Le pietre di Wiligelmo ritrovano un volto dopo ottocento anni (dettagli)
Titolo: Le pietre di Wiligelmo ritrovano un volto dopo ottocento anni
Descrizione:
L’articolo presenta il restauro alla facciata del Duomo di Modena, condotto da Uber Ferrari, e annuncia l’esposizione Quando le cattedrali erano bianche - Lanfranco e Wiligelmo. Mostre sul Duomo di Modena dopo il restauro, inaugurata per illustrare i risultati del cantiere (Modena-Nonantola: 21 luglio 1984-prorogata al 31 luglio 1985; comitato scientifico composto dalla Soprintendenza per i Beni ambientali e architettonici dell’Emilia, Enrico Castelnuovo, Vito Fumagalli, Adriano Peroni e Salvatore Settis; titolo tratto dal saggio di Le Corbusier, Quand les cathédrales etaient blanches, Parigi, Plon, 1937). La mostra contava di sei parti allestite in diverse sedi: Lanfranco e Wiligelmo: il Duomo di Modena (Palazzo municipale), I restauri del Duomo di Modena 1875-1984 (Galleria civica), Arredi preromanici e Percorso Romano (Museo lapidario estense), Il Duomo di Modena: arte e fede (Chiesa di San Giovanni Battista) e Il complesso abbaziale di Nonantola (Palazzo municipale e Abbazia di Nonantola). Della prima parte, dedicata a Lanfranco e Wiligelmo, Castelnuovo coordinò le sezioni Il Cantiere (con Alessandro Peroni) e Scultura.
Nel fondo librario di Castelnuovo, conservato dalla Biblioteca storica d’Ateneo “Arturo Graf”, si conservano i cataloghi dell’esposizione:
- Lanfranco e Wiligelmo. Il Duomo di Modena, Modena, Franco Cosimo Panini, 1984;
- I restauri del Duomo di Modena 1875-1984, a c. di Cristina Acidini Luchinat, Luciano Serchia, Sergio Piconi, Modena, Franco Cosimo Panini, 1984;
- Il Duomo di Modena. Atlante fotografico, a c. di Marina Armandi, fotografie di Cesare Leonardi, Modena, Franco Cosimo Panini, 1985;
- Il Duomo di Modena. Atlante grafico, a c. di Adriano Peroni, rilievi architettonici e topografici di Giancarlo Palazzi, rilievo fotogrammetrico di Lamberto Ippolito, Modena, Franco Cosimo Panini, 1988.
Al tema è anche dedicato l'articolo: Ora la cattedrale di Wiligelmo è di nuovo bianca, «Il Giornale dell’Arte», anno 2, n. 14, 21 luglio 1984, pp. 9-10
Autore: Enrico Castelnuovo
Fonte: Tuttolibri, anno 10, n. 416, p. 4 (supplemento a La Stampa)
Editore: La Stampa; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2023)
Data: 1984-07-21
Gestione dei diritti:
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale
Relazione: Inventario del fondo Enrico Castelnuovo, unità archivistica «La Stampa» (Archivio storico dell'Università di Torino)
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Identificatore: Stampa_35
Testo:
Tuttolibri – Anno 10, n. 416, p. 4
(supplemento a «La Stampa» del 21 luglio 1984)
Oggi a Modena una mostra sulla storia e i restauri del Duomo
Le pietre di Wiligelmo ritrovano un volto dopo ottocento anni
A Modena si inaugurano oggi i restauri della facciata del Duomo, si aprono le mostre destinate a celebrare, illustrare, studiare l'edificio e i suoi creatori. La chiesa era stata fondata nel 1099, come ricordano le lapidi poste nei luoghi da cui la costruzione prese le mosse: le absidi, la facciata. In entrambi i casi esse menzionano con gran lode il nome di uno degli artefici, Lanfranco, l'architetto, sull'abside, Wiligelmo, lo scultore, sulla facciata. Del loro ingegno e delle loro capacità il clero e il popolo di Modena dovevano essere particolarmente fieri tanto da proclamarlo alto e forte e da affidare i nomi alla lunga durata del marmo. Ma una cattedrale non si costruiva in pochi anni e questo monumento firmato sarà consacrato, come ricorda un'altra epigrafe, solo il 12 luglio 1184, giusto giusto otto secoli fa.
Lanfranco e Wiligelmo erano da tempo scomparsi e a loro si erano sostituiti altri maestri che venivano dai laghi lombardi, i Campionesi, che attorno alla cattedrale restarono attivi per secoli trasformandone radicalmente il transetto, aprendo nuove porte, mutando l'aspetto della facciata. Nel Quattrocento il grande edificio, fino ad allora coperto da un semplice tetto di legno a capriate, fu voltato e quindi nuovi elementi si accumularono via via fino ai restauri dell'Otto e del Novecento.
Malgrado i numerosi interventi, di cui le mostre tracciano la storia, la cattedrale ha conservato la fisionomia che le impressero coloro che ne progettarono strutture e decorazione all'alba del dodicesimo secolo. Erano gli anni della prima Crociata, della riforma della Chiesa, dei conflitti tra papato e impero, gli anni di Enrico IV e della contessa Matilde, ma anche quelli del primo impetuoso sviluppo urbano. Neanche un secolo era trascorso dalla costruzione della precedente cattedrale, ma i modenesi vollero che il corpo del loro patrono, San Geminiano, trovasse riposo in un tempio più vasto e più bello, degno della crescente importanza della città. E sarà la nuova chiesa, bianca di marmi di fuori, rossa di mattoni all'interno, ricca di sculture in ogni sua parte: una gloria del romanico europeo. A poche miglia dalla cattedrale stava un altro centro religioso, economico, culturale che aveva dietro le spalle una lunga storia, l'abbazia di Nonantola, uno dei lumi dell'alto Medioevo. La grande chiesa cittadina e il potente monastero le cui vicende si intrecciano e si oppongono sono i due poli attorno cui si organizzano le esposizioni che oggi si aprono. Non è facile mettere in mostra un edificio e la sua storia; occorre riunire e coordinare una massa disparata di materiali: originali, documenti, calchi, fotografie, filmati, diapositive, plastici; occorre soprattutto accostare il tema dal più gran numero possibile di punti di vista, immaginare differenti porte d'accesso, differenti chiavi di lettura.
Illustrare non solo architettura e scultura ma avvicinare ogni aspetto: le testimonianze dell'epigrafia, la fisionomia degli scriptoria che accanto alla cattedrale e nel monastero producevano e illustravano i libri liturgici, la decorazione pittorica degli edifici, gli aspetti economici, politici, religiosi, culturali della storia di quei tempi e di quei luoghi, il rapporto che artefici e committenti avevano instaurato con l'antichità, i programmi iconografici che avevano stabiliti, le loro origini e il loro significato.
Seguendo il filo delle esposizioni che essendo occasionate da un restauro hanno preso a titolo quello suggestivo di un celebre saggio di Le Corbusier, «Quando le Cattedrali erano Bianche», il visitatore potrà apprezzare la nuova leggibilità delle sculture della facciata riemerse da strati di secolare sporcizia grazie al bravo Uber Ferrari, ammirerà nelle foto di Cesare Leonardi la straordinaria ricchezza tematica e formale del portale, un capolavoro della scultura medievale che è una delle grandi rivelazioni del restauro, scoprirà i nessi che legano il ciclo del Genesi con i Profeti del portale e con le altre sculture della facciata nel quadro di un programma unitario in cui il fedele doveva leggere la via e la promessa della Salvezza.
Vedrà addirittura come un celebre testo, quello dello «Jeu d'Adam», il primo del teatro religioso medievale, abbia fornito precisi suggerimenti per la realizzazione del ciclo. In mostra troverà esposte le «Metope», quelle splendide ed enigmatiche sculture un tempo poste in alto a coprire sui fianchi del Duomo i salienti dei tetti trasversali. Sottoposte a un'operazione di pulitura e restauro esse si mostrano sotto un nuovo aspetto e trovano anche una nuova identità: immagini di quelle mitiche creature di cui parla il «Liber Monstrorum», che secondo la cosmografia del tempo erano poste agli estremi confini del mondo e che nella cattedrale erano state poste appunto a presidiare i punti più remoti.
Un capitolo sconosciuto di grande importanza è proposto dalle mensole scolpite con teste di uomini e di animali su cui si appoggiano gli archetti pensili che torno torno fanno il giro della cattedrale: sono opere inedite cui hanno lavorato i grandi scultori del cantiere modenese, Wiligelmo e il «Maestro delle Metope».
Le scoperte si addensano nella sezione dedicata all'architettura che con l'aiuto di rilievi, di fotogrammetrie, di plastici ha svelato le strutture nascoste della chiesa, il modo di operare e di progettare del geniale Lanfranco, le origini e gli orizzonti della sua cultura. Straordinari i recuperi nel campo della pittura: è stato possibile ricostruire quale fosse la policromia della cattedrale al tempo dei Campionesi e vari resti di questa decorazione sono emersi nei sottotetti dove archi a sesto acuto e capitelli fogliati dipinti su per le pareti propongono suggestive illusioni. E proprio quando si lavorava alla mostra una casuale scoperta ha permesso di documentare direttamente lo stato e le tendenze della pittura al tempo di Wiligelmo: un ciclo di affreschi frammentario, ma di grande bellezza nelle parti superstiti, è venuto alla luce in quello che fu il refettorio dell'abbazia di Nonantola, un fatto che un cronista medievale avrebbe senza dubbio inteso come un miracolo.
Non resta che trarne fausti auspici per le mostre dove specialisti di vari settori, restauratori e petrografi, architetti e storici dell'arte, storici epigrafisti e archeologi hanno contribuito a restituire per exempla lo spessore storico di un tempo remoto, quando, appunto, «le cattedrali erano bianche».
Enrico Castelnuovo
Wiligelmo: La morte di Caino. Particolare della quarta lastra del Genesi. In alto: L'Eterno. Particolare della prima lastra
NOMI CITATI
- Campionesi, Maestri
- Enrico IV, imperatore del Sacro Romano Impero
- Ferrari, Uber
- Geminiano, san
- Lanfranco
- Le Corbusier [Charles-Édouard Jeanneret]
- Leonardi, Cesare
- Maestro delle Metope
- Matilde di Canossa
- Wiligelmo
LUOGHI E ISTITUZIONI CITATI
- Modena
o Cattedrale di Santa Maria Assunta in Cielo e San Geminiano
- Nonantola [Modena]
o Abbazia di Nonantola
Collezione: La Stampa
Etichette: _Restauro, _TUTTOLIBRI, Emilia-Romagna
Citazione: Enrico Castelnuovo, “Le pietre di Wiligelmo ritrovano un volto dopo ottocento anni,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/49.