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Titolo: Le scintille di Watteau

Descrizione: Recensione della mostra: Watteau 1684-1721 (Washington, National gallery of art: 17 giugno-23 settembre 1984; Parigi, Galeries nationales du Grand Palais: 23 ottobre 1984-28 gennaio 1985; Berlino, Castello di Charlottenburg: 22 febbraio-26 maggio 1985), a c. di Pierre Rosenberg. Presentando la tappa parigina dell’esposizione, Castelnuovo segnala quanto siano discordanti i giudizi sui disegni e sulla pittura di Watteau: se l’apprezzamento per la grafica è pressoché incondizionato, parecchie sono invece le riserve verso l’opera pittorica, in particolare sulle tele meno conosciute portate in mostra da Rosenberg. Già i conoscitori che avevano conosciuto il maestro segnalano la sua predilezione per il disegno, di contro a un’insoddisfazione verso la propria pittura; il cattivo stato di conservazione della pellicola pittorica di molte opere, dovuto alla stessa tecnica adoperata e ai successivi restauri, fa sì che oggi siano generalmente meno apprezzate. Per meglio comprendere il pittore, Castelnuovo rimarca la necessità di nuovi studi attenti al teatro e alla letteratura dell’epoca, per meglio comprendere i soggetti abitualmente rappresentati, e alla storia del gusto e del costume della società francese dell’epoca, che tanto invece lo aveva apprezzato.
Una copia del catalogo è presente nel suo fondo librario, conservato dalla Biblioteca storica d’Ateneo “Arturo Graf”.

Autore: Enrico Castelnuovo

Fonte: La Stampa, anno 118, n. 308, p. 3

Editore: La Stampa; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2023)

Data: 1984-12-30

Gestione dei diritti: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale

Relazione: Inventario del fondo Enrico Castelnuovo, unità archivistica «La Stampa» (Archivio storico dell'Università di Torino)

Formato: application/pdf

Identificatore: Stampa_42

Testo: «La Stampa» – Anno 118, n. 308 – Domenica 30 dicembre 1984, p. 3



A Parigi duecento dipinti e disegni-rivelazione

Le scintille di Watteau

La mostra al Grand Palais espone la magica tela «L’enseigne de Gersaint» e altri capolavori del pittore morto nel 1721, a 37 anni - Ma soprattutto mette in luce il maggior disegnatore di Francia, paragonabile a Rubens, Rembrandt, Raffaello - Ritraeva abiti, figure, paesaggi - Opponeva al fasto il piacere, all’etichetta i sentimenti



PARIGI — Watteau troneggia al Grand Palais con una settantina di dipinti e un numero all’incirca doppio di disegni (fino al 28 gennaio). Molta folla, reazioni divise tra entusiasmo e riserva. Un sintetico commento di Le Monde riassume i giudizi correnti: «Meravigliosi disegni, dipinti talora esitanti al punto di suscitare qualche controversia sulla loro autenticità, un catalogo poco pratico... e alla fine, per far dimenticare queste piccole miserie, quattro quadri come un fuoco d’artificio di colore e di intelligenza, con L’enseigne de Gersaint come bouquet finale».
Pierre Rosenberg, regista di questa grande mostra, non ha puntato tutto sull’effetto, e gli sarebbe stato facile, ma si è preoccupato di rivisitare il catalogo di Watteau, di discuterne la cronologia, di accostare, per confrontarle, opere celebri ad altre poco note, insomma di fare opera scientifica. Tutto ciò implica qualche sforzo per il visitatore, tanto più che alcune opere chiave non sono state concesse: i Watteau della Wallace Collection, di Chantilly, di Dresda e i due capolavori di Edimburgo e della National Gallery di Londra.
I disegni, raramente esposti e generalmente chiusi nelle teche e nelle cartelle delle collezioni grafiche, sono la rivelazione di questa mostra. Già nella cerchia degli amici di Watteau, che erano poi i più avvertiti, i più raffinati conoscitori di Francia, i suoi disegni erano straordinariamente lodati. Gersaint profetizzava che «sarebbe sempre passato per uno dei più grandi, dei migliori disegnatori che la Francia abbia mai dato», Jean de Julienne ne riconosceva «il gusto nuovo», il «carattere inimitabile» e dell’«inimitabile Mr. Watò» parla Rosalba Carriera.
Julienne coglie un punto importante: i disegni di Watteau sono assolutamente autonomi, valgono di per sé: «Ogni figura uscita dalla mano di quest’uomo eccellente ha un Carattere così vero e naturale che da sola può riempire e soddisfare l’attenzione e sembra non aver bisogno di essere sostenuta dalla Composizione di un più gran soggetto».
Watteau in generale non lavora a schizzi e ad abbozzi per preparare i suoi dipinti, scrive Caylus: «...di solito disegnava senza oggetto perché non ha mai gettato uno schizzo o un pensiero per un quadro. Aveva l’abitudine di disegnare i suoi studi su di un libro rilegato in modo da averne sempre un gran numero sotto mano. Quando aveva voglia di fare un quadro ricorreva alla sua raccolta. Sceglieva le figure cha al momento gli servivano di più e ne formava i suoi gruppi…».
Creò in questo modo, attraverso disegni tratti dal vivo, dalla natura, come sottolineavano i contemporanei, un repertorio ricchissimo di teste, figure, posture, atteggiamenti, gesti, abiti, paesaggi, soldati, musicanti, attori, mendicanti savoiardi, ambasciatori persiani. Tutto è isolato, scrutato, controllato attentamente, trattato con incredibile maestria ai «trois crayons», lapis nero, sanguigna, gesso bianco.
Che sia il ragazzo savoiardo con il suo sgabello da lustrascarpe a tracolla, disegnato con un’attenzione e una comprensione commossa che non ha nulla della caricatura, o il foglio con studi di teste femminili e due gattini splendido di leggerezza, o il rapido schizzo di Rosalba Carriera alla toilette, i suoi disegni attraggono, stupiscono, entusiasmano, lo proclamano il massimo disegnatore di Francia, uno dei più grandi mai esistiti accanto a Rubens, Rembrandt, Raffaello.
Rispetto alla rappresentazione diretta, attenta al dato naturale e quotidiano – incisiva, semplice, penetrante, ma anche delicata, suggestiva, intensa – dei disegni, alla loro qualità sempre altissima, i quadri appaiono più complessi, discontinui, talora di difficile accesso. Watteau stesso – scrive Gersaint – «era più contento dei propri disegni che del quadri, e trovava maggior piacere a disegnare che a dipingere». Impaziente, inquieto, insoddisfatto, Watteau «poneva l’arte molto al di sopra della propria pratica» e soffriva nel vedere che «l’esecuzione delle sue opere era inferiore alle sue idee» (Caylus).
Proprio questa insoddisfazione è la causa di una delle difficoltà della sua pittura. Essa lo spingeva a lavorare in fretta, a modificare, spesso i suoi quadri durante l’esecuzione. Cercava perciò di far seccare presto le pennellate e utilizzava a questo fine un olio grasso che gli permetteva di sovrapporre rapidamente strato a strato di colore, ma che con il tempo danneggiava la superficie pittorica producendo tutta una rete di craquelures. Questa irrequietezza, questo bisogno di rapidità nell’esecuzione, queste modifiche continue, hanno fatto si che i suoi quadri invecchiassero male e, ricercati come erano dai collezionisti, fossero destinati a subire numerosi restauri.
Tra noi e Watteau si insinuano anche errori di ottica: ci vien fatto di leggerlo come l’essenza stessa del Settecento, di collocarlo in pieno Louis XV, ma Watteau muore nel 1721, sei anni dopo il Re Sole. La sua pittura certo segna una reazione ai modi e alle mode della corte, si allontana decisamente dal gusto di Versailles, è apprezzata in un ambiente cittadino di collezionisti, mercanti, banchieri, ma poco o niente ha a che vedere con Boucher o con Madame de Pompadour.
Siamo molto a monte, siamo alle origini di un fenomeno, di una tendenza. Ugualmente fuorviante stinge su di noi l’interpretazione romantica, leggiamo con gli occhi dell’Ottocento un Watteau melanconico, lunare, il Watteau di Baudelaire, di Verlaine.
Ma sono i temi stessi di Watteau a proporre un’altra difficoltà. Cosa significa la presenza continua del teatro, dei suoi attori, delle sue maschere, dei suoi costumi, dei suoi gesti; questa opposizione tra le maschere della Commedia dell’Arte et comèdiens français, splendidi, pomposi, manierati? Quali chiavi possono spiegarci i significati delle Fêtes Galantes, dei pellegrinaggi a Citera, degli incontri musicali in una radura?
Lo straordinario successo di Watteau ha in qualche modo inflazionato e banalizzato i suoi temi.
Questi spesso ci raggiungono attraverso la mediazione di imitatori come Lancret e Pater che riprendono l’iconografia, il mondo immaginario di Watteau rendendolo aneddotico, perdendone l’intensità, la convinzione e l’emozione. Per leggere correttamente la pittura di questo uomo straordinario dovremmo tener conto di quanto il nostro giudizio sia influenzato da queste interpretazioni e saper molto di più sulla storia del costume, del teatro, della musica, della produzione letteraria, dell’allegoria, della gestualità del suo tempo.
Qualcosa comunque ci spinge a leggere Watteau, il caso Watteau, un po’ come il caso Giorgione. Un pittore che lavora per una ristretta cerchia di amatori molto raffinati, molto esclusivi, fuori dell’ufficialità. E le Fêtes Galantes ci appaiono un po’ come le «musiche» del veneziano, immagini di elitarie utopie. Della volontà, in questo caso, di recuperare una dimensione privata dopo le forme pubbliche e gerarchizzate imposte da Luigi XIV alla vita sociale, di opporre al fasto il piacere, all’etichetta i sentimenti.
In chiusura della mostra il capolavoro assoluto, la summa di Watteau dove si conciliano la naturalezza del disegno e gli enigmi intellettuali della pittura, il suo museo, il suo testamento: L’enseigne de Gersaint. Magica tela che l’artista stesso, al suo ritorno da Londra, aveva voluto dipingere «pour se degourdir les doigts» come insegna per la bottega del suo amico e ospite, mercante di quadri e stampe al Pont Nôtre-Dame, e che finirà per essere acquistata da Federico II di Prussia.
Pitture nella pittura, quadri, specchi, cornici, persone intente a osservare, a mostrare, a trasportare, a incassare dipinti e cristalli. Sulle pareti si stende, si svolge la galleria della memoria, prendono posto i fantasmi che occupavano la mente di Watteau, i suoi modelli: Rubens, Van Dyck e i fiamminghi, Veronese, Bassano e i veneti. Tutto è ambiguo, reale ma allusivo, ricco di significati, chi contempla pitture, chi fissa la sua attenzione su ciò che riflette lo specchio.
Il ritratto del gran re messo in cassa evoca un tempo conchiuso, la fine del regno, ma anche il nome della bottega, Au grand monarque. I quadri appesi ai muri riprendono soggetti e modi di tele plausibili, ma che non sono mai esistite: non sono copie ma interpretazioni, variazioni sul tema. Il pittore scruta e tiene le fila della scena che vede le immagini protagoniste.
Una riflessione sulla pittura come in Vermeer, in Velasquez, un quadro prodigioso dipinto in otto giorni, lavorando solo al mattino «perché, ci racconta Gersaint, la sua salute delicata, o meglio la sua debolezza, non gli permettevano di occuparsene più a lungo». La tisi lo ucciderà dopo pochi mesi a trentasette anni.

Antoine Watteau: «Il piccolo lustrascarpe» (Rotterdam). Sopra: «L’Enseigne de Gersaint» (Berlino), particolari


NOMI CITATI

- Anne-Claude-Philippe, conte di Caylus
- Bassano, Jacopo
- Baudelaire, Charles
- Boucher, Francois
- Carriera, Rosalba
- Federico II di Hohenzollern, re di Prussia
- Gersaint, Edme-François
- Giorgione
- Jeanne-Antoinette Poisson, marchesa di Pompadour
- Jullienne, Jean de
- Lancret, Nicolas
- Luigi XIV, re di Francia
- Luigi XV, re di Francia
- Monde [Le]
- Pater, Jean-Baptiste
- Raffaello
- Rembrandt, Harmenszoon van Rijn
- Rosenberg, Pierre
- Rubens, Peter Paul
- Van Dyck, Anton
- Velázquez, Diego
- Verlaine, Paul
- Vermeer, Johannes
- Veronese, Paolo
- Watteau, Antoine


LUOGHI E ISTITUZIONI CITATI
- Chantilly [Francia],
o Musée Condé
- Dresda [Germania]
o Gemäldegalerie Alte Meister
- Edimburgo [Scozia]
o National Gallery of Scotland
- Londra [Regno Unito]
o The Wallace Collection
- Parigi [Francia]
o Grand Palais
o Pont Nôtre-Dame

Collezione: La Stampa

Citazione: Enrico Castelnuovo, “Le scintille di Watteau,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/56.