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Titolo: Sulla testa di Durbè

Descrizione: Pamphlet polemico sulla direzione del Ministero dei beni culturali e ambientali: Castelnuovo accusa il Consiglio d’amministrazione per la mancanza di trasparenza e l’arbitrarietà nella gestione degli spostamenti di sede dei soprintendenti, che spesso non considerano i legami col territorio e i progetti in corso (è portato ad esempio il trasferimento di Liliana Mercando dal Museo Archeologico di Torino, in corso di riallestimento). L’intervento prende le mosse dalla destituzione di Dario Durbè dalla carica di soprintendente alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, a seguito dello scandalo dei falsi Modigliani di Livorno, ricordando all’opposto il caso del direttore generale Guglielmo Triches, coinvolto in scandali valutari ma non rimosso dall’incarico al Ministero.
Segue una lettera di risposta invita al quotidiano dall'ex-direttore della Rai di Torino Giovanni Viarengo, fortemente critica contro l’operato di Durbé, e un secondo intervento di Castelnuovo, che meglio puntualizza le sue posizioni.
L’articolo è richiamato nel question time della seduta pomeridiana del Senato del 14 novembre 1984, nell’interrogazione avanzata da Olindo Del Donno al ministro dei Beni culturali e ambientali.

Autore: Enrico Castelnuovo

Autore di contributo subordinato: Giovanni Viarengo

Fonte: Tuttolibri, anno 10, n. 427, p. 1 (supplemento a La Stampa) , La Stampa, anno 118, n. 268, p. 13, La Stampa, anno 118, n. 274, p. 13

Editore: La Stampa; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2023)

Data: 1984-11-03, 1984-11-11, 1984-11-18

Gestione dei diritti: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale

Relazione: Inventario del fondo Enrico Castelnuovo, unità archivistica «La Stampa» (Archivio storico dell'Università di Torino)

Formato: application/pdf

Identificatore: Stampa_39

Testo: Tuttolibri – Anno 10, n. 427, p. 1
(supplemento a «La Stampa» del 3 Novembre 1984)



Parliamone

Sulla testa di Durbè


Nella sua ultima riunione il Consiglio di amministrazione del ministero per i Beni Culturali ha «silurato» Dario Durbè soprintendente alla galleria d'arte moderna di Roma, travolto dalla beffa di Livorno. Silurare è termine bellico e marinaresco e non certo ufficial-burocratico, si legga quindi che Durbè è stato sollevato dal suo incarico e messo a disposizione del ministero. Ma l'opinione pubblica, a torto o a ragione, ha letto la notizia come quella di una autentica rimozione punitiva. E ha cominciato a interrogarsi dato che della nostra repubblica tutto si potrà dire tranne che sia pura e dura. Non viviamo a Sparta, né ai tempi di Saint-Just e qualcuno ricorderà che quando anni fa un direttore generale del ministero per i Beni Culturali era stato coinvolto – certo senza sua colpa – in qualche scandaletto valutario nessuno l'aveva «silurato».
Verrebbe fatto a questo punto di avanzare qualche considerazione. La prima, moraleggiante e molto banale, riguarda i vasi di coccio e i vasi di ferro: gli uni viaggiano sicuri anche per lunghissimo corso, gli altri si infrangono alla prima tempesta. La seconda, più sottile e di taglio sociologico, riguarda i rischi che corre lo sciamano. Nella nostra società dove l'arte è diventata una religione (oltre che un affare) il miracolo è atteso con appassionata fiducia – specie quando si tratti di un'autentica epifania come nel caso del ritrovamento di opere di un celebre artista –: se non si produce, o, peggio, se si rivela essere un falso miracolo tanto più rovinosa sarà la caduta dell'infelice sacerdote, dell’apprenti sorcier travolto da forze che non riesce a dominare.
A Berna pochi anni prima della Riforma la scoperta della manipolazione di un miracolo aveva condotto al rogo i frati che l'avevano organizzata. E non basta dire che Durbè non aveva certo organizzato la beffa di Livorno. In materia d' arte, come già in materia di fede, Io sbaglio non si perdona (o almeno non si perdona ai soprintendenti, diverso è il caso dei docenti universitari).
La terza considerazione, più complessa, è di carattere burocratico-amministrativo e riguarda la politica seguita dal consiglio di amministrazione del ministero per i Beni Culturali. Perché nella sua ultima seduta molte e gravi sono state le decisioni prese. Ci sono stati spostamenti a dir poco incomprensibili come quello di Liliana Mercando che mentre stava egregiamente portando a termine il riordinamento del Museo archeologico di Torino è stata trasferita a Genova senza tener conto dei sicuri inconvenienti che comporta il cambiar pilota a tre quarti del guado. E questo non è che un esempio.
Nessuno si sogna di attaccare il principio della mobilità dei funzionari che è sancito dalle leggi dello Stato. Sarebbe bene però che oltre ai criteri dell'anzianità (e a quelli delle protezioni), si tenesse conto anche di altri fattori quali quello delle specifiche competenze. Anche se nell'ottica burocratica la cosa non cambia, spostare un soprintendente non è la stessa cosa che spostare un prefetto. E si desidererebbe comprendere bene il senso – o i sensi – di queste grandi manovre che si auspica avvengano nella trasparenza più completa e accompagnate dalla più larga informazione. Nascerà altrimenti il sospetto che le nuvole d'inchiostro suscitate dal caso Durbè facciano parte di una politica volta a rendere le acque più torbide, tanto che attraverso di esse non si possa scorgere quanto sta accadendo.
Enrico Castelnuovo

[Accompagna l’articolo la riproduzione di una delle sculture al centro dello scandalo di Livorno]
«La Stampa» – Sabato 11 novembre 1984, anno 118, n. 268, p. 13
(rubrica Le Lettere della domenica)



Risate e rigore dei falsi Modì



Enrico Castelnuovo in «Tuttolibri» del 3 novembre («Sulla testa di Durbè») sembra invocare clemenza per il sovrintendente colpito da un provvedimento eccessivamente severo che lo solleva dall'incarico alla Galleria d'Arte Moderna, in seguito ai noti fatti dei falsi Modigliani ritrovati nel Fosso Reale di Livorno.
Il buon senso insegna che non bisogna condannare senza appello uno studioso o un critico incorso in un errore di attribuzione, anche perché la storia è piena di questi casi. Ma il caso dei fratelli Durbè non è così semplice come si può credere. Mettersi a dragare un fosso livornese già dragato e ridragato dalla fine della guerra ad oggi più volte e quindi manomesso dalle fondamenta e rimescolato come un paiolo della polenta, era come voler cercare il classico ago nel pagliaio.
Parlare come fece il Durbè dopo il ritrovamento delle «pietre» di momento «divinatorio» di sua sorella Vera che l'ha guidato con costanza e caparbietà nella sua opera di ricerca; dare il via frettolosamente ad una costosa pubblicazione subito dopo il ritrovamento delle «pietre» senza attendere esami e perizie; le dichiarazioni di autenticità assoluta senza la minima riserva cautelare; la insistita presa di posizione (diventata quasi umoristica) anche dopo la prova di falsità dei «sassi» livornesi, hanno indignato gli studiosi seri ed hanno fatto ridere mezzo mondo.
Ce n'è abbastanza per squalificare uno studioso con grandi responsabilità culturali e per consigliargli di ritirarsi per qualche tempo «dai commerci con la musa», per cercare di far dimenticare le baggianate e le corbellerie dette e scritte in nome della «cultura», il tutto con il denaro del contribuente. Castelnuovo è troppo buono.
Giovanni Viarengo, Torino 
«La Stampa» – Sabato 18 novembre 1984, anno 118, n. 274, p. 13
(rubrica Le lettere della domenica)



Due pesi e due misure



In una lettera apparsa domenica scorsa 11 signor Viarengo mi accredita un'eccessiva bontà. Non si è mai troppo buoni, ma evidentemente non si è mai abbastanza chiari.
Il punto centrale del mio articolo non era tanto il caso Durbè quanto il comportamento del consiglio di amministrazione del ministero per i Beni Culturali. Ciò che trovo inspiegabile è:
1) L'applicazione di due pesi e due misure, l'una per i direttori generali implicati in disavventure valutarie, l'altra per i soprintendenti implicati in disavventure attributive. La legge deve essere uguale per tutti.
2) Il modo disinvolto di spostare soprintendenti impegnati nella realizzazione di importanti imprese o legati al territorio da particolari competenze scientifiche da una città all'altra senza tener conto delle gravi conseguenze culturali che ne deriveranno.
3) In generale la scarsa informazione su decisioni che non mancheranno di avere un grave peso per l'avvenire e la loro discutibile trasparenza.
Enrico Castelnuovo

NOMI CITATI

- Durbè, Dario
- Durbè, Vera
- Mercando, Liliana
- Ministero dei Beni culturali e ambientali [Ministero della Cultura]
- Modigliani, Amedeo
- Saint-Just, Louis Antoine de
- Viarengo, Giovanni


LUOGHI E ISTITUZIONI CITATI
- Berna [Svizzera]
- Livorno
o Fosso Reale
- Roma
o Galleria Nazionale d'Arte Moderna
- Sparta [Grecia]
- Torino
o Museo Archeologico [Museo di Antichità, vedi Musei Reali Torino]

Collezione: La Stampa

Citazione: Enrico Castelnuovo, “Sulla testa di Durbè,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/53.