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Titolo: Ribaldi e cavalieri

Descrizione: Intervento sul Piemonte nel medioevo, in occasione della pubblicazione della Festschrift dedicata a Giovanni Tabacco per i suoi settant’anni (Piemonte medievale. Forme del potere e della società. Studi per Giovanni Tabacco, Torino, Einaudi, 1985) e del trentaquattresimo Congresso storico subalpino (Dal Piemonte all’Europa. Esperienze monastiche nelle società medievali, Torino: 27-29 maggio 1985); gli atti sono editi dalla Deputazione subalpina di storia patria nel 1988. A partire dalla tradizionale interpretazione del Piemonte come terra di confine, quindi marginale sino alla rifondazione dello stato moderno di Emanuele Filiberto, Castelnuovo presenta la frontiera come luogo privilegiato di scambio e confronto culturale. Sulla scia degli studi di Giovanni Tabacco e degli interventi del convegno, porta ad esempio gli avventurosi viaggi dei pellegrini, che da Oltralpe raggiungevano le abbazie piemontesi, ed altri episodi che inquadrano chiaramente la regione nello scacchiere internazionale del XIII-XIV secolo.
Una copia degli atti del convegno è presente nel suo fondo librario, conservato dalla Biblioteca storica d’Ateneo “Arturo Graf”.

Autore: Enrico Castelnuovo

Fonte: La Stampa, anno 119, n. 138, p. 3

Editore: La Stampa; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2023)

Data: 1985-06-30

Gestione dei diritti: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale

Relazione: Inventario del fondo Enrico Castelnuovo, unità archivistica «La Stampa» (Archivio storico dell'Università di Torino)

Formato: application/pdf

Identificatore: Stampa_44

Testo: «La Stampa» – Anno 119, n. 138 – Domenica 30 giugno 1985, p. 3



Medioevo tra Europa e Piemonte

Ribaldi e cavalieri



Le frontiere separano popoli, lingue, culture, costumi, Stati, ma solo per le amministrazioni e gli atlanti geografici esse sono rappresentate da linee continue, nella storia e nella realtà i passaggi sono meno bruschi: non confini lineari, ma intere aree. Di cui abitualmente vengono proposte immagini non precisamente positive. Situare una regione alla frontiera comporta infatti un’idea di periferia, di doppia periferia anzi, rispetto ai centri al di qua e al di là del confine.
In questi luoghi tutto assume una coloritura vaga, tutto giunge e accade in ritardo, tutto è pervaso e percorso da influenze duplici e contraddittorie. Ne offre un buon esempio il Piemonte considerato come una terra lontana, almeno per secoli, dal corso maestro della storia d’Italia, come una regione che, in questa vicenda, comincerà ad avere peso solo dai tempi di Emanuele Filiberto, dalla rifondazione di Torino come capitale di uno Stato moderno. Ma prima?
Per la storia delle istituzioni, della cultura, della produzione artistica il Piemonte medievale è rimasto per molto tempo un’entità un po’ mitica. Posto a cavallo tra Francia e Lombardia, tra la Valle del Po e quella del Rodano, controllato da svariati (e spesso singolari) principati territoriali, quelli dei marchesi di Monferrato o di Saluzzo, degli Acaia o dei Savoia, è stato piuttosto trascurato dagli storici che lo avvertivano come lontano, diverso, indefinibile.

Non che siano mancati per il passato gli studiosi buoni, talora ottimi, i nomi di Gabotto, di Cipolla, di Cognasso stanno a provarlo, per citare i primi che vengono in mente: sono mancati, piuttosto, la definizione, la ricontestualizzazione, in una parola l’inserimento di quanto avveniva e si produceva in Piemonte in un ambito e in una storia più vasti.
Che queste brume periferiche non scendano più a rendere incerte e difficilmente leggibili le forme e i contorni della storia di questa regione è uno dei tanti e grandi meriti di Giovanni Tabacco e della sua scuola. Due fatti sono venuti puntualmente a confermarlo: la pubblicazione di una raccolta di saggi che un agguerrito gruppo di medievisti della «scuola di Torino» ha dedicato al proprio maestro (Piemonte medievale. Forme del potere e della società, ed. Einaudi) e il trentaquattresimo congresso storico subalpino appena concluso e dedicato alle esperienze monastiche nella società medievale.
«Dal Piemonte all’Europa»: il titolo del congresso dichiarava subito la posta in gioco: si trattava di imprimere uno slittamento calcolato alla tradizionale immagine della regione nel Medioevo. La terra marginale di modesta importanza, la provincia sonnacchiosa si rivelava invece un crocevia, un luogo di incontro, di scambio, di confronto, di esperienze, una plaque-tournante europea.
Se ne sarà convinto chi al congresso abbia ascoltato quanto Tabacco ha detto degli straordinari personaggi che dal Piemonte si spingevano a Cluny, Fécamp, Digione, Mont-Saint-Michel, di quel continuo scambio di esperienze, di quel ruolo europeo che le grandi abbazie piemontesi, da Fruttuaria a San Michele della Chiusa, svolsero al tempo della riforma monastica.

O di quel muoversi tutto sulle strade che videro nel 1128 un monaco affrontare un viaggio di 3500 chilometri, di monastero in monastero da Susa al Delfinato alla Provenza alla Castiglia, dalla Linguadoca alla Borgogna e di nuovo a Susa, per raccogliere in un rotolo il più gran numero di preghiere in suffragio del suo defunto abate. O ancora di quello spostarsi d’Oltralpe verso il Piemonte di religiosi illustri come i primi abati di San Michele della Chiusa o umili come quelle monache che traversarono i monti per venirsi a rinchiudere entro le mura del monastero cistercense di Santa Maria di Brione, presso Val della Torre.
La stessa apertura di orizzonte si avverte nelle pagine di Piemonte Medievale dove una serie di interventi illumina, per assaggi e campionature, momenti, aspetti e forme delle istituzioni, della società e della cultura. Si trova qui un modo di far storia che, partendo dal territorio, certo non è locale e che utilizza e mette alla prova gli strumenti e i metodi della più recente storiografia internazionale.
Dall’affermarsi delle città come luoghi di riaggregazione del potere e delle istituzioni nell’alto Medioevo, allo sviluppo forte, precoce e differenziato dei comuni, dalle nuove fondazioni urbane, all’impiantarsi degli ordini mendicanti le vicende del Medioevo in Piemonte sono ripercorse e lette sotto nuove angolature. Non succede spesso che una raccolta di scritti di diversi autori riesca ad avere un aspetto organico e unitario o che argomenti tanto austeri possano offrire pagine di così gradevole e godibile leggibilità, ma basta sfogliare il libro per incontrare episodi singolari che illuminano squarci di una realtà politica, sociale e culturale quanto mai rivelatori.
Come lo straordinario «Drang nach Osten» monferrino del 1224-5, la sfortunata impresa degli Aleramici che volevano assicurarsi stabilmente il regno di Tessalonica, una storia avventurosa e piena di vicissitudini che attorno a Demetrio – un Monferrato che non a caso portava il nome del santo patrono di Salonicco – vede incrociarsi gli interessi contrastanti del papa Onorio III, di Federico lI, del despota dell’Epiro Teodoro Dukas o dello zar dei Bulgari, il tutto nel quadro minaccioso dell’impasse delle crociate e della precoce crisi dell’impero latino di Oriente. O come lo sciopero militare di cui fu vittima un secolo dopo un altro Monferrato, Teodoro I Paleologo.
Accanto a questi personaggi eccellenti si affollano creature preoccupanti che sembrano aver ossessionato l’immaginazione dei contemporanei: i ribaldi. Sono i diversi, gli emarginati, coloro che stanno dove non dovrebbero stare e fanno quello che non si deve fare. Che passano il tempo all’osteria giocandosi fin le brache o la camicia, che bestemmiano, che organizzano la prostituzione. Da Vercelli a Cuneo, a Pinerolo, da Villafranca Piemonte ad Azeglio, a Chieri, a Revello, Pagno, Balangero gli statuti delle città e dei villaggi li dipingono a fosche tinte come uomini perniciosi e da evitare, ne interdicono i rapporti con i cittadini, ma nello stesso tempo concedono loro, per controllarli, strutture e autorità, addirittura un «podestà dei ribaldi» che regola e garantisce la segregazione, un’autorità carnevalesca che all’occasione però esegue sui suoi sudditi le sentenze capitali.
Questo mondo trasgressivo che si sviluppa accanto alla civile società dei normali evoca le drôleries dipinte sui margini dei manoscritti miniati, i rilievi posti in basso sugli zoccoli delle facciate delle chiese, le bislacche e plebee «misericordie» scolpite sotto i sedili degli stalli dove sedevano i canonici per il coro. A condizione che abbia i suoi luoghi e le sue regole le società medievali ammettono il disordine.

Storie e cronache dinastiche modellate su testi d’Oltralpe o – talvolta – appena sfiorate da esempi umanistici, tutte volte a celebrare i fasti, le magnificenze, l’antichità della casata confermano l’immagine del Piemonte come luogo di frontiera. Se in Monferrato si guarda, con sguardo distratto, verso l’Italia, a Saluzzo Goffredo della Chiesa scrive con l’occhio volto a Parigi ed evoca le «molte belle cosse e gentilezze» che Tommaso III ne aveva riportato, orologi musicali, mappamondi di bronzo, intagli, rilievi, libri miniati, disegni, reliquie.
Via via che il tempo passa, che i conflitti succedono ai conflitti, che la potenza dei Savoia si fa sempre più preponderante, schiacciante addirittura, i cronisti monferrini e saluzzesi avvertono la forzata impotenza e l’inarrestabile decadenza dei loro signori. Di fronte a questa impasse crescono gli accenti nostalgici, i valori cavallereschi lasciano il posto a una rassegnata religiosità. E il Medioevo declina in Piemonte in un melanconico autunno.
Enrico Castelnuovo 
NOMI CITATI

- Aleramici [famiglia]
- Cipolla, Carlo
- Cognasso, Francesco
- Della Chiesa, Goffredo
- Demetrio del Monferrato, re di Tessalonica
- Einaudi
- Emanuele Filiberto, duca di Savoia
- Federico II, imperatore del Sacro Romano Impero
- Gabotto, Ferdinando Maria
- Giovanni II Asen, zar dei Bulgari
- Onorio III, papa
- Savoia [famiglia]
- Tabacco, Giovanni
- Teodoro Angelo Comneno, despota d’Epiro e imperatore di Tessalonica
- Teodoro I Paleologo, marchese di Monferrato
- Tommaso III, marchese di Saluzzo


LUOGHI E ISTITUZIONI CITATI
- Azeglio [Torino]
- Balangero [Torino]
- Borgogna [Spagna]
- Brione [Val della Torre, Torino]
o Monastero di Santa Maria della Spina
- Castiglia [Spagna]
- Chieri [Torino]
- Cluny [Francia]
- Cuneo
- Delfinato [Francia]
- Digione [Francia]
- Fécamp [Francia]
- Linguadoca [Francia]
- Monferrato
- Mont Saint-Michel [Francia]
- Pagno [Cuneo]
- Parigi [Francia]
- Piemonte
- Pinerolo [Torino]
- Provenza [Francia]
- Revello [Cuneo]
- Saluzzo [Cuneo]
- San Benigno Canavese [Torino]
o Abbazia di Fruttuaria
- Sant’Ambrogio di Torino [Torino]
o Sacra di San Michele [Abbazia di San Michele della Chiusa]
- Susa [Torino]
- Tessalonica, regno di [Grecia]
- Vercelli
- Villafranca Piemonte [Torino]

Collezione: La Stampa

Citazione: Enrico Castelnuovo, “Ribaldi e cavalieri,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/58.