Il pittore di Petrarca (dettagli)
Titolo: Il pittore di Petrarca
Descrizione:
Intervento sul ruolo sociale dell'artista incentrato sul rapporto tra Martini e Petrarca, in occasione della mostra Simone Martini e “chompagni” (Siena, Pinacoteca Nazionale, 27 marzo-31 ottobre 1985) e del convegno Simone Martini (Siena, Palazzo Pubblico e Palazzo Patrizi: 27-29 marzo 1985); gli atti sono editi da Centro Di nel 1988, a c. di Luciano Bellosi. L’articolo ripercorre la letteratura artistica da Ghiberti a Vasari, constatando come la figura del poeta abbia oscurato il lavoro del pittore almeno sino alla fine del XVIII secolo. La conoscenza di nuove opere, entrate nelle collezioni pubbliche e private a seguito della soppressione degli enti ecclesiastici, ha favorito l’avvio di nuovi studi su Martini che hanno progressivamente rimesso a fuoco il contesto storico-sociale in cui operava e, in ultimo, ricomposto il suo catalogo.
Questi temi sono trattati da Castelnuovo nell’intervento di apertura del convegno, dove accenna al dibattito in corso sull’attribuzione a Martini del Guidoriccio da Fogliano (avvalora il giudizio di Max Seidel e Luciano Bellosi, che riconoscono Martini come autore dell’affresco: “Castrum pingatur in palatio” 1 e 2, «Prospettiva»: 28, gennaio 1982; Gordon Moran, An Investigation Regarding the Equestrian Portrait of Guidoriccio da Fogliano in the Siena Palazzo Pubblico, «Paragone», 333, novembre 1977; sulla polemica cfr. Giovanna Ragionieri, Simone o non Simone, Firenze, Ponte alle Grazie, 1985).
Il contributo pubblicato come Introduzione degli atti del convegno è una versione più estesa di questo articolo, che approfondisce le vicende attributive-collezionistiche delle opere di Martini e il suo apporto al genere del ritratto. Il saggio è riedito col titolo Fortuna e sfortuna di Simone nella raccolta La cattedrale tascabile. Scritti di storia dell'arte (Sillabe, 2000).
Autore: Enrico Castelnuovo
Fonte: La Stampa, anno 119, n. 61, p. 3
Editore: La Stampa; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2023)
Data: 1985-03-28
Gestione dei diritti:
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale
Relazione: Inventario del fondo Enrico Castelnuovo, unità archivistica «La Stampa» (Archivio storico dell'Università di Torino)
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Identificatore: Stampa_43
Testo:
«La Stampa» – Anno 119, n. 61 – Giovedì 28 marzo 1985, p. 3
Nuove dispute su Simone Martini
Il pittore di Petrarca
SIENA — Un convegno internazionale di studi su Simone Martini si è aperto ieri a Palazzo Pubblico e a Palazzo Patrizi. La relazione introduttiva è stata tenuta da Enrico Castelnuovo.
«Fu dunque quella di Simone grandissima ventura, vivere al tempo di Messer Francesco Petrarca, e abbattersi a trovare in Avignone alla corte questo amorosissimo poeta, desideroso di avere la immagine di Madonna Laura di mano di maestro Simone; perciocché avutala, bella come desiderato avea, fece di lui memoria in due sonetti... E invero questi sonetti l’averne fatto menzione in una delle sue lettere famigliari... hanno dato più fama alla povera vita di Maestro Simone che non han fatto né faranno mai tulle le opere sue».
Troviamo questo passaggio all’inizio della vita che Giorgio Vasari dedica a Simone Martini e a Lippo Memmi. Nell’immagine gerarchizzata del Vasari spetta al poeta, al grande intellettuale, il potere di legittimare l’opera del pittore a lui socialmente inferiore. Non sono però affatto sicuro che gli elogi tributatigli ripetutamente dal poeta siano stati per il pittore un fatto del tutto positivo.
Nei secoli la luce di Petrarca e di Laura illumina Simone esaltandone il nome e la gloria, ma confondendone in realtà la fisionomia. Potrà accadere per esempio che nel Cinquecento Giovan Battista Gelli alla ricerca dell’effigie di Madonna Laura creda di riconoscerla in un affresco della Sala capitolare di Santa Maria Novella a Firenze (il cosiddetto «cappellone degli Spagnoli») e l’errore del Gelli, ripreso da Vasari, fu causa del fatto che a Simone venissero attribuite queste ingombranti pitture.
Il mito di Laura (e l’autorità del Vasari) fecero dunque sì che per secoli fosse considerato il capolavoro di Simone un ciclo del fiorentino Andrea Bonaiuti dipinto molto dopo la sua morte, e a lui tanto inferiore. Viene da domandarsi se non sia stato proprio questo «parrainage» letterario, quella specie di «laurea pittorica» che Petrarca gli aveva conferito, quel suo aprirgli le porte del paradiso («ma certo il mio Simon fu in Paradiso») ad aver distolto da Simone l’attenzione di Lorenzo Ghiberti che a metà del Quattrocento ne parla con apprezzamento, ma con un certo distacco: «Maestro Simone fu nobilissimo pittore e molto famoso. Tengono e’ pittori sanesi fosse el migliore, a me pare molto migliore Ambrogio Lorenzetti e altrimenti dotto che nessun altro».
Nei secoli la fama di Simone non è mai venuta meno, ma il rapporto con le sue opere non è mai stato facile. Colui che, accanto a Giotto, fu il massimo pittore del Trecento in Europa, è sempre stato avvertito come un artista elusivo, e l’attuale caso del Guidoriccio è quantomeno rivelatore di un certo disagio.
Ogni epoca ha di un artista un’immagine diversa, legata a una certa situazione storica e culturale, a un determinato modo di guardare le sue opere, a un certo modo di riceverle. Ci possono essere periodi in cui una certa immagine si prolunga e non subisce gran cambiamenti, altri invece in cui un’immagine canonica viene scardinata e un’altra ne prende il posto: questi momenti di crisi sono particolarmente rivelatori.
Furono questi per esempio gli anni tra la fine del Settecento e la metà dell’Ottocento. In quel momento l’immagine che di Simone aveva lasciato il Vasari subisce i colpi più duri, si disgrega per lasciar posto a un’altra che prende lentamente forma. I grandi rivolgimenti della fine del Settecento – secolarizzazioni dei beni ecclesiastici, rivoluzioni, guerre e spoliazioni – rimescolano le carte, alcune opere vengono distrutte altre appaiono improvvisamente da inaccessibili cappelle e dopo un tuffo sul mercato trovano rifugio in collezioni e musei.
William Roscoe, «uno dei pochi uomini in Inghilterra cui le antiche pitture del Tre e del Quattrocento non fossero indifferenti», acquista nel 1801 un Ritorno di Gesù dalla disputa nel tempio, stupefacente Simone del periodo avignonese firmato e datato 1342. Questa tavola, oggi a Liverpool, doveva esser stata nascosta per secoli agli occhi del pubblico, nessuno ne aveva mai parlato; pochi anni prima, nel 1799, Pietro Leopoldo, Granduca di Toscana, fa entrare agli Uffizi l’Annunciazione che, dipinta nel 1333 per la Cattedrale di Siena, era finita nella chiesetta di Sant’Ansano.
L’abate Lanzi e il padre Della Valle descrivono ed esaltano nella Biblioteca Ambrosiana il frontespizio del Virgilio dipinto da Simone per Petrarca. Lo stesso Della Valle esalta raffresco del Guidoriccio che gli pare pieno «del fuoco di Giorgione e del colorito seducente di Tiziano», Sebastiano Ranghiasci, un valentissimo conoscitore umbro, attribuisce a Simone gli affreschi della cappella di San Martino ad Assisi che Vasari credeva di Puccio Capanna.
Intanto Luigi De Angelis legge la firma di Simone sotto la Maestà di Palazzo pubblico e la crociata dei filologi romantici tedeschi guidata dal Rumohr permette di scoprire date e opere e proietta in Simone il proprio ideale eroico del cavaliere cristiano. Così Ernst Förster ricompone avventurosamente il polittico di Santa Caterina a Pisa radunandone i diversi frammenti e con lui altri dotti boreali mettono in luce come opera di Simone la gran pala con San Luigi di Tolosa che incorona Roberto d’Angiò sepolta nell’oscurità di una cappella di San Lorenzo Maggiore a Napoli. Opere che il Vasari considerava di Simone vengono espunte dal suo catalogo, altre vi vengono integrate. Verso il 1850 Simone ha assunto il volto che noi oggi conosciamo.
Noi ora siamo confrontati con le stesse opere, e con quelle che nel frattempo si sono aggiunte al catalogo, ma forse vi cerchiamo qualcosa d’altro. Gli storici dell’arte si sono impegnati a ricostruire una cronologia logica e plausibile (l’elusività di Simone si rivela anche nella difficoltà di dare alla sua opera un fermo assetto cronologico) e in genere non si limitano all’attribuzione di singoli e frammentari dipinti, ma cercano di ricostruire gli antichi polittici smembrati il che significa un’attenzione sostenuta per caratteri di questi Gesamtkunstwerke, di queste opere d’arte totali ove si integrano pittura e disegno architettonico e un interesse per il significato dei loro programmi iconografici.
Ci si interessa ai committenti di Simone e al legame moderno che si stabilisce tra l’artista e i suoi patrons – primo fra tutti Petrarca –, ci si chiede quali ragioni l’abbiano spinto alla corte avignonese, come qui sia stata ricevuta la sua pittura elegante, musicale, cortese e quali conseguenze essa abbia avuto sul nascere del nuovo stile gotico internazionale. O ancora come abbia organizzato le sue botteghe, attivissime dovunque lavorasse e capaci di seguirne e svilupparne i modi anche in assenza del maestro, anche dopo la sua morte.
Si cerca di precisare l’occupazione di spazi geografici a Orvieto, Pisa, Siena, Avignone, da parte di Simone e dei suoi, si abbozza una mappa dei territori martiniani, ci si interroga sui suoi rapporti con la scultura contemporanea e con altre tecniche. Ma naturalmente Guidoriccio incalza: vero falso, Simone non Simone?
So bene che quanto ne potrò dire non sarà privo di condizionamenti, di preconcetti. Ricordo nella mia stanza quando ero bambino una riproduzione dell’affresco incriminato e mi rendo conto d’altra parte – i sociologi insegnano – che una data posizione all’interno di un campo contribuisce a innescare certe prese di posizione, certi comportamenti, certi meccanismi di difesa o di solidarietà.
Qualsiasi cosa si dica non saranno mai, e non potranno essere, parole innocenti. La storia dell’arte ha conosciuto molte faide, più di un secolo fa lo Holbein-Streit, la discussione sulla autenticità della celeberrima Madonna di Holbein a Dresda (poi risultata una copia tarda) rispetto all’esemplare di Darmstadt suscitò passioni quasi altrettanto violente che l’affaire Dreyfus. Credo che occorra sdrammatizzare il problema ed evitare gli arroccamenti e trovo molto inquietante l’atmosfera «alla Modigliani» che talora mi sembra si voglia suscitare.
Personalmente mi sembrano solide le argomentazioni avanzate (in Prospettiva 28, 1982) da Max Seidel e Luciano Bellosi che confermano la paternità di a Simone, ed inviterei a rimeditarle, penso però che la migliore soluzione potrebbe essere Guidoriccio ora un’indagine pluridisciplinare cui partecipino storici dell’arte, storici, archeologi medievali, restauratori, paleografi, filologi, scienziati esperti di armi, di armature, di fortificazioni. Anche se proverbialmente si afferma: «How to kill an idea: appoint a committee», non immagino difficoltà a raggiungere se non certezze, almeno plausibili probabilità.
E non credo che l’attuale incontrollata proliferazione di ipotesi possa durare più a lungo. Triste destino sarebbe se la «povera vita di maestro Simone» dovesse essere illuminata solo da questi fuochi e dovesse da essi ricevere più fama «di quanto non abbian fatto e non faranno mai le opere sue».
Enrico Castelnuovo
Simone Martini: «Santa Martire» (Ottawa, National Gallery of Canada, partic.)
NOMI CITATI
- Bellosi, Luciano
- Bonaiuti, Andrea
- Capanna, Puccio
- De Angelis, Luigi
- Della Valle, Guglielmo
- Fogliano, Guidoriccio da
- Förster, Ernst
- Gelli, Giovan Battista
- Ghiberti, Lorenzo
- Giorgione
- Giotto
- Holbein, Hans [il Giovane]
- Lanzi, Luigi Antonio
- Laura [musa di Petrarca]
- Lorenzetti, Ambrogio
- Ludovico d’Angiò, san
- Martini, Simone
- Memmi, Lippo
- Petrarca, Francesco
- Pietro Leopoldo d’Asburgo-Lorena, granduca di Toscana
- Prospettiva
- Ranghiasci, Sebastiano
- Roberto d’Angiò, re di Napoli
- Roscoe, William
- Rumohr, Karl Friedrich von
- Seidel, Max
- Tiziano
- Vasari, Giorgio
LUOGHI E ISTITUZIONI CITATI
- Assisi [Perugia]
o Basilica inferiore di San Francesco
Cappella di San Martino
- Avignone [Francia]
- Darmstadt [Germania]
o Neues Palais
- Dresda [Germania]
o Gemäldegalerie Alte Meister
- Firenze
o Basilica di Santa Maria Novella
Cappellone degli Spagnoli
o Galleria degli Uffizi [Gallerie degli Uffizi]
- Liverpool [Regno Unito]
o Walker Art Gallery
- Milano
o Veneranda Biblioteca Ambrosiana
- Napoli
o Basilica di San Lorenzo Maggiore
- Orvieto [Terni]
- Pisa
o Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria
- Siena
o Duomo [Cattedrale di Santa Maria Assunta]
o Palazzo Patrizi
o Palazzo Pubblico
- Spoleto [Perugia]
o Chiesa di Sant’Ansano
Collezione: La Stampa
Etichette: _Convegno, Arte XIV secolo, Artista [ruolo]
Citazione: Enrico Castelnuovo, “Il pittore di Petrarca,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/57.