La Svizzera e Venezia (dettagli)
Titolo: La Svizzera e Venezia
Descrizione:
Recensione della mostra: Art Venetienne en Suisse et au Liechtenstein - Venezianische Kunst in der Schweiz und in Liechtenstein (Pfäffikon SZ, Seedamm-Kulturzentrum: 18 giugno-27 agosto 1978; Ginevra, Musée d'art et d'histoire: 13 settembre-5 novembre 1978), a c. di Mauro Natale, catalogo edito da Electa in doppia edizione francese e tedesca. L’esposizione, promossa dalla Fondazione Pro Venezia, offre una panoramica sull’arte veneta tra XIV-XVIII secolo nelle collezioni e nei musei Svizzeri: passando in rassegna le principali opere, Castelnuovo presenta alcuni casi utili a comprendere come l’arte veneta sia stata recepita dalla cultura elvetica.
Una copia del catalogo è presente nel suo fondo librario, conservato dalla Biblioteca storica d’Ateneo “Arturo Graf”.
Autore: Enrico Castelnuovo
Fonte: La Stampa, anno 112, n. 167, p. 13
Editore: La Stampa; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2023)
Data: 1978-07-21
Gestione dei diritti:
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale
Relazione: Inventario del fondo Enrico Castelnuovo, unità archivistica «La Stampa» (Archivio storico dell'Università di Torino)
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Identificatore: Stampa_6
Testo:
«La Stampa» – Anno 112, n. 167 – Venerdì 21 luglio 1978, p. 13
(pagina l’arte)
La Svizzera e Venezia
«Vaghissime e deliziose sono le rive del lago, e forse in poche altre parti il sorriso della natura risponde tanto alla prosperità degli abitatori. Un tempo incoronavano più di venti castelli, ma oggi appena vedonsi gli avanzi di tre o quattro di essi, giacché gli altri sono caduti in rovina o scomparsi sotto i colpi di marra del borghese agricoltore, come l’ordine del quale erano il simbolo e la forza».
Cosi nel 1843 Giuseppe La Farina descriveva l’ameno paesaggio prossimo a Zurigo non tralasciando di osservare come la trasformazione sociale avesse portato all’abbandono di quei castelli forza e simbolo del vecchio ordine. Simbolo di un altro ordine, la cui forza non è nei castelli ma nei commerci, il Seedamm-Zentrum, emporio monumentale coronato e legittimato da un grande centro culturale, domina dall’alto la cittadina di Pfäffikon sul lago di Zurigo. È qui che si è testé aperta, patrocinata dalla fondazione svizzera «Pro Venezia», organizzata dall’Istituto Svizzero di Studi d’Arte di Zurigo e resa possibile dal mecenatismo di uno dei nuovi feudatari, il re del prét-à-porter Charles Vögele, una bella mostra di opere veneziane nelle collezioni svizzere.
Grazie all’acuta e instancabile ricognizione nelle collezioni e nei musei elvetici di Mauro Natale, commissario della mostra, si trova qui riunito un buon numero di dipinti veneti dal Tre al Settecento; ma oltre a identificare e raggruppare delle opere si propone una riflessione sul significalo della loro presenza, si identificano tramiti, si suggeriscono spunti per una storia del collezionismo, si abbozza una storia della «ricezione», vale a dire dei modi con cui le opere veneziane sono state ricercate, accolte e eventualmente imitate, oppure respinte dalla cultura elvetica. Eduard Hüttinger (del quale il lettore italiano ricorderà un fine modello di un tale approccio nel saggio Immagini e interpretazioni della Venezia dell’Ottocento, apparso sul n. 271 di «Paragone») apre su questi temi in una lucida introduzione al bel catalogo, e una sezione della mostra esemplifica come i pittori svizzeri — i ticinesi per cominciare, poi, nell’Ottocento, anche gli altri — abbiano reagito di fronte agli esempi dello stile e alla tematica veneziana.
La storia delle relazioni artistiche tra Venezia e la Svizzera ha inizio con un’opera singolarissima, assente dalla mostra per la giusta cautela del museo che la possiede, ma di cui vale la pena rievocare la vicenda. È un suntuoso dittico portatile degli ultimissimi anni del Duecento, dove a far corona a due cammei sono, inquadrate da un prezioso fregio in filigrana, una serie di miniature incastonate da cristalli di rocca. La fece eseguire a Venezia, dove era nato, Andrea d’Ungheria, figlio di una Tommasa Morosini e sposo di Agnese d’Asburgo. Quando a espiazione dell’assassinio di Alberto d’Austria, padre di Agnese, fu fondata, nell’attuale cantone di Argovia, l’abbazia di Königsfelden, la giovane sposa, allora già vedova del re d’Ungheria, donò alla chiesa il prezioso dittico che Andrea «il veneziano» aveva commissionato e che, dopo la Riforma, finì a Berna con gli altri tesori dell’abbazia.
Dopo un inizio così prestigioso la storia non continuò a questo livello. Nel primo Seicento una singolare figura di amatore, Remigius Faesch, un giurista di Basilea che ricercava primitivi mentre infuriava la guerra dei Trent’Anni, accolse nella sua collezione, accanto ai Konrad Witz, agli Hans Fries e a stupendi disegni di Holbein, due tavolette venete, parti di uno scomposto altare, generalmente attribuite a uno dei pittori da Santacroce e ora al raro Girolamo di Bernardino da Udine; nel 1753 un altro basilese, Samuel Heussler Burckhardt, acquistò a Venezia un «Compianto di Cristo» di impianto tintorettesco, mentre qualche quadro veneto (tra cui un Veronese che era stato di Luigi XIV) fu inviato nel 1805 da Napoleone a Ginevra, allora capoluogo di un dipartimento francese, episodio, questo, che non ha certo molto a che vedere con il gusto degli Elveti.
Più tardi Fritz von Stürler, un bernese discepolo di Ingres e fervente ammiratore dei primitivi (a lui si deve la piccola «Maestà» di Duccio del Museo di Berna), acquistò un logoro ma impressionante frammento di un solenne telero del primissimo Cinquecento, certo proveniente da una «scuola» veneziana. Un altro allievo di David, di Neuchâtel questa volta, l’allora celeberrimo Léopold Robert, dipingeva in quegli anni (1835) un quadro di soggetto veneziano, ma del tutto antiveneziano nello stile e nella fattura, quella «Partenza dei pescatori dell’Adriatico», che fu esaltato da de Musset e da Victor Hugo. Tuttavia nell’insieme i borghesi confederati avvertivano come ben più prossima ai loro interessi e alla loro sensibilità la pittura olandese e non divennero mai appassionati raccoglitori di pittura veneziana.
Un piccolo gruppo di antichi quadri veneti di alta qualità fu lasciato nel 1920 al Museo di Basilea dal professor J.J. Bachofen-Burckhardt, tra questi una drammatica «Crocifissione» di Bartolomeo Vivarini e quella «Madonna con Bambino e una Santa», dominata da un indimenticabile squarcio del Palazzo dei Trecento a Treviso, che Roberto Longhi, sensibile alla singolarità e alla qualità dell’opera, aveva attribuito alla giovinezza di Lorenzo Lotto, e per cui ora si fa il nome di Pier Maria Pennacchi. Ma preoccupante segno di «mancata ricezione» è che nell’ultimo riordino del Museo di Basilea, quando si esponeva con fragore il Joseph Beuys pagato 299 mila franchi, questi quadri fossero stati distrattamente inviati nei depositi, donde si spera che la luce della mostra li faccia finalmente uscire.
Quanto al collezionismo contemporaneo c’è poco da esultare. Certo negli ultimi vent’anni dei quadri importanti sono passati da Londra, New York o Monaco a Kreuzlingen o a Ginevra, ma spesso i collezionisti sono degli stranieri domiciliati nella Confederazione per ragioni fiscali e in qualche caso i quadri finiscono nel caveau di una banca. Per anni il precoce (1344) polittico Czernin del Guariento è rimasto esposto come deposito temporaneo nel Museo di Zurigo, ora è definitivamente in America.
E tuttavia, malgrado questa vicenda abbastanza modesta e non sempre positiva, la mostra è una riuscita. Dal Tre al Settecento, da Guariento al Bellotto (di cui è esposta una rara veduta milanese) il discorso si articola in un numero considerevole di pezzi (il catalogo conta oltre duecento numeri): Jacopo de’ Barbari, Paris Bordone, Moretto, e poi Tiziano (assai interessante la «Santa Margherita» che fu di Carlo l d’Inghilterra), Veronese, un piccolo Tintoretto, uno stupendo doppio ritratto di Domenico Tintoretto, un bel ritratto giovanile del Greco, due grandi e superbi Sebastiano Ricci del principe del Liechtenstein (una collezione che ha una storia viennese anche se quanto ne rimane è oggi a Vaduz), per fare solo alcuni esempi.
A Ginevra (dove la mostra si trasferirà in settembre) si potrà vedere qualche pezzo supplementare: il celebre e poco visto gruppo di «Venere e Adone», opera giovanile del Canova che, quando fu acquistata dal ginevrino Guillaume Favre, dopo essere stata per molti anni a Napoli, l’artista volle riprendere «per ispingerlo... alcuna linea più innanzi nella perfezione», un raro Semitecolo e chissà forse anche un Domenico Tiepolo che il giorno dell’inaugurazione della mostra la consorte di uno dei prestatori si è d’un tratto ricordata di possedere. Anche questo tardivo rammemorarsi potrà entrare a far parte della storia di una «ricezione» se non negativa, distratta...
Enrico Castelnuovo
La “Crocefissione” di Bartolomeo Vivarini.
NOMI CITATI
- Agnese d’Asburgo
- Alberto I d’Asburgo, re del Sacro Romano Impero
- Andrea III, re d’Ungheria
- Andrea Veneziano
- Bachofen, Johann Jakob
- Barbari, Jacopo de’
- Bellotto, Bernardo
- Beuys, Joseph
- Bordone, Paris
- Burckhardt, Samuel Heussler
- Canova, Antonio
- Carlo I, re d’Inghilterra
- David, Jacques-Louis
- Duccio di Buoninsegna
- El Greco [Domḗnikos Theotokópoulos]
- Faesch, Remigius
- Favre, Guillaume
- Fondazione Pro Venezia
- Francesco Giuseppe II, principe del Liechtenstein
- Fries, Hans
- Girolamo di Bernardino da Udine
- Guariento
- Holbein
- Hugo, Victor
- Hüttinger, Eduard
- Ingres, Jean-Auguste-Dominique
- La Farina, Giuseppe
- Longhi, Roberto
- Lotto, Lorenzo
- Luigi XIV, re di Francia
- Moretto [Alessandro Bonvicino]
- Morosini, Tommasina [Tommasa]
- Musset-Pathay, Alfred-Louis-Charles de
- Napoleone I, imperatore
- Natale, Mauro
- Paragone
- Pennacchi, Pier Maria
- Ricci, Sebastiano
- Robert, Louis Léopold
- Santacroce [famiglia]
- Semitecolo, Nicolò
- Stürler, Franz Adolf von
- Tiepolo, Domenico
- Tintoretto [Jacopo Robusti]
- Tintoretto Domenico [Domenico Robusti]
- Tiziano
- Veronese, Paolo
- Vivarini, Bartolomeo
- Vögele, Charles
- Witz, Konrad
LUOGHI E ISTITUZIONI CITATI
- Basilea [Svizzera]
o Kunstmuseum Basel
- Berna [Svizzera]
o Kunstmuseum Bern
- Ginevra [Svizzera]
o Musée d'art et d'histoire
- Kreuzlingen [Svizzera]
- Lago di Zurigo [Svizzera]
- Londra [Regno Unito]
- Monaco [Germania]
- Napoli
- Neuchâtel [Svizzera]
- New York [Stati Uniti]
- Pasadena [Stati Uniti]
o Norton Simon Museum
- Pfäffikon SZ [Svizzera]
o Seedamm-Zentrum
- Treviso
o Palazzo dei Trecento
- Vaduz [Liechtenstein]
- Venezia
- Vienna [Austria]
o Liechtenstein Garden Palace
- Windisch [Svizzera]
o Abbazia di Königsfelden
- Zurigo [Svizzera]
o Istituto Svizzero di Studi d’Arte
o Kunsthaus Zürich
Collezione: La Stampa
Citazione: Enrico Castelnuovo, “La Svizzera e Venezia,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/19.