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Titolo: Argan, la ragione dell'arte

Descrizione: Necrologio di Giulio Carlo Argan (Torino, 17 maggio 1909-Roma, 12 novembre 1992). Per tracciare un profilo intellettuale del collega scomparso, Castelnuovo richiama gli approcci diametralmente opposti alla storia dell’arte del proprio maestro Roberto Longhi e di Lionello Venturi, con cui Argan si formò all'Università di Torino. Se il metodo di Longhi si fondava sul predominio dell'occhio e su un rapporto diretto con l’opera d’arte, all’opposto, “Argan era più portato a concettualizzare, a leggere grandi linee di tendenza, a costruire tipi e categorie. [...] insomma, erano le foreste piuttosto che gli alberi ad attirare la sua attenzione”. La migliore eredità che Argan lasciava alla storia dell’arte era proprio l’impegno a farla uscire dal suo isolamento, per dialogare con le altre discipline.
Castelnuovo menziona quelle pubblicazioni di Argan che più lo hanno colpito: di alcune è presente una copia nel suo fondo librario, conservato dalla Biblioteca storica d'Ateneo “Arturo Graf”.

  • L'architettura protocristiana preromanica e romanica, Firenze, Novissima enciclopedia monografica illustrata, 1936;
  • L'architettura italiana del Duecento e Trecento, Firenze, Novissima enciclopedia monografica illustrata, 1937;
  • The Architecture of Brunelleschi and the Origins of Perspective Theory in the Fifteenth Century, Journal of the Warburg and Courtault institutes, vol. IX, 1946, pp. 96-121;
  • Walter Gropius e la Bauhaus, Torino, Einaudi, 1951
  • Borromini, a c. Giulio Carlo Argan, Milano, Mondadori, 1952;
  • Brunelleschi, a c. di Giulio Carlo Argan, Milano, Mondadori, 1955;
  • Marcel Breuer .Disegno industriale e architettura, Milano, Gorlich, 1957;
  • Salvezza e caduta nell'arte moderna. Studi e note II, Milano, Il Saggiatore, 1964 (II ed. 1968);
  • Progetto e destino, Milano, Il Saggiatore, 1965 (II ed. 1968).
In chiusura si ricorda che, in Italia, Argan è stato un apripista per gli studi su Antonio Canova e il Neoclassicismo: l’articolo menziona una mostra sull’arte neoclassica tenuta a Londra nel 1971, probabilmente identificabile con The Age of Neo-Classicism (Royal Academy e Victoria & Albert Museum, 9 settembre-19 novembre 1972).

Autore: Enrico Castelnuovo

Fonte: La Stampa, anno 126, n. 311, p. 19

Editore: La Stampa; digitalizzazione: Archivio storico dell'Università di Torino (2023)

Data: 1992-11-13

Gestione dei diritti: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale

Relazione: Inventario del fondo Enrico Castelnuovo, unità archivistica «La Stampa» (Archivio storico dell'Università di Torino)

Formato: application/pdf

Identificatore: Stampa_77

Testo: «La Stampa» – Anno 126, n. 311 – Venerdì 13 novembre 1992, p. 19



Studioso celebrato, intellettuale impegnato e controverso: oggi il solenne addio

Argan, la ragione dell’arte

Un maestro inflessibile, tra amori e odi



Oggi a Roma l’addio a Giulio Carlo Argan. La salma sarà esposta nel rettorato dell’università La Sapienza e alle 12 si terrà la commemorazione. Argan sarà sepolto a Orbetello.


«Da razionalista sono vissuto. Da razionalista voglio morire». Questa frase è posta all’inizio dell’introduzione di Bruno Contardi ad un volume di saggi di Argan sull’arte moderna in Europa apparso da Feltrinelli nel 1983. Si tratta di una massima dello stesso Argan; oggi possiamo riconoscervi un intento, un progetto cui serbò fede per tutta la vita.
Con Argan non scompare solo un celebre storico dell’arte, un militante politico appassionato, ma – è banale il dirlo – una grande figura della vita intellettuale europea, uno studioso engagé che, come avvertiva Manfredo Tafuri, più di ogni altra cosa si è preoccupato di aprire la storia dell’arte in molte direzioni, di restituirla al dialogo, al contatto diretto con le altre discipline, di toglierla dal suo isolamento.
Quando ero studente a Torino con Anna Maria Brizio il nome di Argan era un nome di famiglia. Non lo conoscevo direttamente, ma sapevo che veniva, come la Brizio, dalla scuola torinese di Lionello Venturi. Leggevo allora di lui due libretti non certo tra i suoi più celebri, ma esemplari, in cui si parlava di architettura medioevale (L’architettura preromanica e romanica in Italia, 1936, L’architettura del Duecento e Trecento in Italia, 1937). Sapevo che non era un medievista ma mi affascinava per la limpidezza del discorso, mai avevo trovato una lettura formale più chiara dell’architettura medioevale. Sarà questa sua capacità di argomentare, questa sua chiarezza che farà il successo della sua fortunatissima storia dell’arte, libro affascinante ma di non facile uso. Più tardi, andato a perfezionarmi con Roberto Longhi a Firenze, questo stesso nome mi sembrò caricarsi di un che di sulfureo. Allora infatti Longhi, Venturi e le rispettive scuole si trovavano in campi avversi: o si parteggiava per l’uno o per l’altro. Dietro questo scisma vi erano tante ragioni, accademiche ma anche di fondo, fondate su profonde divergenze di metodo. Mentre Longhi era un grande conoscitore, un attribuzionista geniale, uno storico preoccupato dalla materialità degli eventi – il nome, il luogo, l’anno – e dal contatto continuo, diretto, quasi fisico con le opere, Argan era più portato a concettualizzare, a leggere grandi linee di tendenza, a costruire tipi e categorie. Non che non fosse capace di riconoscimenti importanti, basti pensare al suo saggio sulla splendida caduta di San Matteo del Caravaggio nella collezione Odescalchi-Balbi, ma, insomma, erano le foreste piuttosto che gli alberi ad attirare la sua attenzione. Forse per questa sua inclinazione meditativa e progettuale privilegiava nei propri studi la più astratta delle arti, l’architettura, che era quella, e anche questo lo interessava al massimo grado, dove il contatto con la società era il più evidente, necessitante e necessario. Videro così la luce il celebre studio su Brunelleschi e la prospettiva apparso nel 1946, quindi i volumi su Borromini (1952), Brunelleschi (1955), Marcel Breuer (1957) e, primo fra tutti, quello che tanta eco ebbe su Walter Gropius e la Bauhaus (1951). Perché Argan si cimentava con il moderno, cosa che Longhi, che pur nella sua giovinezza l’aveva tanto frequentato, non faceva che sporadicamente e apparentemente senza gran soddisfazione.
L’odore di zolfo non durò molto, ricordo di aver incontrato Argan la prima volta parlando con lui di progetti editoriali einaudiani agli inizi degli Anni 60, poi di nuovo a più riprese sempre subendo il fascino della sua scintillante e lucidissima conversazione, capace d’ironia, non aliena addirittura da imitazioni di maestri e colleghi, quelle imitazioni che Longhi professava con tanto gusto da domandarsi se non fossero una forma di mimesi indispensabile per lo storico dell’arte. Seguirono negli Anni 60 alcuni libri dai titoli quanto mai gravi ed evocatori: Salvezza e caduta nell’arte moderna (1964), Progetto e destino (1968); vennero quindi gli anni degli studi sul neoclassico, tra i più felici e affascinanti. Come è noto Longhi non amava il Canova, ma evidentemente per una sorta di mutamento epocale il neoclassico prese ad affascinarci tutti straordinariamente – ricordo le emozioni della splendida mostra di Londra del 1971 – ed Argan era pronto ad accoglierci e a guidarci in quell’avventura dove il progetto intellettuale era tanto dichiarato.
Insomma, anche venendo da strade diverse, non si poteva non incontrare in molti punti cruciali la lucida riflessione di Argan, che ha suscitato entusiasmi e deprecazioni, amori e odi. Fu, di fatti, un uomo dalla straordinaria statura intellettuale, ma scarsamente imitabile, maestro di generazioni di studiosi talora eccellenti e talora biasimevoli, capace di profonda generosità, suscitatore di vocazioni e di grandi entusiasmi quanto, in altri casi, autoritario e distratto. Molti si sono arrampicati sulla sua nave mentre procedeva maestosamente, molti l’hanno sfruttato, molti l’hanno abbandonato, molti, e certo i migliori, gli sono stati vicini sino all’addio. Scompare con lui un grande uomo capace fino all’ultimo di passioni civili quanto di solenni e generose avventure intellettuali.
Enrico Castelnuovo

Giulio Carlo Argan sulla poltrona di sindaco di Roma. Fu eletto nel ‘76, lasciò nel ‘79 per il seggio al Senato nelle file del pci

NOMI CITATI

- Argan, Giulio Carlo
- Bauhaus
- Borromini, Francesco
- Breuer, Marcel
- Brizio, Anna Maria
- Brunelleschi, Filippo
- Canova, Antonio
- Caravaggio [Michelangelo Merisi]
- Contardi, Bruno
- Feltrinelli
- Gropius, Walter
- Longhi, Roberto
- Odescalchi-Balbi [collezione]
- Tafuri, Manfredo
- Venturi, Lionello


LUOGHI E ISTITUZIONI CITATI
- Firenze
o Università degli Studi di Firenze
- Londra [Regno Unito]
- Orbetello [Grosseto]
- Roma
o Sapienza Università di Roma
- Torino
o Università degli Studi di Torino

Collezione: La Stampa

Citazione: Enrico Castelnuovo, “Argan, la ragione dell'arte,” Enrico Castelnuovo sulla carta stampata. La Stampa e Il Sole 24 Ore, ultimo accesso il 17 dicembre 2024, https://asut.unito.it/castelnuovo/items/show/93.