Qui risplende la maestà di Duccio (dettagli)
Titolo: Qui risplende la maestà di Duccio
Descrizione: Recensione dell’opera: Florens Deuchler, Duccio, Milano, Electa, 1984; apprezzando il taglio del lavoro e soprattutto l’interesse per la ricostruzione del contesto originale in cui le opere sono state realizzate e fruite, il discorso si allarga ad un più ampio ragionamento sulla (s)fortuna nel XX secolo della tradizionale monografia volta alla ricostruzione della biografia e del catalogo di un’artista.
Autore: Enrico Castelnuovo
Fonte: Tuttolibri, anno 10, n. 388, p. 5 (supplemento a La Stampa)
Editore: La Stampa; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2023)
Data: 1984-01-07
Gestione dei diritti:
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale
Relazione: Inventario del fondo Enrico Castelnuovo, unità archivistica «La Stampa» (Archivio storico dell'Università di Torino)
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Identificatore: Stampa_30
Testo:
Tuttolibri – Anno 10, n. 388, p. 5
(supplemento a «La Stampa» del 7 gennaio 1984)
Ritornano le grandi monografie: dall’America uno studio esemplare
Qui risplende la maestà di Duccio
L’ELECTA pubblica una bella monografia su Duccio, (Duccio, 231 pagine, oltre 200 illustrazioni, 80.000 lire) completa di catalogo delle opere e adeguatamente illustrata. Ne è autore Florens Deuchler, già direttore a New York dei Cloisters, uno dei più straordinari musei d’arte medievale che esistano al mondo e ora professore all’Università di Ginevra. Su Duccio nel 1979 erano uscite altre due monografie, una pubblicata a Princeton da J.H. Stubblebine, l’altra a Londra da J. White.
Il caso non è poi tanto singolare perché spesso è avvenuto che quando l’interesse si appunta su un’epoca e su un artista le monografie incalzino. Un tempo era stata la volta di Botticelli, oggi e il turno di questo splendido e misterioso artista, testimone a Siena del trapasso tra Due e Trecento e posto come Giano su un limite, con lo sguardo rivolto al passato e all’avvenire. Ciò che può stupire è il colpo di coda del genere monografico (questa è la prima di una serie progettata dalla Electa sotto la direzione di Carlo Bertelli), un po’ appassito dopo più di un secolo d’indiscussa supremazia almeno da quando J.D. Passavant aveva scritto su Raffaello (1839) fino a quando Roberto Longhi aveva disteso in veste monografica il suo itinerario di Caravaggio (1952); ma oggi siamo forse all’inizio di un nuovo ciclo, a un revival della monografia di cui si avverte da varie parti il bisogno.
Alla fine del secolo scorso le grandi collane monografiche tenevano il campo nell’editoria d’arte internazionale, erano i «Klassiker der Kunst» con le loro solide rilegature rosse e oro o le più discrete «Künstler Monographien» cartonate avorio e rosso. Oggi certo conosciamo il successo dei «Maestri del colore» o dell’«Opera completa di», ma la loro novità non consiste certo nel taglio o nell’approccio del testo, piuttosto nell’uso rivoluzionario del colore, nei tentativi di fornire cataloghi completi in grandi tirature.
In realtà la monografia sonnecchiava perché molti storici dell’arte avvertivano in essa uno strumento inappropriato a cogliere i nessi tra fenomeni, appartenenti a diverse serie, all’arte, all’economia, alle varie forme culturali, alla religione, alla struttura sociale. Altre ottiche altri approcci possono essere sembrati più interessanti perché meglio atti a seguire le sfaccettature del campo, i tempi lunghi della storia delle immagini i rapporti sempre mutevoli tra committenti, consiglieri eruditi (coloro che suggerivano i programmi) e artisti.
Un’altra difficoltà contribuì all’offuscarsi del genere monografico e fu la non risolta contraddizione che poteva presentarsi tra biografia anagrafica e biografia stilistica. Per alcuni artisti conosciamo date, notizie, documenti, in altri casi abbiamo un certo numero di opere connesse tra loro da indiscutibili legami stilistici, ma, in assenza di firme, di contratti, di confronti probanti, non sappiamo a quali nomi legarla. È così che lo storico dell’arte si trova nella condizione, nella necessità addirittura, di dar vita a un personaggio provvisorio, forgiando un nome di comodo che serva come denominatore comune per certe opere e creando così i vari «Maestro del Bambino Vispo», «Maestro di Flémalle», «Maestro di Moulins».
Da una parte dunque biografie fondate su dati consistenti, spesso vituperati come esterni, quali contratti, notizie, documenti, tradizioni, firme, dall’altra una ricostruzione di figure anonime basata su una serie di opere, vasi dipinti, tavole, sculture. Tanti anni fa al termine del suo celebre saggio su Mattia Preti Roberto Longhi irrideva a chi volesse far altro che risalire le vie maestre dello sviluppo formale esibendo la sua documentazione come una boutade: «Ora un po’ di biografia di cronologia di documenti. Nacque nel 1613, mori nel 1699». Ma oggi una monografia basata puramente su incontrollabili vicende formali ci sembra inadeguata.
Il Duccio di Deuchler è un approccio nuovo all’antico genere della monografia. Innanzitutto perché non si arrabatta a seguire nei dipinti un’identità poetica libera, come lo Spirito, di posarsi dove meglio le aggradi, quindi perché non pone come precipua preoccupazione quella di determinare con il bilancino il grado di autografia, di un’opera. Indagine ben difficile quando tanto poco si conosce del funzionamento di una bottega medievale e delle ripartizioni di compiti al suo interno.
In questo senso non è né una monografia di antico stampo idealistico né un arduo esercizio chirurgico come sono tante monografie americane che con la pretesa di fare buona filologia separano l’inseparabile, dividono il catalogo di un autore in tanti frammenti attribuiti a personalità diverse, scorporando magari l’opera di Duccio in una miriade di artisti, quali il «Maestro di Berna», il «Maestro di Crevole», il «Maestro di Città di Castello» e così via.
Il discorso di Deuchler è più concreto, parte delle opere ma cerca di leggerle a vari livelli e in primo luogo a quelli della funzione e della fruizione. A cosa servivano le immagini, cosa attendevano da esse i contemporanei, potevano immagini prodotte dallo stesso pittore avere funzioni e fruizioni diverse a seconda della loro appartenenza al dominio pubblico (come la Maestà posta sull’altare maggiore della Cattedrale di Siena e fatta per essere vista da lontano dalla folla di fedeli che sostavano nelle navate) o al dominio privato come le splendide tavolette della Galleria di Siena (la «Madonna dei Francescani») o del museo di Berna, fatte per essere contemplate da vicino in un oratorio o addirittura in una camera?
Ci si interroga d’altra parte sul problemi della tecnica di narrazione: che ordine segue la sequenza delle storie al tergo, sulla predella e nel fastigi della Maestà, come si struttura la sequenza, secondo quali modi di selezione, quali schemi di composizione e di lettura, qual è il repertorio della gestualità, quale l’uso e il significato dei colori, quale il rapporto dell’artista con i suoi committenti, quali i modi e i generi della sua pittura, quali i suoi legami con tradizioni ed eredità culturali, quale la ricezione della sua opera nel tempo?
Una monografia dunque con tante porte d’entrata e tanti percorsi che tutti conducono al centro, alla «Maestà», a quell’impareggiabile e preziosa tavola «così istoriata e così bene intesa» della quale l’Italia «per quanto io ne abbia fatto ricerca per tutti gli angoli della medesima», scrive un osservatore settecentesco, non ha l’uguale.
Enrico Castelnuovo
«La tentazione di Cristo sul monte» (particolare di uno scomparto della predella della Maestà, New York, Frick collection)
NOMI CITATI
- Barna [Maestro di Berna]
- Bertelli, Carlo
- Botticelli, Sandro
- Campin, Robert [Maestro di Flémalle]
- Caravaggio [Michelangelo Merisi]
- Deuchler, Florens
- Duccio di Buoninsegna
- Electa
- Hey, Jean [Maestro di Moulins]
- Longhi, Roberto;
- Maestro del Bambino Vispo
- Maestro di Città di Castello
- Maestro di Crevole
- Passavant, Johann David
- Preti, Mattia
- Raffaello
- Stubblebine, James H.
- White, John
LUOGHI E ISTITUZIONI CITATI
- Berna [Svizzera]
o Kunstmuseum Bern
- Ginevra [Svizzera]
o Università di Ginevra
- Londra [Regno Unito]
- New York [Stati Uniti]
o The Frick collection
o The Met Cloisters
- Princeton [Stati Uniti]
- Siena
o Duomo [Cattedrale di Santa Maria Assunta]
o Pinacoteca Nazionale di Siena
Collezione: La Stampa
Citazione: Enrico Castelnuovo, “Qui risplende la maestà di Duccio,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/43.