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Titolo: Nelle sculture romaniche il diavolo è un antico mostro e l’angelo un moderno giullare

Descrizione: Recensione dell'opera: Meyer Schapiro, Arte romanica, Torino, Einaudi, 1982 (I ed. Romanesque art, New York, Braziller, 1977).
Una copia dell’opera è presente nel fondo librario di Castelnuovo, conservato dalla Biblioteca storica d’Ateneo “Arturo Graf”.

Autore: Enrico Castelnuovo

Fonte: Tuttolibri, anno 8, n. 320, p. 6 (inserto de La Stampa)

Editore: La Stampa; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2023)

Data: 1982-07-10

Gestione dei diritti: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale

Relazione: Inventario del fondo Enrico Castelnuovo, unità archivistica «La Stampa» (Archivio storico dell'Università di Torino)

Formato: application/pdf

Identificatore: Stampa_19

Testo: Tuttolibri – Anno 8, n. 320, p. 6
(supplemento a «La Stampa» del 10 luglio 1982)



I saggi di Schapiro sull’arte medievale

Nelle sculture romaniche il diavolo è un antico mostro e l’angelo un moderno giullare



MEYER Schapiro è uno dei grandi storici dell’Arte della meravigliosa generazione dell’inizio del secolo, quella di Rudolf Wittkower, Ernst Gombrich, Otto Pächt, Richard Krautheimer, Edgar Wind. La sua opera è poco conosciuta in Italia o, piuttosto, è quasi leggendaria.
Mario Soldati ha descritto Io straordinario abitante di Greenwich Village le cui lezioni universitarie erano addirittura mitiche. Cesare Segre, che l’ha intervistato a New York dopo che questi, con «Words and Pictures» (1973) era entrato sul terreno della semiologia, ne è rimasto affascinalo. Il suo celebre studio sulle «pommes» di Cézanne viene oggi sempre più spesso evocato, mentre il suo impietoso necrologio di Bernard Berenson era stato allora accolto con gran disdegno in Italia dalla corporazione degli storici dell’arie.
Difatti Schapiro è uno storico dell’arte anomalo, non appartiene alla categoria dei «conoscitori», non ha rapporti con il mercato, si interessa di storia sociale e culturale, di psicanalisi, di semiologia, ma è anche un erudito senza macchia, un asciutto filologo delle forme. È un «radical» che ha una certa idea della storia dell’arte, del suo metodo, della sua funzione, della sua etica, un celebre medievalista formato alla grande scuola americana dei Kingsley Porter e dei Morey, ma anche un geniale studioso dell’Ottocento francese.
Arte romanica raccoglie alcuni tra i suoi scritti più importanti. I monumenti qui esplorati sono tra i più significativi di questo periodo scelti nella grande scultura che nella Francia meridionale e in Spagna ornava gli edifici religiosi sorti sulle vie di pellegrinaggio per Santiago de Compostela: Moissac, Souillac, Rodez, Saint-Gilles, Silos. L’approccio è complesso, sfaccettato, assai ricco anche perché questi studi sono stati scritti nel corso di un trentennio durante il quale il loro autore ha esteso i propri interessi metodologici, ha ricercato in molti modi le vie della descrizione rigorosa, della contestualizzazione, della spiegazione.
Attenta dapprima alla struttura dell’immagine, all’identificazione dei suoi elementi significativi, alla definizione di una fase stilistica (come nel caso del testo su Moissac) l’indagine si allarga poi ad esplorare la storia e la cultura del momento, le abitudini estetiche e percettive non solo degli artisti, ma dei committenti, del pubblico. Il campo artistico appare così più variegato: non c’è solo l’artista e la sua opera, ci sono tradizioni, attese, ricezioni, conflitti, crisi. Del grande momento di fondazione dei volgari europei che fu l’arte romanica, Schapiro illumina opere, fatti ed episodi rivelatori di contrasti, di discrepanze, di forze in lotta.
A San Domingo di Silos confronta e oppone le splendide e moderne sculture del chiostro, monumentali, pubbliche, dinamiche, che si esprimono nella nuova lingua del romanico di Francia tanto piena di motivi secolari, con lo stile tradizionale, mozarabico, di un manoscritto del Commento all’Apocalisse di Beatus, eseguito nello stesso luogo e nello stesso tempo, ma diverso nelle funzioni, opera privata, domestica, rituale. A Souillac esamina e distende l’insieme più teso, intricato, conflittuale della scultura romanica dove «il contingente il temporale l’inferiore sono posti al centro... lo stabile e l’elevato sono marginali».
Schapiro svela come siano attive nella genesi dell’opera forze e tendenze proprie a un certo contesto socio-culturale, ma ha orrore degli schemi abituali, delle semplificazioni deterministiche. Contro la banale concezione dell’arte medievale come ancella della teologia e strumento di edificazione per gli analfabeti porta argomenti decisivi raccogliendo nei testi dei contemporanei le tracce delle reazioni di fronte alle opere.
Nel saggio Sull’atteggiamento estetico nell’arte romanica c’è in germe, alla data precoce del 1947, un programma per un’estetica della ricezione. Sarà San Bernardo, tuonando contro ciò che può distrarre il monaco dalla preghiera, che mostrerà con immediatezza come lo spettatore venisse colpito e affascinato dai temi e dalle forme della scultura romanica: «A che giovano quei ridicoli mostri, quella meravigliosa e deforme bellezza, quella bella deformità? A quali fini stanno lì quelle immonde scimmie... quei cavalieri che si battono, quei cacciatori che sfiatano nei loro corni? Si vedono là molti corpi sotto una testa sola, o ancora molte teste sopra un singolo corpo... insomma tante e tanto meravigliose sono le varietà di figure... che siamo più tentati di leggere nel marmo che nei nostri libri, e di passare il giorno intero a stupire di queste cose».
Quasi a dargli ragione avviene che un cronista, ricordando i tessuti antichi e bellissimi che ha scorto durante una traslazione di reliquie, dimentichi la sacralità dell’occasione, non parli che della bellezza dei panni, non scorga che la varietà degli orditi, la tonalità. «sconosciuta ai nostri giorni anche ai conoscitori», gli effetti cangianti.
In questo libro bellissimo l’arte romanica, sovente affabulata come pura, dura e fatta di severi materiali tenuti insieme dal cemento della fede, si illumina nella sua ricchezza cromatica, decorativa, mondana, nella sua fantasia trasfigurante, nella sapienza tecnica e formale dei suoi non incerti maestri, nei suoi conflitti che non oppongono solo bene e male, luce e tenebra, ma vecchie rivendicazioni ecclesiastiche e nuovi rapporti sociali, feudatari e borghesi, alto clero francese e basso clero spagnolo, antichissimi mostri e moderni giullari.
Enrico Castelnuovo

Scultura nell’archivolto di Sainte-Foy a Morlaàs (XI sec.)

NOMI CITATI

- Beatus [Beato di Liébana]
- Berenson, Bernard
- Bernardo di Chiaravalle, san
- Cézanne, Paul
- Einaudi
- Gombrich, Ernst
- Krautheimer, Richard
- Morey, Charles Rufus
- Pächt, Otto
- Porter, Arthur Kingsley
- Schapiro, Meyer
- Segre, Cesare
- Soldati, Mario
- Wind, Edgar
- Wittkower, Rudolf


LUOGHI E ISTITUZIONI CITATI
- Greenwich Village [Stati Uniti]
- Moissac [Francia]
- Morlaàs [Francia]
o Chiesa di Sainte-Foy
- New York [Stati Uniti]
- Rodez [Francia]
- Saint-Gilles [Francia]
- Santiago de Compostela [Spagna]
- Silos [Francia]
o Monastero di Santo Domingo de Silos
- Souillac [Francia]

Collezione: La Stampa

Citazione: Enrico Castelnuovo, “Nelle sculture romaniche il diavolo è un antico mostro e l’angelo un moderno giullare,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/32.