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Titolo: Wright of Derby delle ciminiere

Descrizione: Castelnuovo introduce la pittura di Joseph Wright of Derby (1734-1797) in occasione della tappa parigina della mostra itinerante Joseph Wright of Derby, 1734-1797 (Londra, Tate Gallery; Parigi, Grand Palais; New York, Metropolitan Museum of Art: 1990) e dell’esposizione All'ombra del Vesuvio: Napoli nella veduta europea dal Quattrocento all'Ottocento (Napoli, Castel Sant'Elmo: 12 maggio-29 luglio 1990). Descrivendo le opere più note, il contributo si focalizza sui soggetti e sui committenti delle tele, illustrando come il pittore ha rappresentato in modo pregnante lo spirito della rivoluzione industriale e la società inglese della seconda metà del XVIII secolo (da qui deriva il titolo dell’articolo).
L’articolo nasce come risposta alla recensione di Philippe Dagen su «Le Monde», che presentava Wright of Derby come un pittore kitsch da dimenticare. Prendendone le distanze, Castelnuovo ricorda con rimpianto André Chastel (1912-1990) che per anni aveva scritto con grande intelligenza di arte sul quotidiano (l’articolo a cui si accenna è intitolato: Au vrai kitsch anglais, On ne connaissait pas le peintre du XVIIIe Joseph Wright of Derby. Et peut être aurait mieux valu continuer à l'ignorer, 25 maggio 1990).
Una copia del catalogo della mostra napoletana è presente nel fondo librario di Castelnuovo, conservato dalla Biblioteca storica d'Ateneo “Arturo Graf”.

Autore: Enrico Castelnuovo

Fonte: La Stampa, anno 124, n. 161, p. 17

Editore: La Stampa; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2023)

Data: 1990-07-13

Gestione dei diritti: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale

Relazione: Inventario del fondo Enrico Castelnuovo, unità archivistica «La Stampa» (Archivio storico dell'Università di Torino)

Formato: application/pdf

Identificatore: Stampa_69

Testo: «La Stampa» – Anno 124, n. 161 – Venerdì 13 luglio 1990, p. 17



Parigi, mostra dell’artista del 700: non è kitsch come scrive «Le Monde»

Wright of Derby delle ciminiere

Per primo dipinse la rivoluzione industriale



Parigi. Ad uno dei grandi pittori europei del secolo dei lumi è dedicata in questi giorni al Grand Palais una mostra che aveva cominciato il suo periplo alla londinese Tate Gallery e lo terminerà poi a New York al Metropolitan Museum. È un inglese, ma non è Hogarth né Reynolds né Gainsborough, e non è neanche un londinese, bensì un provinciale, cui il nome della città dove visse e operò rimase attaccato come un titolo nobiliare: Joseph Wright of Derby, qui nato nel 1734 e qui morto nel 1797.
Nell’immediato dopoguerra (1947) lo aveva riscoperto comprendendone il significato e la dimensione europea Francis Klingender nel suo libro memorabile: Arte e rivoluzione industriale (Einaudi 1972); una ventina d’anni fa (nel 1968) gli aveva dedicato una grande monografia in due volumi Benedict Nicolson, il grande direttore del Burlington Magazine di cui recentemente Francis Haskell (in Le metamorfosi del gusto, Bollati Boringhieri 1989) ha dato un ritratto appassionato. Nella bella mostra sul paesaggio napoletano che si tiene in questi giorni a Napoli in Castel Sant’Elmo se ne possono vedere alcune tele con il Vesuvio in eruzione, uno dei soggetti che, sperimentati nel soggiorno italiano del 1774/5, lo resero celebre.

Il Vesuvio e le filande
«Così di Wright il libero pennello / Or da la vetta del Vesévo slancia / Contro la torba notte ignei torrenti / Di rosse lave; dall’erculea Calpe / Sgorgan vampe fumanti e i firmamenti / Scoppiano in fiamme e l’Océano irato / L’abbagliante riflette, orrida luce» cantò di lui il dottor Erasmus Darwin. Questi dovette certo conoscere Il Vesuvio in eruzione e la veduta delle isole del golfo di Napoli, un quadro oggi nella collezione del Visconte Dunluce, che con lo straordinario vortice delle nubi accavallate attorno alla bocca del vulcano infiammato mentre la luna si riflette sul mare e, nell’ombra, alcune figurette trasportano il corpo di una vittima dell’eruzione, propone uno dei più significativi prototipi di paesaggio sublime. E la sala rotonda del Grand Palais, punto focale di tante memorabili esposizioni, rosseggia ora e si imporpora per i fuochi, gli scoppi e le esplosioni delle sue tele, quelli delle eruzioni e quelle delle girandole e dei fuochi d’artificio di Castel Sant’Angelo.
Ma non solo di lave vesuviane o di invenzioni pirotecniche rosseggiano i suoi quadri, anche dei fuochi delle forge o delle vetrerie, anche delle finestre, illuminate nella notte, delle alte filande. Wright fu infatti il primo pittore della rivoluzione industriale, colui che precocemente seppe rappresentare la straordinaria quanto preoccupante suggestione del nuovo paesaggio artificiale. La sua Veduta notturna delle filande Arkwright (ca 1782/3, raccolta privata) anticipa quanto l’onorevole John Byng, più tardi quinto marchese di Torrington, con precoce enfasi romantica annoterà nel 1790 nei suoi diari, che costituiscono una grande inchiesta sull’Inghilterra sullo scorcio del Settecento: «Ho visto l’uscita degli operai alle sette... un nuovo turno entra allora per la notte, perché gli stabilimenti non smettono mai di lavorare. Queste filande alte 7 piani e fitte di gente mi ricordano le grandi navi da guerra e quando appaiono illuminate nella notte nera sono splendidamente belle».
Derby, non lontana da Sheffield, Manchester, Birmingham è una cittadina delle Midlands, quell’area posta al centro dell’Inghilterra che fu la culla della rivoluzione industriale. Le acque del Derwent che la bagnano fornirono l’energia idraulica per le prime grandi manifatture cotoniere. Le cantò («Così là dove la Derventa sotto / arcati monti e fra l’orror de’ boschi / Volge i torbidi flutti...») il dottor Erasmus Darwin, medico, poeta, inventore, scienziato e nonno di Charles Darwin, in The Botanic Garden, poema ottimista sulla natura, la scienza e l’industria dove argomenti mitologici e tecnologici si mescolano e si trasformano gli uni negli altri in un incrociarsi di ninfe e di telai meccanici, di Naiadi e di macchine a vapore che suscitò entusiasmo e traduzioni (da noi ci pensò il Gherardini, futuro traduttore di Schiller) in tutt’Europa.
Cresceva in queste terre una nuova generazione di imprenditori, di cotonieri, come Arkwright, Strutt, Oldknow, di industriali metallurgici come i Darby, di padre in figlio padroni delle fucine di Coalbrookdale dove nel 1779 venne costruito il primo ponte in ferro della storia, i Cockshutt, gli Hurt, i Roe. Furono questi gli amici, i committenti, i collezionisti, il pubblico di Joseph Wright of Derby. I suoi più bei ritratti sono di imprenditori borghesi che si fanno fieramente rappresentare con gli attributi della loro attività. Samuel Oldknow con una pezza della sua mussolina spiegata su una balaustra classica. Richard Arkwright (questo superbo ritratto borghese era alla Tate ma non è a Parigi) con un modellino del suo telaio meccanico, il frugale e ricchissimo Jedediah Strutt, inventore di una macchina per fabbricare le calze, con il suo vestito di panno solido e modesto, Francis Hurt con un campione del suo ferro, o di intellettuali come Brooke Boothby editore di Rousseau, immerso nella natura con la mano sul manoscritto dei Dialogues che Jean-Jacques gli aveva affidato.
Scienza e tecnica erano alla moda, la gentry alternava la caccia alla volpe alle attente rilevazioni topografiche (si veda il sorprendente doppio ritratto nuziale – 1765 – dell’amico Peter Perez Burdett con un cannocchiale in mano e della temibile consorte che brandisce un ramo di biancospino, oggi alla Galleria Nazionale di Praga), il clero si incuriosiva di botanica o di ornitologia. Le dimostrazioni scientifiche di qualche appassionato viaggiatore di passaggio erano seguite con entusiasmo, nella prima notte di luna piena scienziati e industriali si riunivano nella Lunar Society di Birmingham. Alcune di queste esperienze sono rappresentate da Wright in due quadri singolarissimi di grandi dimensioni, di un formato che allora veniva utilizzato per la pittura più nobile, quella di storia. Nell’Esperimento con la pompa ad aria (1768, Londra, National Gallery) il celebrante, dalle lunghe chiome bianche, intento e allucinato è l’erede del ciarlatano che la pittura olandese del Seicento – Gerrit Dou in particolare – aveva messo in onore, ma che ha qui qualcosa di religioso.

Ammirato dalla zarina
Con l’ausilio della pompa ha tolto l’aria da una campana di vetro dove si dibatte agonizzando un pappagallino bianco; attorno alla tavola lucida sparsa di diversi oggetti e strumenti siedono gli spettatori, chi intento a misurare con il cronometro il tempo, chi meditabondo, chi con lo sguardo fisso verso l’alto dove si svolge il dramma, in un brano alla Greuze una bambina scoppia a piangere, il padre la rincuora, un ragazzo tiene aperta la porta della gabbia dove non si sa se l’uccellino potrà mai tornare, dalla finestra appare tra le nuvole la luna, quella stessa luna che rischiarava le riunioni della Lunar Society.
La tela offre molte letture, è una scena di genere che nasconde un memento mori, suggerisce questa interpretazione il fatto che il più vecchio tra gli spettatori sieda meditabondo e immerso nei propri pensieri di fronte alla fine prossima di cui è minacciato il piccolo volatile, e sembra confermarla il misterioso teschio roso a metà immerso nel liquido di un boccale posato sulla tavola, ma insieme è un rito laico, una commossa celebrazione della scienza.
Meno patetica un’altra tela, Un esperimento con il planetario (1766, Derby, Art Gallery). Qui nessun dramma: il filosofo dimostratore ha il volto pacato e assorto di Sir Isaac Newton, i bambini seguono con il dito le orbite dei pianeti, gli ascoltatori si immergono nell’osservazione, un gentiluomo di campagna prende note in un quaderno. Il sole, attorno a cui ruotano le piccole sferette rappresentanti i pianeti, è sostituito da una candela, ma, con un espediente che gli è caro, Wright nasconde la fonte della luce ottenendo con una formula ripresa ai caravaggeschi olandesi, da Honthorst a Baburen, spettacolosi effetti di contrasto.
L’osservazione scientifica lo interessò fino agli anni maturi: il Paesaggio con l’arcobaleno della Derby Art Gallery è del 1795, di quest’altro tema che appassionerà i romantici Wright è un precursore, ma lo tratta con una curiosità conoscitiva e razionale che trova l’uguale solo in un suo contemporaneo, anche lui un vero artista dell’età dei lumi, lo svizzero Caspar Wolf, lo scopritore delle Alpi in pittura che, sulla fine degli Anni 70, studiò lo scomporsi dei colori del prisma sotto un ponte di neve o una cascata.
Un tempo ricercato da Caterina di Russia (splendidi sono i quadri di Wright da lei acquistati oggi all’Ermitage o al museo Pushkin di Mosca), ammirato da Flaubert (che si sofferma sulla pompa ad aria, un quadro «charmant de naiveté et de profondeur»), sapientemente studiato da uno storico dell’arte come Ben Nicolson, Joseph Wright of Derby non ha trovato credito presso il giovane e solitamente brillante critico di Le Monde che gli ha inopinatamente dedicato un articolo affliggente facendone il padre del kitsch o dei pittori pompiers dei Salons ottocenteschi. O begli anni quando si aspettava con ansia Le Monde del giovedì per leggere ciò che André Chastel avrebbe scritto sulle ultime mostre, sugli ultimi libri. Où sont-ells les neiges d’antan? Anche questo è un segno dei tempi.
Enrico Castelnuovo

Due bambine con la servetta nera, in un dipinto del 1770. In alto: «Un esperimento con il planetario» datato 1766, Derby, Art Gallery 
NOMI CITATI
- Arkwright, Richard
- Baburen, Dirck van
- Bollati Boringhieri
- Boothby, sir Brooke
- Burlington Magazine [The]
- Caterina II, imperatrice di Russia
- Chastel, André
- Cockshutt [famiglia]
- Dagen, Philippe
- Darby [famiglia]
- Darwin, Charles
- Darwin, Erasmus
- Dou, Gerrit
- Einaudi
- Flaubert, Gustave
- Gainsborough, Thomas
- Gherardini, Giovanni
- Greuze, Jean-Baptiste
- Haskell, Francis
- Hogarth, William
- Honthorst, Gerrit van
- Hurt [famiglia]
- Hurt, Francis
- John Byng, V visconte di Torrington
- Klingender, Francis
- Lunar Society [Birmingham]
- Monde [Le]
- Newton, sir Isaac
- Nicolson, Benedict
- Oldknow, Samuel
- Perez Burdett, Peter
- Randal Alexander McDonnell, X conte di Antrim
- Reynolds, sir Joshua
- Roe [famiglia]
- Rousseau, Jean-Jacques
- Schiller, Friedrich
- Strutt, Jedediah
- Wolf, Caspar
- Wright of Derby, Joseph


LUOGHI E ISTITUZIONI CITATI
- Birmingham [Gran Bretagna]
- Coalbrookdale [Gran Bretagna]
- Derby [Gran Bretagna],
o Derby Museum and Art Gallery
- Derwent
- Londra [Gran Bretagna]
o National Gallery
o Tate Gallery
- Manchester [Gran Bretagna]
- Mosca [Russia]
o Museo Puškin
- Napoli
o Castel Sant’Elmo
- New York [Stati Uniti]
o Metropolitan Museum of Art
- Parigi [Francia]
o Grand Palais
- Praga [Repubblica Ceca]
o Národní Galerie Praha
- Roma
o Castel Sant’Angelo
- San Pietroburgo [Russia]
o Hermitage [The State Hermitage Museum]
- Sheffield [Gran Bretagna]
- Vesuvio

Collezione: La Stampa

Citazione: Enrico Castelnuovo, “Wright of Derby delle ciminiere,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/83.