovo, unità archivistica «Il Sole 24 Ore» (Archivio storico dell'Università di Torino)

Formato: application/pdf

Identificatore: Sole_39

Testo: «Il Sole 24 Ore» – Domenica 23 febbraio 1997, n. 53, p. 34



SIENA FULGENTE

Ori e reliquie dai forzieri di Bisanzio

L’Ospedale di Santa Maria della Scala espone il suo tesoro la cui parte più antica venne acquisita in un’asta pubblica a Costantinopoli a metà del Trecento



di Enrico Castelnuovo
Siena espone fino a tutto marzo un suo tesoro ignoto ai più. Si tratta di quello dell’Ospedale di Santa Maria della Scala, esposto in loco, ma che, forse per attirare il gran pubblico, è stato presentato con un titolo di richiamo, l’Oro di Siena, che non è dei più originali e fa pensare ai tanti Ori, dei Traci, degli Sciti degli Aztechi, dell’arabo del parto e del siro e via dicendo. Il tutto è presentato in una vastissima sala tutta scompartita e addobbata di panni prevalentemente oscuri, in una temperie climatizzata chi sa perché rigidissima, in vetrine non sempre opportunamente illuminate. Esistevano ambienti più raccolti e opzioni più discrete, ma l’understatement non è un comportamento che si può chiedere agli allestitori, ancorché celebri e stimati professionisti, e forse neanche ai committenti.
Santa Maria della Scala è una città dentro la città e dopo il trasferimento delle strutture sanitarie in altra zona si avvia a divenire un centro culturale polivalente che ospiterà i musei cittadini i laboratori di restauro (vi è in corso alla vista di tutti il restauro della splendida vetrata di Duccio per la cattedrale), e molte altre attività, tuttavia si eviti se possibile di fare paragoni col Beaubourg che non c’entra niente e si raccomandi in futuro, o meglio si prescriva, agli architetti, agli organizzatori, ai promotori la lettura delle Lezioni americane di Calvino, specie di quella sulla leggerezza. Di questa amabile virtù si sente nel riassetto dell’ospedale tra enormi zoccoli che ingombrano la splendida sala del Pellegrinaio e ingombranti oggetti lignei con il logo della scala, un urgente bisogno. Domani il tesoro troverà nella nuova utilizzazione dell’edificio una sistemazione permanente e, speriamo, discreta.
L’insieme di gran lunga più significativo consta di una decina di pezzi che arrivarono a Siena nel 1359 provenendo per la massima parte dal tesoro imperiale di Costantinopoli da cui erano stati prelevati in un momento di gravissime difficoltà finanziarie. Per l’imperatore Giovanni Cantacuzeno che si decise a venderli non fu certo un sacrificio da prendersi a cuor leggero in quanto non si trattava solo di oggetti singolari per la materia e per l’arte, ma che dalle rarissime reliquie erano resi incomparabilmente preziosi: contenevano infatti il chiodo che sulla croce aveva trafitto la mano sinistra di Cristo, una particella della porpora di cui per derisione fu rivestito, altri frammenti «de omnibus sanctis rebus Christi que possunt reperire in mundo, videlicet de spongia, lancea, canna, de pilis barbe jexu Christi», una scheggia della vera croce e parti del velo, della cuffia e della cintura della Vergine, oltre a ossa di apostoli e di santi.
Il tutto era stato acquistato a un’asta tenuta nella Loggia dei Veneziani di Costantinopoli nel 1357 da un mercante di Signa, Pietro di Giunta Torrigiani, che era più tardi salpato per Venezia con i suoi tesori. Qui lo aveva raggiunto un emissario dell’ente senese, frate Andrea di Grazia sindaco dell’ospedale, e il 28 maggio del 1359, dopo che una valutazione aveva indicato in circa tremila fiorini il valore degli oggetti, era stato stilato un documento per sancire il passaggio delle reliquie a Santa Maria della Scala. Non si trattò di un atto di vendita in quanto esso sarebbe stato condannato come simoniaco, ma di una serie di disposizioni che di fronte alla donazione delle reliquie all’Ospedale stipulava una serie di importanti vitalizi in favore del mercante e dei suoi familiari. Via mare i preziosi oggetti arrivarono in Toscana. Ricorda il cronista Donato di Neri che: «Li santi reliqui vennero al porto di Talamone, e li sanesi li comproro e fecelli recare a Siena con grande divozione e festa. Entroro in Siena e messersi nello spedale di Santa Maria de la Scala. E spese el comune di Siena, solo a farli venire e onorarli libr. 1625».
Perché il Comune e l’Ospedale si erano tanto impegnati in questo acquisto? Da un lato per dotare l’Ospedale la cui importanza non aveva fatto che crescere e che, ormai autonomo rispetto ai canonici della cattedrale che secoli prima l’avevano fondato e a lungo governato, si era negli ultimi anni sempre più strettamente legato al Comune, di un adeguato tesoro di reliquie (particolarmente significative per la città della Vergine quelle mariane) che potesse competere con quello della cattedrale e proteggere l’istituzione e i suoi ospiti, dall’altro per accrescere la fama e il prestigio della città in quanto l’acquisizione di queste insigni reliquie «per totum mundum citissime divulgabitur ex quo civitas Senarum bonificationem et famam recipit gloriosam» venendo quindi, almeno parzialmente, a compensare la dolorosa e definitiva rinuncia alla costruzione del “duomo nuovo”.
Quali erano gli oggetti – e le reliquie – ceduti all’Ospedale? L’atto di cessione del 1359 ne porta un dettagliato elenco così come li registrava una sorta di autentica contenuta in una lettera del vescovo Pier Tommaso allora nunzio apostolico a Costantinopoli che aveva avuto modo, assieme ad altri tre vescovi, di esaminarli partitamente nel 1357 quando appena acquistati dal mercante di Signa si trovavano ancora sulle rive del Bosforo, e per giunta, per confermarne la provenienza dal tesoro imperiale, li aveva fatti mostrare all’imperatrice che li aveva riconosciuti affermando che nessuna altra perdita le aveva procurato, quanto questa vendita, tanto dolore. Tra i due documenti esistono però delle discrepanze tanto da far pensar che nel blocco ceduto a Santa Maria della Scala dal mercante di Signa ci fossero anche oggetti di altra provenienza.
Tra questi era forse uno dei pezzi più straordinari in mostra, un evangelario greco ora nella Biblioteca comunale degli Intronati, miniato verso la fine dell’undicesimo secolo e dotato più tardi di una splendida legatura in argento dorato decorata a racemi e tempestata da una cinquantina di smalti cloisonnes variamente databili tra l’undicesimo e il tredicesimo secolo. Essi vennero disposti secondo un programma, con al centro, sul piatto anteriore l’Anastasis – la discesa al Limbo di Cristo – e sul piatto posteriore l’Ascensione, immagini di Santi, di Arcangeli o della Vergine o ancora della Deesis, il gruppo in cui il Cristo giudice al centro è fiancheggiato dalla Vergine e dal Battista in figura di intercessori. Questa suntuosa legatura che utilizza con eccezionale maestria spolia di altra e varia provenienza fu eseguita forse a Venezia nel XIII secolo coprendo tutto il fondo dei piatti di un fitto intreccio di racemi vegetali e inserendovi sapientemente smalti di tempi e di origine diversa.
Tra le altre opere in mostra un piccolo suntuoso reliquiario d’oro del dodicesimo secolo con la Crocifissione a smalto e, sul retro una splendente croce greca fatta di rubini e zaffiri su un fondo a filigrana incorniciato da un bordo smaltato dove a lettere d’oro si legge un epigramma propiziatorio, un piccolo Crocifisso d’oro a doppio braccio del XIII secolo, alcuni reliquiari trecenteschi dove si percepisce – per esempio nei drammatici rilievi della Crocifissione e dell’Anastasis che ne ornano uno – la presenza di influssi occidentali. Una così eccezionale messe di opere bizantine non poté, nel 1359, esercitare una particolare influenza sulla produzione artistica contemporanea ci si domanda quale invece sarebbe stato il loro impatto e il loro ruolo ove lo stesso fatto fosse avvenuto un secolo prima. Tuttavia le immagini di Bisanzio parlavano ancora agli occhi e alle menti dei senesi come prova l’adozione di un modello iconico in Madonne della cerchia di Ambrogio Lorenzetti quale la bella Notre-Dame-des Graces, ora a Cambrai e come viene altresì indicato dal fatto che nel Quattrocento il piccolo Crocifisso d’oro duecentesco con frammenti della vera croce venisse montato su una base di smalto dando posizione eretta a un oggetto destinato a essere portato in una borsa, mutando così l’aspetto e i modi della fruizione.
Accanto alle opere bizantine sono alcune oreficerie tardo-gotiche tra cui il complesso Reliquiario del Sacro Chiodo che sviluppa con un’impennata verticale un’alta guglia gotica un po’ sbilenca – in una sorta di gotico senese alla Saul Steinberg – poggiandola su una base, forse di poco più tarda, sorretta da splendidi leoncini e ospita entro una teca formata da due bicchieri di cristallo di rocca, la più preziosa delle reliquie venute da Bisanzio. Rarissima la cassetta in ferro battuto, originariamente dorata realizzata probabilmente da un maestro di origine francese, attivo a Siena, Bertino di Piero da Rouen nel 1361. Ancora molto misteriosa infine una cassetta decorata con pietre e smalti di diversa origine: due placchette ciascuna con cinque teste molto espressive di esecuzione rapida e abbreviata che fanno pensare a certe vetrate francesi del Trecento, cinque splendidi cloisonnes con pappagalli verdi e oro (bizantini o piuttosto federiciani?) e tre preziose placchettine di email de plique splendenti come fiori di primavera. Il tutto, immerso in una suggestiva semipenombra tanto che per essere ben visto necessitava dell’aiuto di una torcia fornita da un comprensivo e gentilissimo custode, era montato su un contenitore che presentava, verisimilmente ab origine, quattro smalti assai strani, certo non senesi e forse del primo Quattrocento.
Ottimamente illustrato il catalogo Skira che illustra la vicenda di questa rarissima raccolta e dell’Ospedale attraverso un’attenta (anche se talvolta non del tutto conclusiva) schedatura e testi introduttivi di Mara Bonfioli, che per anni di questa ricerca è stata l’animatrice, Anna Benvenuti, Gabriella Piccinni, Isabella Gagliardi e Giovanna Derenzini e un bel saggio di Carlo Bertelli sull’ultima maniera greca.
«L’Oro di Siena». Siena, Ospedale di Santa Maria della Scala, fino alla fine di marzo. Catalogo Skira a cura di L. Bellosi.

Reliquiario di Sant’Andrea, orafo romano del sec. XVII. Sotto il titolo, scatola (reliquiario?), epoca e provenienza non riscontrabili. Al centro della pagina, reliquiario (recto-verso) del XII secolo proveniente da Costantinopoli

NOMI CITATI

- Andrea di Grazia, frate
- Bellosi, Luciano
- Benvenuti, Anna
- Bertelli, Carlo
- Bertino di Piero di Rouen
- Bonfioli, Mara
- Calvino, Italo
- Comune di Siena
- Derenzini, Giovanna
- Donato di Neri
- Duccio di Buoninsegna
- Gagliardi, Isabella
- Giovanni VI Cantacuzeno, imperatore dell’Impero Romano d'Oriente
- Lorenzetti, Ambrogio
- Piccinni, Gabriella
- Pierre de Salignac de Thomas
- Skira editore
- Steinberg, Saul
- Torrigiani, Pietro di Giunta


LUOGHI E ISTITUZIONI CITATI
- Cambrai [Francia]
○ Cattedrale di Notre-Dame de Grâce de Cambrai
- Costantinopoli [Istanbul, Turchia]
○ Loggia dei Veneziani
- Parigi [Francia]
○ Centre Georges Pompidou
- Siena
○ Biblioteca comunale degli Intronati
○ Complesso museale di Santa Maria della Scala
○ Duomo [Cattedrale di Santa Maria Assunta]
○ Ospedale di Santa Maria della Scala [vedi Complesso museale di Santa Maria della Scala]
- Signa [Firenze]
- Talamone [Grosseto]
○ porto di Talamone
- Toscana
- Venezia

Collezione: Il Sole 24 Ore

Citazione: Enrico Castelnuovo, “Ori e reliquie dai forzieri di Bisanzio,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/138.